Erano i primi anni 2000 e i cellulari erano solo cellulari, le macchine fotografiche facevano solo fotografie e l’unico modo per mandare e-mail e navigare in internet era utilizzare un computer.
Poi nell’arco di meno di un decennio è stato reso possibile svolgere tutte queste operazioni (e molte altre) con un unico dispositivo: lo smartphone.
Gli smartphone di oggi ci permettono di svolgere una moltitudine di operazioni in assoluta comodità, ma soprattutto in mobilità. In qualunque momento della giornata, che sia per diletto o per lavoro, possiamo svolgere qualunque tipo di operazione in qualsiasi ambiente: ascoltare musica in aereo, utilizzare il navigatore in macchina, usare i social network in spiaggia o in montagna.
Questi gioiellini della tecnologia hanno però un nemico mortale: l’acqua.
Si sa, se lo smartphone cade in acqua probabilmente lo abbiamo condannato a morte. Per ovviare a questo problema, molte aziende hanno brevettato diverse tecnologie per rendere il dispositivi resistenti all’acqua. Pionieri di questi nuovi metodi di protezione sono stati i giapponesi di Sony, che con gli smartphone della serie Xperia Z hanno introdotto i primi dispositivi waterproof. Nel corso degli anni diverse concorrenti hanno introdotto questa tecnologia, non sempre ottenendo i risultati sperati. Basti pensare a Samsung che con il Galaxy S5, commercializzato nel 2014, ha fatto proprio della resistenza all’acqua la killer feature del suo top di gamma, salvo poi ripensarci e presentare nel 2015 Galaxy S6 privo della possibilità di uscire indenne da un tuffo in piscina. E poi Htc e Huawei hanno provato ha introdurre questa tecnologia anche su terminali di fascia medio- bassa. La curiosità più bizzarra viene ancora dal Giappone: la nipponica Kyocera ha lanciato uno smartphone, il Digno Rafre, in grado non solo di resistere all’acqua ma addirittura al sapone, dando la possibilità agli utenti di “lavarlo” all’occorrenza.
Ma la vera domanda, che è opportuno porsi è: la resistenza all’acqua è davvero una caratteristica indispensabile?
Si, probabilmente se siamo sotto ad una pioggia torrenziale avremmo la comodità di usare il telefono senza problemi, e in caso di cadute a mare o in piscina il nostro telefono sarebbe salvo. Ma se escludiamo queste casistiche, la sensazione è che uno smartphone impermeabile non interessi a nessuno, vi immaginate se anche sotto la doccia passassimo tutto il tempo incollati al display? Qualcuno potrebbe obbiettare che uno smartphone impermeabile permetterebbe di effettuare riprese spettacolari ai fondali marini o –sempre perché viviamo nell’era dei social- scattare fotografie e selfie subacquei. La verità è che per tutto ciò, queste tecnologie applicate agli smartphone non servono a nulla perché comunque parliamo di dispositivi “resistenti all’acqua”, non “totalmente impermeabili” e quindi scordatevi di scendere in profondità a scattare foto o di lasciare tutta la sera il telefono dentro la vasca da bagno perché avreste una brutta sorpresa.
Possiamo dunque affermare che la resistenza all’acqua è una feature che può anche avere qualche risvolto interessante, ma che ad oggi non è stata apprezzata a dovere dal mercato che ha addirittura spinto una multinazionale come Samsung a fare un passo indietro e a rimuoverla dai suoi smartphone di punta.
Concludiamo quindi questo articolo con una domanda. Abbiamo davvero bisogno di uno smartphone impermeabile?