Intervista a John Real – Il regista catanese vincitore di 3 globi d’oro

Giovanni Marzagalli, in arte John Real è un giovane regista catanese che nel 2011, all’età di 21 anni ha vinto 3 globi d’oro per il suo film Native. Social up lo ha intervistato per voi.

Ciao John, innanzitutto grazie per la tua disponibilità. I tuoi film rappresentano un’innovazione nel panorama italiano, perché appartengono a  generi che non vengono proiettati molto spesso sui nostri schermi: l’horror, il thriller e il fantasy. Mi piacerebbe parlare insieme a te del tuo modo di fare cinema.

Prima però, per “rompere il ghiaccio”, una domanda  sul tuo nome d’arte: John Real. (Il tuo vero nome infatti è Giovanni Marzagalli). Perché  hai scelto di chiamarti in questo modo?

Questo nome ha un significato molto importante per me. “Real” fa parte del mio essere. Mi piace che la gente mi riveda in questo nome d’arte anche nella quotidianità. 

Come si concilia il forte richiamo alla realtà del tuo pseudonimo con le tematiche fantastiche che racconti nei tuoi film?

Ho sempre pensato che il modo più affascinante per raccontare la realtà sia tramite le storie fantasy, perché, proprio quando il pubblico pensa di essere lontano dal mondo reale, si ritrova davanti le stesse emozioni che lo colpiscono ogni giorno… Nei miei film spesso tratto argomenti paranormali o fantastici, ma nei momenti più importanti e decisivi riaffiorano sempre le emozioni e i legami della vita quotidiana, la realtà della vita. Il mio nome d’arte si lega molto con la mia personalità. Ho sempre cercato di rendere possibile l’impossibile e questo nome, in qualche modo, me lo ricorda sempre.

Hai cominciato molto presto ad interessarti di regia e di cinema. Come è nata questa passione?

E’ stato un amore nato all’improvviso. Spesso cito il film che mi ha portato verso questa strada “L’ultimo de mohicani” di Michael Mann. Mia madre me lo fece vedere quando ero molto piccolo ed è stato lì che ho capito quello che volevo fare. Crescendo mi rendo conto come questa passione diventi sempre più forte e crei in me una voglia incessante di raccontare.

Il tuo film “Native”, un thriller-horror, ispirato alle leggende della tradizione siciliana (la Sicilia è infatti la tua terra d’origine) ti ha permesso di vincere 3 globi d’oro nel 2011, all’età di 21 anniQuanto è stato importante per te questo film? E in che misura le tue esperienze all’estero (hai studiato cinema in California) hanno influito sulla sua realizzazione e sul tuo stile? 

“Native” è stato un film molto importante per me ed interessante sotto diversi aspetti. Ero molto giovane e mi scontravo ancora con una realtà digitale ben diversa da quella di adesso (in pochissimi anni è totalmente cambiata). Con questo film ho imparato tanto a livello umano e professionale. Ho avuto il piacere di collaborare insieme al maestro Marco Werba e a Franco Simone, con i quali ho festeggiato la vittoria dei tre Globi D’Oro assegnati proprio a noi tre. L’ho girato all’età di 21 anni. Dirigere un opera così giovane ha da subito creato ostacoli. Durante il mio percorso spesso venivo sminuito proprio per la mia età.

La mia esperienza all’estero non ha tanto influenzato il mio stile, ma mi ha dato coraggio. Mi sono confrontato con una realtà in cui per un ragazzo di 21 anni dirigere la sua prima opera è la normalità e non l’eccezione. Questo aspetto mi ha fatto capire che molte volte il problema non ero io, ma la mentalità del nostro paese che inconsapevolmente chiude le porte ai giovani.

Native è un film dal ritmo serrato, un thriller-soprannaturale incalzante, merito della regia e delle musiche di Mark Werba. Non a caso il globo d’oro è stato vinto in entrambe le categorie: Colonna sonora e Premio Regista Rivelazione.

