Perchè guardare “Ossigeno” di Manuel Agnelli può solo fare bene!

Il giovedì sera ha un senso diverso da quando su Rai Tre è arrivato Manuel Agnelli, il frontman degli Afterhours, a dare “Ossigeno”.

Reduce dall’esperienza da Giudice di XFactor, talent show che è stato il trampolino di lancio per questa nuova avventura televisiva, Agnelli non è il primo caso di cantante prestato alla Tv con la clausola “crea un programma a tua immagine e somiglianza e sentiti libero”.

“Ossigeno”, infatti, è il riassunto 2.0 del mondo di Manuel Agnelli fatto di un proprio credo, di propri e delineati gusti musicali e di stima solo per chi si sa distinguere dalla massa ed è evergreen.

“Ossigeno” è stato ideato da Manuel Agnelli insieme a Paolo Biamonte, Massimo Martelli e Sergio Rubino, è diretto da Gaetano Morbioli ed è ambientato nel Lanificio, un locale romano dedicato all’arte, alla musica e a nuove forme artistiche. Lo studio ha un’ambientazione molto dark garantita da luci soffuse e un arredamento ricercato fatto di tappeti piante, poltrone e strumenti musicali nel quale Manuele passeggia, parla, incontra i suoi ospiti e lancia i suoi messaggi di vita.

La potenza del programma è costituita da una serie di ingredienti: dura solo un’ora e ciò permette la massima attenzione ed una completa boccata di ossigeno; non c’è banalità nel modo in cui si sceglie di trattare tematiche attuali (cinema, letteratura, scienza) e la presenza scenica, magnetica e pervasiva del padrone di casa.

Manuel Agnelli cattura per i suoi modi, per il suo garbo e per la sua dialettica. Guai a dargli torto, certo, ma in un’ora scarsa di “Ossigeno”, regala in seconda serata un mix perfetto di cultura, musica e confronto intragenerazionale.

All’esordio della prima puntata era stato chiaro: “La cultura è politica. È politica quando promuove le idee e quando quindi prende posizione, ed è politica quando promuove il pensiero, ci aiuta a chiarirci le idee e a prendere posizione, poi è politica quando semplicemente racconta. Racconta quello che succede e quindi fa informazione. L’artista e il musicista fanno informazione, sono dei megafoni”.

Non è solo il conduttore o solo il cantante o solo l’ideatore del programma: Manuel è l’alfa e l’omega, l’attenzione e la discussione, la storia e la musica. Agnelli, infatti, ha la libertà di poter mostrare chi è e cosa pensa e lo fa con spontaneità senza nascondere allo spettatore la sua personalità talvolta austera e sarcastica. Certo, è un programma di nicchia che si rivolge ad un pubblico colto con un background culturale vasto e variegato.

Con gli ospiti intervenuti ad “Ossigeno”, Manuel si rapporta quasi alla pari. Non fa il conduttore: è piuttosto un’interazione continua tra lui e l’interlocutore in cui entrambi fanno domande, si confrontano e cantano.

Sul palco di “Ossigeno” si sono avvicendati ospiti del calibro di Paolo Giordano, scrittore italiano divenuto celebre per “La solitudine dei numeri primi”, Claudio Santamaria, Ghemon, Ben Harper e Charlie Musselwhite, Emidio Clementi, Vasco Brondi de “Le luci della centrale elettrica” e un inedito Paolo Bonolis mascherato da Batman. Da ultimo, Manuel ha avuto come ospiti iManeskin e gli Editors con i quali ha parlato di “Violence”, il nuovo album e dell’imminente data milanese del 22 aprile oltre a cantare cavalli di battaglia come “Smokers outside the hospital doors” e “Blood”, pezzo classic indie-rock del loro primo album.

Dopo tre puntate su cinque, però, pare che gli ascolti non siano entusiasmanti e ciò si potrebbe attribuire alla non simpatia di Agnelli, all’essere un programma un po’ radical chic, un po’ per pochi e a non avere mai, per un solo istante, momenti trash.

Sarà, ma a noi il programma convince e pure tanto anche perché dà ciò che il titolo promette ossia ossigeno rispetto alla tv spazzatura, alla retorica di certi ambienti e ai soliti modi perbenisti di parlare di cultura, musica e letteratura.

Sandy Sciuto