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Ozzy Osbourne, storie e miti da incubo per l’artista simbolo del metal

Ozzy Osbourne l’anticristo. Ozzy Osbourne il pazzo. Ozzy Osbourne l’ubriacone. Il fuori di testa. Quello completamente bruciato. Quello che mangia i pipistrelli. Il Principe delle Tenebre. Il satanista. Il signor “questo è l’ultimo tour, ve lo giuro!”. Il Padrino dell’Heavy Metal.

Quante se ne sono dette (e ancora se ne dicono) su John Michael Osbourne, in arte Ozzy, nato nel 1948 dalle parti di Birmingham e universalmente noto come il cantante (poi solista) dei Black Sabbath?

Certo il personaggio ha un po’ perso la sua aura da “oscuro e maledetto” dopo quattro stagioni (2002-2005) del reality The Osbournes e la sua figura è ormai “sdoganata” ai più, ma c’era un tempo in cui su di lui si raccontava di tutto, spesso facendosi il segno della croce e alzando gli occhi al cielo in cerca di protezione.

Storie vere, storie false, storie verosimili, storie incredibili, tra trovate pubblicitarie e fatti di vita reale.

Su Ozzy circolano tantissime dicerie, avvenimenti ormai entrati nel mito (il suo!) e sulla cui veridicità non ci si può più esprimere con certezza. Leggende metropolitane? Favole (nere) del metal? Storie da incubo?

Chi lo può dire? La sua è stata (e ancora è) una vita vissuta per la musica, fatta di eccessi e di “spettacolo”, piena di belle canzoni, concerti indimenticabili e inevitabili incidenti di percorso (come il suo arresto a San Antonio il 19 febbraio 1982 per aver fatto la pipì un po’ troppo vicino, se non addirittura addosso, a un importante e amato monumento cittadino).

Ha affidato a Pietro Gandolfi, autentico metallico dentro e fuori, l’arduo compito di fare luce su questi aspetti leggendari del vecchio Oz. Il barbuto Pietro, cantante della band Bringer of War e scrittore horror in ascesa, non s’è fatto pregare ed è sceso nell’arena senza paura ad affrontare un compito che si preannunciava epico.

Lasciamo spazio a lui e alle sue parole…

Il Madman, la scena metal e le leggende metropolitane

Quando ero ancora un ragazzo e mi trovavo solo all’imbocco di quel sentiero senza ritorno che si chiama heavy metal, mi aggiravo felice per le strade della mia città, ignaro di quanti problemi la mia passione mi avrebbe causato nel corso degli anni.

Ero giovane, sì, e abbastanza ingenuo, ma non per questo abbastanza stupido da non cogliere i primi segnali dell’ostilità che mi circondava. Esagero? Forse, ma non è un mistero il modo in cui “quelli come me” venissero guardati quando osavano mettere il naso fuori casa.
Ora i tempi sono relativamente cambiati – e forse nemmeno troppo – ma quando più di vent’anni fa il sottoscritto metteva in mostra capelli lunghi, catene, jeans strappati, qualche timida borchia e la toppa dei Black Sabbath cucita sul proprio giubbotto – in realtà solo una vecchia t-shirt ritagliata – le occhiatacce erano all’ordine del giorno. Non solo venivo fissato come un fenomeno da baraccone fuggito dal circo, ma andavo incontro a piccoli incidenti quali essere fermato dalle forze dell’ordine per non meglio precisati “controlli”.

In parte rimpiango quell’epoca, ora che i bambini di dodici anni possono esibire senza troppi problemi piercing al naso e pettinature uscite da un manga giapponese, ma forse non mi sono mai soffermato a dovere nel domandarmi il perché di tanta avversione nei miei confronti.

Vengo da una piccola città, è vero, dove basta poco per sconvolgere le menti dei benpensanti, ma da qualche parte tutto quell’astio doveva pur provenire.

La definizione più frequente era “drogato”, proprio io che non ho mai nemmeno fumato una sigaretta. Eppure, anche senza volerlo, incarnavo uno stereotipo cui le persone sembravano non volersi abituare. Magari c’era invidia alla base dei loro commenti, invidia nel percepire qualcuno libero da certi schemi, ma oggi posso finalmente dire di avere capito cosa gli altri vedessero in me.

Portavo già i capelli lunghi, vestivo prevalentemente di nero e anche se chi mi incrociava non poteva saperlo mi dilettavo già a cantare. E avevo scelto proprio la musica del demonio come colonna sonora della mia esistenza.