Quanto è importante la colonna sonora in un film? E quali sono, a tuo avviso, le tecniche con cui è possibile creare tensione e suspance in una pellicola?

La prima volta che conobbi Marco, tra un discorso e l’altro, gli dissi che secondo me il 90% del successo e della bellezza di un film è dovuto alla colonna sonora. Ho esagerato, ma penso che sia chiara l’importanza che do’ alla colonna sonora. Nonostante ami molto il silenzio, e in alcune scene di Native è la chiave della suspense, ho sempre pensato che una colonna sonora forte resti nella mente e nel cuore di chi l’ascolta. Rimane nel tempo. Basta pensare alla colonna sonora di “Titanic” che è conosciuta da tutti e rievoca le bellissime scene del film, oppure Last of Mohicans… Un film non lo rivedi ogni giorno, una colonna sonora l’ascolti con più frequenza e ti accompagna costantemente a ricordare quel film più volte.

Le tecniche da me usate e che mi affascinano di più sono quelle che chiamo “semina e raccogli”, ovvero abituare il pubblico ad un evento ciclico, durante gli inizi del film, per poi scombussolarne la routine e creare delle scene di forte suspense. Amo, come già dicevo prima, creare delle scene dove regna il silenzio e mi piace raccontare la paura tramite i primi piani. A volte non per forza deve succedere qualcosa intorno a noi per avere paura, la paura è nella nostra mente e questo il nostro volto lo può raccontare…

Quali sono i registi che ti hanno ispirato di più? E cosa cerchi da spettatore in un film?

I registi che m’ispirano tutt’oggi sono Michael Mann, Sam Raimi, Clint Eastwood, Gabriele Muccino e altri, che ormai sembrano essere diventati una garanzia per vedere film che trasmettano emozioni o che lascino il segno, sia nel bene che nel male. Ultimamente trovo che sia diventato veramente difficile trovare un bel film per il Cinema. Sono appunto i grandi cineasti che difficilmente deludono. Quindi direi che la ricerca che faccio da spettatore è l’emozione, carattere che si sta perdendo totalmente nelle sceneggiature dei nuovi cineasti o delle grandi case come la Marvel. Sto invece notando che c’è più selezione e più cura di quest’aspetto nelle Serie Tv. Infatti, negli ultimi tempi, mi trovo molto attratto più da iniziative televisive che cinematografiche. Credo che il mondo della Tv Series stia cominciando a dare una qualità selettiva, caratteristica che prima si trovava solo al Cinema. Il Cinema comincia a perdere quella garanzia che tanto lo ha distinto negli anni…

bannernonsologoreCome Native, il tuo secondo film “Midway-tra la vita e la morte” è ambientato in Sicilia, anche se l’isola, forse, è più il contesto che l’oggetto della narrazione. Le tue storie, infatti, sono di ampio respiro, perché parlano di sensazioni, drammi e paure che tutti, siciliani e non possono sperimentare su se stessi. Che rapporto hai con la tua terra d’origine, con la “sicilianità” e con Catania, la tua città?

Io racconto le emozioni, la paura, l’amore, i nostri affetti: sono tutte cose comuni in ogni parte del mondo…  Personalmente ho un rapporto unico con l’Etna. Credo che sia una bellezza naturale che consente di dare molto al pubblico visivamente. Oltre ai miei film ho portato altre produzioni a girare proprio sul Vulcano e i luoghi risultano davvero unici e mozzafiato. La Sicilia è una terra che amo, ma è piena di problemi politici, sociali, soprattutto culturali. Crea in me amore e odio. L’amore nasce dalla sua bellezza e della sua forza; l’odio e la rabbia scaturiscono quando ci si ritrova a pensare che potrebbe essere il centro del mondo, sia produttivamente che culturalmente, mentre invece spesso la mentalità non né consente lo sviluppo.

