Maria Regina di Scozia: le due “sorelle” d’Inghilterra allo specchio

Diretto da Josie Rourke, Maria Regina di Scozia, racconta l’ascesa e la caduta di Maria Stuart (Saoirse Ronan), che, dopo essere divenuta regina di Scozia nel 1561, rappresentò fin da subito una figura scomoda, in grado, nonostante la giovane età , di sfidare il potere di Elisabetta I d’ Inghilterra, (Margot Robbie). In mancanza di figli da parte della regina Elisabetta, infatti, era proprio Maria Stuart ad avere il legittimo diritto di succedere, diritto che la donna non tardò ad esercitare e a reclamare, poco tempo dopo essere diventata regina di Scozia.

E’ da qui che parte il racconto di Joesie Rourke, le cui intenzioni appaiono subito chiare: riabilitare, difendere ed esaltare la figura di Maria Stuart, che trova una solida interprete nella carismatica Saorsie Ronan (anche qui convincente come nel recente in Lady Bird). La scelta della regista è quella di partire non tanto dai giochi di potere del Trono d’ Inghilterra, quanto piuttosto dal conflitto indiretto tra contrapposte femminilità ed emozioni di due donne regine in una stessa epoca e per questo “sorelle”, necessariamente destinate ad incontrarsi-scontrarsi, attorniate da schiere di consiglieri uomini: manipolativi, infingardi e traditori (le figure maschili sono tutte negative).

La pellicola dà una visione del conflitto politico tra le due regine, che per molti aspetti è semplificata e, nel complesso, probabilmente un po’ ingenua. Ingenua, perché nel valutare l’umanità dietro la corona, finisce per enfatizzare drammi e sensibilità, che risultano interpretati e di molto amplificati rispetto alla verità storica. Allo stesso tempo si stemperano, invece, le conflittualità religiose e politiche, la spietatezza e il cinismo, insiti nel potere.

In questo senso il film non si adotta dunque un approccio storico-realistico, quanto semmai emozionale e romanzato dei due personaggi storici descritti. Così Elisabetta è una donna fragile, non autoritaria a corte, ma facilmente plagiata dai suoi consiglieri, ferita nella sua femminilità dalla malattia e soprattutto dal confronto con la bella, giovane e inarrestabile Maria di Scozia, che come uno specchio persecutorio diventa misura dei suoi fallimenti e dei suoi rimpianti. Dal suo canto Maria è un personaggio totalmente positivo: viene descritta come una sovrana impulsiva, ma di carattere, che fino alla fine si mostra pura e benevola nel suo essere affezionata al popolo e alla famiglia (perdona perfino il fratello e il marito, entrambi traditori), al punto da poterla considerare, nell’ottica del film, una vera e propria martire, l’ultimo sacrificio necessario da parte di Elisabetta I, per rimanere ancorata al potere.

La poca attenzione alle vicende storiche, scelta voluta dalla regista, che come si è detto si è concentrata su altro, è evidente soprattutto nella prima parte del film, in cui si dà molta importanza ad esempio alla servitù che attornia Maria Stuart, alle trame sentimentali e amorose di corte, messe quasi sullo stesso piano delle dinamiche politiche, come se le prime potessero essere facilmente causa di conflitti, anche più delle argomentazioni ideologiche o religiose, tanto che, spesso, nel film l’entourage che circonda le sovrane afferma che i conflitti “siano in mano ai giochi amorosi di due donne” (su questo punto ad esempio le resistenze di Elisabetta nel voler acconsentire alle nozze tra Robert Dudley, suo amante, e Maria di Scozia, appunto per gelosia). Mal costruita e troppo stigmatizzata ad esempio la figura di Davide Rizzio, che pure poteva essere un personaggio cruciale nella narrazione, in quanto, da amante di Maria di Scozia, fu il pretesto e la causa della deposizione della Regina dal suo trono. La congiura contro il menestrello è poco credibile e diretta in modo frettoloso.

Se questo inizio del film appare in molti punti forzato e approssimativo, migliore è invece la seconda parte, che è quasi una preparazione per l’incontro tra Maria ed Elisabetta. Il dualismo si fa più marcato, anche scenicamente. Al personaggio di Elisabetta viene dato più spazio così che sia possibile percepire l’attrazione-rispetto-invidia che sussiste tra le due regine. Si arriva, infine, alla parte migliore di tutto il film, in cui è maggiormente evidente la formazione teatrale della regista: l’incontro tra le due “sorelle”, Maria e Elisabetta, che è un confronto su più piani: tra Scozia e Inghilterra ; tra la donna-madre e la donna-sterile, tra la purezza e il coraggio degli ideali da un lato e l’austerità e il cinismo del potere dall’altro. Due facce della stessa medaglia che si inseguono, due antitesi che infine si scontrano, senza che nessuna rimanga sconfitta. Come suggeriscono i titoli di coda, infatti, nonostante la condanna a morte di Maria Stuart, il figlio di quest’ultima salì al trono dopo la scomparsa di Elisabetta. 

Così il film ricompone le fratture non demonizzando nessuno, né Maria Stuart, che ne esce riabilitata – se ne afferma infatti la piena regalità e vengono negate le “infamie” sul suo conto (si mette in dubbio anche la sua partecipazione alla congiura contro Elisabetta); né Elisabetta, la cui decisione di far uccidere “la sorella” appare sofferta e a lungo posticipata. Brave le due attrici. Forte la personalità di Saorsie Ronan e notevole anche Margot Robbie (imbruttita e fortemente truccata, con tanto di protesi al naso) che interpreta una Elisabetta inedita, debole e fragile.

Nel complesso, comunque non uno dei film migliori sulla regina Elisabetta I. Decisamente più articolato e convincente ad esempio il film Elizabeth del 1998, che racconta le ombre e le luci dietro la forte personalità della regina, con un’ottima Cate Blanchett, raccontando, sì, gli intrighi amorosi, senza negare però la crudeltà e la spietatezza degli intrighi di corte, parte integrante della pellicola e non semplicemente da sfondo.

Francesco Bellia