Era ovvio che vedendomi tutti pensassero a Ozzy Osbourne.

Ok, non mi illudo che all’epoca fossero poi in tanti a conoscere il Madman, considerando soprattutto come certi show televisivi fossero ancora lontani dall’essere programmati nei palinsesti, ma anche inconsapevolmente sono convinto fosse proprio lui quello cui tutti pensavano quando mi fissavano: il re degli spauracchi, il personaggio capace di incarnare il male dell’umanità.

Avrebbero preferito che i loro figli prendessero come esempio soggetti ben peggiori – che non sto qui a elencare, ma la televisione e il mondo della politica ne erano già pieni – piuttosto dell’idolatrare un rocker dagli atteggiamenti estremi e dalle abitudini discutibili. Troppo alcol, troppa droga, si presume anche troppo sesso (?) e persino un lungo corteggiamento nei confronti di tematiche a sfondo satanico.

Ascoltare Ozzy Osbourne e soprattutto abbracciare ciò che rappresentava l’Heavy Metal significava andare in cerca di guai, vivere da sbandati, sempre sul filo del rasoio, e ciò voleva dire dare fastidio alla gente.

Ora che ci penso, forse le mie scelte non erano poi così casuali…

Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, ma ancora sono qui a chiedermi come mai, appurato il contributo dato da Ozzy all’odio delle persone comuni nei confronti dei metaller, il più evidente dei pericoli incarnati dal primo cantante dei Sabbath non sia mai stato preso in considerazione. Voglio dire, sono sempre stato accusato di essere un tossico, un pervertito sessuale, in generale uno sballato senza alcun ideale… ma mai nessuno durante il mio vagare per la città mi ha additato incolpandomi di non amare gli animali. Per inciso, anche allora adoravo qualsiasi forma di vita pelosa…

Eppure l’unica – concreta? – critica che si possa muovere nei confronti di Ozzy penso sia proprio la violenza sugli animali.

Come? E la droga? Gli abusi?
Niente da fare, tutto il resto scompare se messo a confronto con questo suo aspetto.

Immagino di avere riportato alla mente qualche celebre episodio solo grazie alla parola “animali” e anche se è tutt’ora impossibile tracciare il confine fra realtà e leggenda metropolitana, cercherò di mettere un po’ d’ordine per avvalorare la mia ipotesi.

1982: Ozzy Osbourne si mangia un pipistrello sul palco

Partiamo dal famoso concerto del 1982 a Des Moines, Iowa. La band di Ozzy era al culmine del successo e a quanto pare era capace di portare in giro il suo spettacolare baraccone, come e persino più di quanto fosse accaduto ai tempi dei Sabbath, qualcosa che andava al di là delle indiscusse capacità dei musicisti coinvolti.

Per creare dei miti ci vuole più di qualche bella canzone e il caro Ozzy, consapevole o meno, questa regola la seguiva alla lettera.

Solo una riflessione, ma che ritengo importante: nei ’60 e nei ’70, periodo dal quale proviene il cantante, erano parecchie le formazioni capaci di lasciare il segno e come ha detto qualcuno succedeva quasi sempre quando un grande cantante e un grande chitarrista si trovavano nella stessa band. Penso a Freddie Mercury e Brian May, a Ian Gillan e Ritchie Blackmore, a Robert Plant e Jimmy Page.

Poi ci sono Ozzy e Tony Iommi: mentre il baffone più conosciuto del mondo Metal si può tranquillamente dire abbia inventato le coordiante del genere stesso, il nostro è in possesso sì di una timbrica inconfondibile, ma deve essere stato il primo a rendersi conto di non potere gareggiare con i suoi colleghi/avversari.
Quindi? È qui che comincia la leggenda.

Durante i concerti di Ozzy i fan avevano l’abitudine di lanciare sul palco svariati oggetti: di certo ci saranno stati reggiseni e piccoli regali, insomma, le solite cose che piombano ai piedi dei musicisti. Quel giorno il buon Ozzy, invece di vedersi recapitare una bandiera realizzata a mano riportante il logo di qualche fan club, si ritrova dinanzi a un pipistrello.

Bene. Ora capisco che i sensi del cantante fossero ottenebrati da chissà quale sostanza, ma non credo fosse così impossibile accorgersi se l’animale fosse finto oppure no: anche se morta – alcuni dicono fosse invece viva – la bestiola sarà risultata ruvida al tatto e comunque “reale”. Macchè, il madman ha poi raccontato di essere stato certo, al momento, che il pipistrello fosse finto.

