Si lamentava su Facebook che il capoufficio assumesse solo belle donne: licenziata

In qualsiasi ambiente lavorativo non è così raro assistere a qualche forma di discriminazione sessuale che favorisca gli uomini rispetto alle donne, con conseguenti disquisizioni relative alla parità dei diritti e alla cronica assenza di rappresentanti del gentil sesso nei ruoli dirigenziali delle grandi aziende.

A volte, tuttavia, può esserci diversità di trattamento anche fra appartenenti allo stesso genere, come ha cercato di evidenziare una 33enne trevigiana, dipendente di un istituto bancario a Padova nel 2014.

La bancaria, schierata in prima linea contro le discriminazioni grazie al suo impegno nella commissione per le pari opportunità, aveva pubblicato un infuocato post su Facebook in cui accusava apertamente la sua azienda di favorire, durante i colloqui di assunzione, le ragazze giovani, carine e possibilmente vestite in modo provocatorio.

Parole che hanno subito generato una ridda di condivisioni e commenti, non sempre solidali, che hanno portato l’impiegata a rincarare la dose e a sottolineare come nella sua banca la meritocrazia non esista e che gli uomini designati alle assunzioni tendono a riconoscere meriti solo dove intravedono bellezza, fatto che ha inevitabilmente compromesso la sua carriera.

Accuse precise e pesanti, quelle portate dalla bancaria, che infatti non sono state gradite dai vertici della banca. La donna è stata sottoposta a procedura disciplinare, che ha portato inizialmente a una sospensione di cinque giorni e in un secondo momento alla cessazione del rapporto lavorativo.

Il capo dell’ufficio personale, infatti, sentitosi toccato in prima persona dalle parole della donna l’ha accusata di diffamazione e a seguito di un acceso confronto si è proceduto a una transazione che ha portato alle dimissioni della bancaria.

redazione