Micro’be: il tessuto fatto con il vino

Chi non ricorda la eco avuto dal Qmilch, la fibra creata dalla ricercatrice tedesca e ottenuta dalla sintesi del latte in una polvere di proteine poi pressata e bollita in stampi. Una volta intrecciata si otteneva un tessuto ipoallergenico che sembra seta e s’indossa come tale, ma può essere lavata e asciugata come il cotone.
Recentemente, alcuni ricercatori dell’australiana Western University hanno, invece, utilizzato i batteri, gli stessi responsabili della trasformazione del vino in aceto, ovvero della fermentazione, per creare delle fibre di cellulosa simili al cotone, che danno luogo a un tessuto. L’abito che ne viene fuori è particolare ed ha qualcosa di primordiale, come una seconda pelle le cui venature rosso sembrano dei vasi sanguigni. Inoltre, non ha bisogno di cuciture ed è biodegradabile.
L’idea è venuta allo scienziato Gary Cass quando ha notato sulla superficie del vino, presente in una tinozza,  un velo semi gommoso dovuto all’azione degli  Acetobacter. Lavorando su questo è riuscito ad ottenere un tipo di tessuto aderente e quasi trasparente che conserva il colore e l’odore del vino da cui è derivato. A quanto pare, quando il tessuto è bagnato porta a chi l’indossa  a sentirsi come se stesse facendo i fanghi, mentre una volta asciugato aderisce alla pelle. Dal momento che il tessuto è realizzato con microbi viventi,  che non sono pericolosi o patogeni per noi, i creatori l’hanno chiamato “Micro’be”. Il team ha anche usato con successo il vino bianco e la birra per creare questo nuovo materiale, ma la sua poca flessibilità e l’odore potrebbe essere un problema: pare che l’odore emanato dall’abito sia così intenso da portare in poco tempo a uno stato d’ebbrezza molto simile a una ubriacatura. C’è quindi da lavorarci ancora su, così da poter sfruttare, per esempio, le bevande alcoliche di scarto per ottenere un tessuto molto particolare.

redazione