Quindi che fa? Lo addenta – o gli strappa la testa a morsi, qui la leggenda non è chiara – e il gesto lo porterà poi a un ricovero per evitare di avere contratto la rabbia o chissà che.

Vero? Falso? E chi se ne frega, l’immortalità è servita su un piatto d’argento.
Più o meno come il pipistrello.

Non basta una crudeltà del genere? Allora assaggiamo qualche altro essere vivente!

1981: Ozzy Osbourne stacca a morsi la testa a una colomba

Durante una riunione con l’emittente televisiva CBS, che evidentemente non vedeva di buon occhio gli atteggiamenti di Mr. Osbourne – non molto lungimiranti, i capoccioni, a non comprendere il potenziale di una gallina dalle uova d’oro come il madman – assistono a un altro episodio, forse persino più agghiacciante del simpatico incontro con il pipistrello.

Qualcuno, sembra lo stesso Ozzy, aveva avuto la geniale idea di liberare al termine dell’incontro delle colombe, universale simbolo di pace: vittima di un improvviso languorino, il cantante prima libera una delle due colombe che tiene nelle mani, poi decide di dare l’ennesimo assaggio a una specie insolita.
Insomma, solita decapitazione di volatile per via orale.

Gli ingessati uomini d’affari rimasero scandalizzati da un gesto forse preparato a tavolino? Forse, o magari hanno aggiunto qualche zero all’assegno del cantante.

Ozzy Osbourne: cani, pipì e formiche

Andiamo avanti, perché sempre durante un’esibizione pare che qualche fan troppo zelante abbia pensato di scaraventare sul palco persino dei cani. Irritato, Ozzy ha subito constatato fossero vivi – sempre attento, il nostro – e quindi ha richiesto gliene fossero lanciati altri – o gli stessi? non è dato sapere – ma questa volta morti.
Sembra sia stato accontentato.

Resta da chiedersi perché non se ne sia occupato lui in prima persona, ma forse si trattava di qualche razza troppo aggressiva e, ubriaco o meno, avrà capito di non essere alle prese con un’innocua colomba.

Nel 1984, durante il tour di Bark at the Moon con i Motley Crue di spalla, pare che Ozzy abbia dato inizio a una sfida con Nikki Sixx: la gara consisteva nel cercare di commettere gli atti più disgustosi possibili. Si sfidarono a orinare per poi leccare il proprio piscio: Six fu stracciato fin da subito, perché Ozzy non si interessò solo di ciò che aveva appena prodotto lui stesso, ma si lanciò direttamente sul dorato liquido dell’avversario.

E gli animali che c’entrano?
C’entrano eccome, perché non contento di avere stupito i presenti, il frontman sembra avere preso di mira delle sfortunate formiche di passaggio nella stanza ed essersele sniffate. Già. La cosa ha lasciato allibiti persino i Crue, gente più che avvezza a pratiche estreme…

Ozzy Osbourne e il suo difficile rapporto coi gatti

Facile a questo punto accusare il cantante di odiare gli animali o, al massimo, di non tenere in gran considerazione le loro vite: ma con le sue bestiole come si comporta? Non molto meglio pare, almeno stando a quanto dichiarato dalla prima moglie Thelma.

La donna disse una volta di essere rientrata a casa e avere trovato Ozzy rintanato sotto il pianoforte, completamente vestito di bianco, armato di fucile e coltello da caccia sporco di sangue. Per quale ragione? Aveva forse improvvisato una partita a paintball con qualche amico? No, pare avesse preso a fucilate ed eliminato tutti i suoi diciassette gatti.

Perché? Effetto di droghe o alcol? Crisi di astinenza? Fame?
Non si sa, e credo nessuno abbia il coraggio di addentrarsi troppo nella psiche del nostro, ma il mistero maggiore rimane capire come abbia fatto il cantante a non attirare l’odio del WWF o altre associazioni animaliste.

Chi scrive ricorda i guai passati da Glen Benton dei Deicide quando, nei primi anni ’90, aveva l’abitudine durante gli show di schiacciare sotto i propri stivali dei poveri pulcini o compiere violenza su altre bestie.

Già, ma i Deicide non hanno neppure mai sfiorato il successo di Ozzy Osbourne e forse non potevano contare su avvocati altrettanto validi.

