reggia di portici

Orgoglio Borbonico, la bellezza della Reggia di Portici

La Campania è un luogo dalle mille meraviglie. Spesso, però, accade che alcuni luoghi prendano il sopravvento, raggiungano una fama smisurata, gettando nell’ombra tutto il resto. Capita così che il dimenticare sia sinonimo di incuria e luoghi di rara bellezza finiscono per essere abbandonati al loro destino. E’ il caso della Reggia Borbonica di Portici o quella che molti nostalgici chiamano ancora Real Sito.

Come in ogni casa del mondo, anche la reggia di Portici era abitata da persone. La loro presenza ritorna dal passato e rende il luogo vivace, ricco di aneddoti e storie incredibili. Illustri proprietari della Reggia Borbonica di Portici furono re Carlo III e la regina Amalia.

Carlo il re cacciatore

Carlo III di Borbone giunse a Napoli nel 1734. Lo stesso Borbone che fece costruire anche l’intramontabile Teatro San Carlo di Napoli e la più famosa Reggia di Caserta. Non si conoscono i motivi che portarono il re a volere una residenza a Portici. Alcuni sostengono sia stato ammaliato dagli scavi di Ercolano, scoperti nel 1710, desideroso di godere per primo dei reperti romani, altri ritengono che la Reggia dovesse fungere da residenza estiva, per la vicinanza al mare e alle splendide spiagge del lidi porticesi. Ciò che è certo, è che il re era noto per le sue doti di cacciatore e certamente non gli sfuggirono i boschi presenti sul territorio, ricchi di quaglie e altra selvaggina con cui intrattenersi e organizzare battute di caccia per i suoi nobili ospiti.

reggia di portici

Amalia la regina “capricciosa”

“Fuori dalle righe” era la regina e consorte di Carlo, Maria Amalia di Sassonia, che il re prese in nozze a 14 anni. Nonostante si trattasse di un matrimonio combinato, la coppia fu molto “affiatata” e dal matrimonio nacquero molti figli. Una donna forte e colta che molto si spese per l’arte, introducendo tra le altre cose, la produzione di porcellana. Amalia era anche un’accanita fumatrice e singolare era la sua passione per gli animali esotici. Non è un caso che all’interno della reggia avesse fatto allestire il Real Pagliaio, dove vi erano leoni, pantere, struzzi, aironi, canguri e altri animali esotici, tutti ricevuti in dono da re e imperatori. Pare, però, che Amalia desiderasse ardentemente avere nella sua collezione anche un elefante.

Non le fu difficile convincere il sultano Mahumud di Costantinopoli ad accogliere la sua richiesta. In cambio di tavole marmoree di grande valore, Amalia ebbe il suo elefante. Le cronache dell’epoca parlano dell’arrivo del pachiderma come di un’attrazione spettacolare. Migliaia di persone si recavano a vederlo, pagando una mancia al soldato che lo custodiva. Altre voci ricordano le fughe dell’animale che grande scompiglio recavano nella cittadina. Alla sua morte ebbe origine un famoso detto popolare citato anche da Benedetto Croce: “Caporà, è mmuort’ l’alifante!” [Caporale, è morto l’elefante!], a significare il termine di un periodo di gioia.

Come si presenta la reggia oggi

Chiunque avrà modo di visitarla, potrà notare la singolarità di questo luogo, molto diverso dalle sorelle, la Reggia di Caserta e quella di Capodimonte.

Notevole è lo scalone di rappresentanza che dava accesso al Piano Nobile nel lato Sud. Impossibile non restare incantati dalla pittura illusionistica di affreschi in tromp l’oeil e tecniche come il sotto in su e la quadratura. Procedure molto di moda nel ‘700 Barocco, che hanno la funzione di creare l’illusione di spazzi profondi e larghi, dove invece, spazzi non ci sono. In altre parole, la prospettiva ed effetti spaziali vengono impiegati per creare l’illusione di uno spazio tridimensionale dal punto di vista dello spettatore, su una superficie piatta, semicurva o curva.

Altri gioielli sopravvissuti o in parte sono gli affreschi a opera di Giuseppe Bonito, Vincenzo Re e Crescenzo Gamba. Non si tratta certamente della Cappella Sistina, ma la delicatezza dei tratti e l’armonia trionfale della composizione è sorprendente.

Nei pressi della facciata superiore della Reggia, il Canart con marmi di Carrara, si occupò del Giardino della Regina, l’attuale Orto Botanico, qui al centro vi è un gruppo scultoreo, la fontana delle Sirene o anche conosciuta come fontana di Flora, in quanto sul cipollino è collocata la dea Flora, una “Vittoria” di provenienza ercolanese.

Le sirene e i tritoni realizzate nel particolare, sono cariche di compostezza, espressività e di una certa sensualità mitica. Ulisse avrebbe avuto problemi anche con questa fontana! Passateci e ammirate!

Una vera e propria chicca doveva essere il boudoir di Amalia. Un ambiente di stile rococò interamente rivestito di porcellana bianca decorate ad altorilievo con festoni e scenette di genere ispirate al gusto della “Cineseria”, molto di moda tra le signore nel XVIII secolo. Uno scherzo del destino ha voluto che la regina Amalia non riuscisse a goderne, in quanto dopo poco che fu completato, dovette partire per la Spagna. Oggi questo splendore di arte chic è possibile trovarlo alla Reggia di Capodimonte.

Di grande vanto e orgoglio a livello internazionale era il Museo Hercolanense. Ad ogni scavo per la realizzazione della reggia, tornavano alla luce meraviglie di epoca romana. Altri reperti, provenienti dalle città sepolte di Ercolano e Pompei, trovarono casa nelle stanze della Reggia. La ricca collezione diede vita ad una delle raccolte più famose al mondo, l’Herculanense Museum, meta privilegiata del Grand Tour.

Oggi gran parte di tutto ciò è andato perduto. Molti reperti, oggetti di arredo e pitture sono andati perduti, ricollocati altrove o bonariamente riadattati su nuovi stili dai nuovi padroni di casa. La Reggia di Portici appare oggi come la sorella fuggita di casa, un po’ abbandonata al suo destino e di cui interessa poco, nonostante la sua storia e il suo glorioso passato.

Oggi, la facoltà di Agraria, ospitata nel luogo, ha forse avuto il merito di preservarne alcuni aspetti.

Benito Dell'Aquila