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Quanto male fa “Punk” di Gazzelle e intanto sui social impazza l’ironia

Il conto alla rovescia è terminato il 30 novembre 2018 quando in tutti gli store e nelle piattaforme digitali e streaming è arrivato “Punk”, il secondo disco di Gazzelle.

Ad un anno e mezzo dal suo debutto nella scena musicale con “Superbattito”, Flavio Bruno Pardini, romano del quartiere Prati, in arte Gazzelle come un modello di sneakers Adidas senza una -z, è tornato con un progetto discografico che segna nettamente la sua importanza nell’indie italiano.

L’album si intitola “Punk” e, come affermato da Gazzelle, “Il titolo parte dall’omonima canzone dell’album e come dico nel testo per me il punk è un sapore, un retrogusto, dico a una ragazza che sa di punk, però l’idea io l’ho estesa a tutto il disco, perché ha un sapore punk non per il genere o le sonorità ma per l’attitudine, perché è un disco libero, che non segue regole, che non cerca hit a tutti i costi. Seguo soltanto le mie regole, per questo è un album libero, anarchico, anche. Volevo dirlo così, e non è solo per una provocazione”.

“Punk” consta di nove canzoni per trenta minuti di un cocktail al gusto di malinconia e di nostalgia in pieno stile Gazzelle.

Il cantante romano, infatti, sin dal suo esordio ha basato la sua poetica sui sentimenti andati a male quali lo scoramento, la nostalgia e la malinconia legati a relazioni non idilliache o finite o guastate per colpa dell’incoerenza altrui. Nei testi delle sue canzoni, Gazzelle ne esce quasi sempre sconfitto, quasi sempre con una riserva e sempre ferito da come sono andate le cose. Il segreto del suo successo è il modo in cui sceglie di raccontare storie d’amore mai esistite, complicate o che lo hanno ferito. Lo fa con turbamento, con schiettezza e a volte con un celato disprezzo come se fosse una sorte di sfogo liberatorio e di via d’uscita per tornare a respirare.

In “Punk”, quindi, non cambia il tenore degli argomenti trattati, né l’uso di sigle per intitolare le canzoni quando i titoli stessi sono troppo lunghi, bensì gli arrangiamenti. È stato accantonato l’elettropop per dare spazio a chitarre, basso e batteria per una svolta alternative rock, o meglio pop rock.

 “Per me questa scrittura è arrivata in modo naturale, seguo sempre il flusso dettato dall’istinto. Mi sono ritrovato a voler scrivere i brani in quel modo, volevo fare qualcosa che mi rappresentasse pienamente, e credo di esserci riuscito: volevo quel suono, i violini, le chitarre, il pianoforte, qualcosa di molto classico ma allo stesso tempo dirompente” – ha dichiarato Pardini – “Il filo conduttore è il tempo. Perché sono tutte canzoni che ho scritto nello stesso periodo e le sensazioni sono tutte simili tra loro. Un disco di getto, scritto in un mese e mezzo. Un’istantanea”. Ci sono pezzi come “Sopra”, “Non c’è niente” e “OMG” che ricordano le sonorità di “Superbattito” e poi ci sono diamanti rari come “Smpp”, “Sbatti”, “Punk” e “Coprimi le spalle” che raccontano un Gazzelle maturo con una sua cifra stilistica.

C’è da dire che avevamo lasciato Gazzelle che in “Martelli” cantava “Voglio solo stare bene, ritrovare il mio colore” e lo riscopriamo in canzoni come “Tutta la vita”, “Scintille” e “Sopra” – i primi tre singoli estratti dal disco – intonare “stiamo bene anche soli”, “in fin dei conti sto bene” e “sotto sotto sotto sto bene”.

Ma è davvero così? Ad un attento e ripetuto ascolto, la risposta è NI!

“Punk”, infatti, è un album dolce amaro. Chi lo ascolta e magari sta attraversando un periodo sentimentalmente difficile ne esce invaso sin dentro le viscere perché si riconosce nelle parole di Gazzelle e si sente meno solo nelle sue debolezze e fragilità.

Gazzelle sostiene di stare bene, ma già in “Punk”, l’omonima canzone che dà il titolo all’album canta quasi a squarciagola “Preso male che non c’è/Più nessuno come te/E piangi sul cuscino/Tutte quante le mie lacrime/E bevo come un ragazzino/E quando bevo senza te/Quando faccio schifo/Quando faccio schifo come te”. Stessa cosa accade in “Sbatti” nella quale si parla di un amore che poteva essere e non è stato e Gazzelle dice “Attacchi prima tu/O attacco prima io? /Che poi alla fine mi ci attacco solo io/Mentre tu ancora voli forte/Come le foglie morte/Sopra i vetri delle macchine/E io sto ancora collaudando/Un piano per non starti accanto/Mentre la vita mi scombussola/Ogni punto fermo, ogni punto saldo”. E questi sono solo due esempi rispetto ad un disco pieno di malinconia e di meravigliosa fragilità messa in musica.

A tal proposito, i social si sono scatenati a forza di meme, di foto e di commenti sull’album. C’è chi pensa alle ex di Gazzelle perché solo grazie a loro lui ha scritto un album diretto e meraviglioso, c’è chi interpreta a suo modo il disco con delle immagini, come nella galleria qui sotto.

Il tour partirà l’1 marzo 2019 dal Forum di Assago per toccare poi Roma, Firenze, Torino, Napoli, Modugno, Bologna, Perugia e Padova.

Buon ascolto!

Sandy Sciuto