Ozzy Osbourne e lo squalo di Seattle, una storia splatter

La più recente delle rivelazioni sul rapporto del Madman con la fauna è riconducibile a Tony Iommi, che nella sua biografia racconta di avere alloggiato nel 1971 col resto della band nell’hotel Edgewater di Seattle che, essendo costruito su delle palafitte, dava la possibilità di pescare direttamente dalla propria finestra grazie alle lenze fornite dalla reception.

Trattandosi di Ozzy non poteva catturare una carpa o un tonno, no di certo, quindi si ritrovò a condividere la camera con uno squalo. Niente meno.

Dovendosi esibire quella sera, il frontman lasciò la preda nella vasca da bagno, solo per scoprire, una volta fatto ritorno dal concerto, che l’animale era morto a causa dell’impossibilità di muoversi in uno spazio tanto ristretto. E cosa si può fare con uno squalo morto in una stanza d’albergo? Si comincia a tagliarlo, riempiendo la stanza di sangue e schifezze varie.

Non contento, Ozzy ha visto Tony Iommi spalleggiarlo nella sua follia, lanciando grazie alla lenza i resti dello squalo attraverso la finestra aperta di Bill Ward. Si può immaginare la gioia del batterista, che ha poi rigettato in mare la carcassa.

Un comportamento fin troppo ragionevole e difatti fra i membri originali Bill è quello rimasto in formazione per meno tempo. Non deve essere stato facile rimanere al passo con un gruppo di simpaticoni simili.

Ora, dopo avere eliminato tutto ciò che cammina, striscia, vola o nuota sul nostro pianeta, quali nuove sfide aspettano il buon Ozzy?

Ozzy Osbourne: la storia non è ancora finita

Pare che con l’età e un rincoglionimento evidente già a uno sguardo superficiale, il cantante si sia dato finalmente una calmata e abbia deciso negli ultimi anni di lasciare stare le creature di Dio. A noi rimane solo il dubbio del perché per tanto tempo si sia accanito con le altre specie, quando sarebbe stato molto più semplice prendersela con gli esseri umani, più o meno come fanno tutte le altre rockstar.
Insomma, le solite storie di partner picchiate, risse e magari pure qualche omicidio, come insegna un certo tipo di metal nord europeo.

Che Ozzy si sia consapevolmente sfogato sugli animali pur di non danneggiare le persone?
Che ci sia qualcosa di karmico in tutto ciò?
Di sicuro la vita di ogni adolescente interessato a un certo tipo di rock sarebbe stata molto più semplice se non fosse stato per il contributo burrascoso di Ozzy. O forse il fascino della nostra musica sarebbe venuto meno senza gli atteggiamenti provocatori di personaggi come lui.

Perché un certo alone di mistero e leggenda è fondamentale per focalizzare le attenzioni delle masse, per suggerire che forse certe storie vanno raccontate, al di là del fatto siano moralmente accettabili o no. Ma in tutto questo, ciò che rimane è sempre la musica e senza di lei penso non sarei quello che sono. E ciò penso sia condivisibile da tanti come me.

Alla fine preferisco pensare al riff di Symptom of the Universe o alla melodia di Mr.Crowley e non a tutto ciò che gira attorno alla vita di chi ha composto certi capolavori.

Questo almeno vale per me: per tutti quelli che mi additavano per strada – e di certo lo fanno ancora, anche se ormai non ci bado più – rimane solo il contorno. Ma è un po’ come mangiarsi le patatine senza il pollo arrosto…

Ok, dopo avere scritto queste righe penso il mio approccio con la carne e l’alimentazione non sarà mai più lo stesso.

L’Autore

Pietro Gandolfi è il leader della band Epic Metal Bringer of War, ma è soprattutto l’autore di libri come Dead of Night e La ragazza di Greenville. Nell’ultimo William Killed the Radio Star il suo amore per la musica viene a galla con prepotenza, raccontando la notte da incubo di un DJ alle prese con la morte di una rockstar locale, William Heart.
Appassionato non solo di cinema, letteratura horror e heavy metal, ma anche di fumetto, si sbatte nell’underground da ormai parecchio tempo per fare emergere il suo punto di vista purista ed estremo nei confronti di ciò che gli sta a cuore.
Adora tutti i tipi di animali, soprattutto Febo, Blaze, Rocky, Leo, Fly, Scooby, Rex, Lupo, Viola, Calimero, Lulù, Black e Katchoo.
E considera che il migliore cantante dei Black Sabbath sia stato Ronnie James Dio: che nessuno lo dica a Ozzy Osbourne, però, Pietro rischierebbe di finire decapitato a morsi.

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