Ho letto che nei tuoi film collabori con le tue sorelle, Maria e Adriana. Una scenografa, l’altra sceneggiatrice. Com’è lavorare insieme a loro?

E’ un grande onore ed una grande fortuna: entrambe sono molto professionali e precise. Maria ha curato la scenografia in diverse produzioni, ma spesso opera anche nel settore produttivo e organizzativo. Adriana oltre ad essere una sceneggiatrice molto brava, è un autrice che non si limita solo alla stesura, ma si spende molto per la messa in scena e questo è molto importante per me.

Quanto è importante la coesione di un team nella realizzazione di un film? Estremamente importante. “La realizzazione di un film è come un percorso nel far west, all’inizio pensi di fare un bel viaggio, poi cominci a chiederti se arriverai a destinazione” diceva Truffaut. E’ un mestiere molto imprevedibile, e l’unione di un buon team spesso è l’unica arma vincente per superare gli ostacoli.

Oltre ad essere regista sei anche produttore e distributore dei tuoi film tramite la “Real Dreams Entertainment”. A cosa stai lavorando al momento e quali sono i tuoi progetti futuri?

Sì, “Real Dreams” è una realtà nuova che opera da cinque anni nella  produzione e distribuzione Nazionale. Al momento sto lavorando ad un thriller horror dal titolo “The Carillon”, che vedrà nuovamente Marco Werba al mio fianco per le musiche. A settembre inizierò le riprese di una Tv Series drammatica horror dal titolo “Feel the Dead”, entrambi i progetti hanno un cast internazionale e saranno girati in inglese.

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All’ultima edizione dei David di Donatello ben due film di genere fantastico hanno vinto premi importanti. “Lo chiamavano Jeeg robot”  di Mainetti e il “Racconto dei Racconti” di Garrone. Sta cambiando qualcosa nel cinema italiano secondo te? C’è forse una maggiore apertura della critica e del pubblico verso questo genere di film?

Personalmente credo che fin quando ci ripetiamo di andare a vedere un film per “sostenere” il cambiamento, questo sia già un fallimento. Sono stato più volte invitato a vedere questi film in questo modo, e anche i giornali hanno cavalcato quest’onda. Io penso che si debba andare a vedere un film perché è bello o interessante e ne valga la pena.  Credo che bisognerebbe cominciare ad essere molto duri con sé stessi, e mi rivolgo ai registi italiani. Non bisogna essere al servizio della critica, della politica, del mercato o della moda. Il fantasy è un genere che va trattato con una volontà ed uno spirito totalmente diverso: è un genere che richiede molta passione e fantasia, non basta decidere di raccontarlo perché è poco trattato in Italia e quindi originale. Il confronto provinciale dell’industria cinematografica, che importa continuamente film fantasy nelle nostre sale, non ci aiuta. Dobbiamo allargare i nostri orizzonti e produrre prima per il mondo e dopo anche per l’Italia. I premi consegnati all’ultima edizione dei David non preannunciano un cambiamento. Qualche anno fa, quando Gabriele Muccino ha girato due film con Will Smith, i David non hanno fatto niente, eppure non era comune che un regista italiano dall’oggi al domani dirigesse una star hollywoodiana. Adesso ci stiamo chiedendo se è cominciato il cambiamento perché si tratta il genere fantasy poco trattato?  Io non vedo un cambiamento in questi ragionamenti e nel cinema Italiano in generale. Anzi… mi sembra che vengano riconfermati certi schemi che fanno parte del modo di fare del nostro paese, dei quali non vado per nulla fiero. Nemmeno nel modo di produrre film è cambiato qualcosa, tutto è rimasto lo stesso. Nel settore produttivo e nella distribuzione credo che si stia facendo un passo indietro preoccupante e chi alla fine ne risentirà saranno gli esercenti che perdono pubblico costantemente, soprattutto in un periodo dove le Serie Tv cominciano a garantire una qualità che sembra non avere più importanza per chi manda i film al Cinema.

 

Francesco Bellia