Occhi negli occhi con Amedeo Modigliani

Soltanto una calda giornata d’estate, il 12 luglio 1884, poteva fare da scenario alla nascita di un’artista esplosivo come Modigliani.

Da bambino, mentre scorrazza per le viuzze di una Livorno antica, tutti lo chiamano Dedo, un ragazzino che scopre quanto può essere bella la compagnia di una tela e dei colori e inizia, sostenuto dalla madre Eugenia Gardin, a fare della pittura il suo inno alla vita.

Dalla Scuola di nudo a Firenze, passa all’Istituto di Belle Arti di Venezia e, con un po’ di fortuna e il suo spirito d’avventura in spalla, nel 1906 Modigliani si trasferisce nell’ Eden dell’arte: Parigi. Il faro nella sua vita parigina sarà “Ruche (L’Alveare), l’edificio che lo ospita assieme ad una comunità d’artisti, nel quartiere di Montparnasse. In continuo movimento, come un nomade alla ricerca di risposte, Modì si sfama con la sua stessa fame facendo arte, discutendo di arte, amando. Parigi gli si presenta come una luna che si scopre a poco a poco: gli incontri con i letterati, con i galleristi, le modelle, un contatto continuo e sempre più completo con l’arte.

Si dedica alla scultura in pietra e alle donne, respira la pelle delle donne sia nella vita, basti pensare ai suoi amori intensi(tra i quali quello per la poetessa russa Anna Achmatova e per la moglie Jeanne Hebuterne), sia nei suoi quadri. “Dipingere una donna è possederla” diceva tra sé e sé Modì, mentre seguiva i contorni dei corpi femminili, cercando di intrecciare, con tratti semplificati, la trasparente sensualità delle sue donne con la voglia di arrivare a toccare la loro anima. I volti ovali come quelli delle sue sculture, i particolari che rievocano le maschere tribali africane e i dipinti di Picasso ci colpiscono, ma sono gli occhi che ci tengono fermi, ci immobilizzano davanti alla tela. Occhi vuoti, che indicano un qualcosa che sfugge e che è difficile da afferrare. Modigliani raccontava che avrebbe disegnato gli occhi di una persona cosi come erano solo quando sarebbe stato capace di leggerci dentro proprio quel qualcosa di inafferrabile che è l’anima.

“Quello che cerco non è né il reale né l’irreale, ma l’inconscio, il mistero istintivo della razza”.

Questa è la ricerca di Modì, il nocciolo nascosto che vuole trovare in un continuo muoversi tra quadri e colori, vagabondando nelle stanze del nostro io primitivo ed essenziale.

Genova ci offre la possibilità, fino al 16 luglio, di vagare nelle stanze dell’appartamento del Doge di Palazzo Ducale per percorrere, attraverso numerose opere, le strade artistiche di Amedeo Modigliani. Inoltre, è stato promosso un concorso Instagram che permetterà al vincitore di vedersi protagonista della mostra. Basta scattare una foto che ritragga il proprio riflesso in uno degli specchi situati nelle zone di Piazza Ferraris e del Porto Antico di Genova e pubblicarla sul proprio account con tanto di #ModiglianiGenova. Sarà la somiglianza con un ritratto dell artista a decretare il fortunato. Un ultimo sorso di vino rosso, quello della bottiglia che amava avere al suo fianco mentre si dedicava ai suoi quadri, il pennello stanco, lasciato dentro la stessa bottiglia presto vuota ed ecco che nasceva Modì, ancora e ancora, dentro ogni volto che dipingeva. “Il tuo unico dovere è salvare i tuoi sogni” era la sua convinzione, una forza che gli germogliava da dentro e lasciava fiorire, dando tutto se stesso all’arte, come un sognatore in lotta tra sentimento e follia.

Alessandra Nepa