La prima volta che sentii parlare di “The Game” (la bibbia del rimorchio, scritta da tal Neil Strauss), stavo guardando il video di una youtuber americana che ne consigliava la lettura perché “se volete sapere se un ragazzo vi sta prendendo in giro, dovete conoscere le regole del gioco”.
Si parla di un paio di anni fa, almeno. E ancora quel libro non sono riuscita a finirlo. Lo riprendo periodicamente, ci provo, ma niente. M’innervosisco e chiudo tutto.
Non riesco a leggere più di cinque pagine alla volta perché dopo un po’ di frasi sessiste, misoginia spicciola e tattiche ridicole per abbordare ragazze nei contesti più svariati, inizia a riecheggiare nella mia testa la parola “SFIGATI”, talmente forte da impedirmi la lettura. Perché, caro Neil Strauss e cari voi maschi idioti che avete bisogno di imparare trucchetti di magia e ipnosi (giuro, non sto inventando nulla) per “ficcare” siete degli sfigati senza alcuna possibilità di salvezza.
Dalla semi-lettura di questo libro si è scoperchiato un vaso di Pandora di una tristezza e uno squallore ineguagliabili. Sì perché questa gente, questi pezzenti, tengono dei workshop appositi (che ovviamente si fanno strapagare) in cui insegnano ad altri sfigati (ma decisamente meno furbi) come loro, le cosiddette “regole del gioco”.
Che poi, volendo contare un attimo fino a dieci dopo aver preso un respiro profondo (ma anche due), non tutto quello che questo libro dice è totalmente da buttare. Cioè, volendo eliminare la roba sessista ed esagerata; volendo sorvolare sul triste fatto che sta gente davvero tiene e segue seminari sull’arte del rimorchio, volendo ignorare il fatto che esistano i cosiddetti PUA (pick up artists, artisti del rimorchio) che davvero figli santi rivedete un attimo le vostre priorità; volendo fingere di non leggere tra le righe che in quel libro e in quei corsi noi donne veniamo trattate come un branco di oche tutte uguali che rispondono alla stessa maniera a degli stimoli manco fossimo chihuahua imbecilli che scodinzolano per un bocconcino o una pallina che rimbalza. DICEVO, ignorando tutto ciò e volendo mantenere una calma degna di Siddharta Gautama, il libro non dice cose poi così sbagliate. Ragazzi miei (nel senso, persone col pisello) io mi rendo conto del fatto che in quanto uomini, in quanto “maschi”, la società probabilmente si aspetta da voi una certa intraprendenza, e mi rendo conto che PROBABILMENTE per noi donne la vita possa essere un filino più semplice per ALCUNI versi (lungi da me l’essere sessista, ma obiettivamente mi sono stati offerti molti più drink di quanti ne abbia offerti io) e quindi ammetto che un libro che ti dica di uscire dal guscio ed, essenzialmente, provarci facendo dei tuoi difetti dei punti di forza, ricorrendo al cosiddetto “peacocking” che non ho idea di come sia stato reso in italiano ma essenzialmente significa indossare qualcosa di colorato e sgargiante che attiri l’attenzione in modo da rompere il ghiaccio più facilmente (un po’ come fanno i pavoni, peacock appunto), possa essere effettivamente utile, anche solo per dare una botta di autostima a chi in questo campo riscontra delle difficoltà. E probabilmente (e sottolineo PROBABILMENTE), pensare alle donne come a individui vacui che rispondono in tal maniera a dati stimoli può aiutare a farvele sembrare più “accessibili” e quindi a levarvi di dosso un bel po’ di pressione. Ammetto questo, per quanto mi costi una gran fatica non incazzarmi come un caimano a ogni riga di quello scempio.
La cosa che non ammetto e che non immaginavo (un po’ per mia ingenuità, un po’ perché certe cose mi piace pensare che non esistano) è che la community dei PUA – categoria che ancora fatico ad accettare senza ridere di gusto – vanta tra le sue fila gente molto meno moderata di Neil Strauss, che alla fine è solo un tizio brutto e pelato
che ha deciso di dedicare la sua vita alla ricerca di metodi sempre più strambi per inzuppare il biscotto. Esistono infatti centinaia di forum dedicati all’argomento nei quali i PUA si scambiano consigli e raccontano le loro esperienze nel dettaglio. Avete presente lo special di natale di Black Mirror? Se non ce l’avete presente, guardatevelo e avrete un’idea di quello che intendo.
Uno di questi forum (Return of Kings) è gestito da tal Daryush Valizadeh, blogger e scrittore americano che in questi giorni si è guadagnato una certa popolarità all’infuori della sua community di invasati per via di alcune sue dichiarazioni particolarissime e pregne di misoginia, razzismo e omofobia.
Costui, questo personaggio indefinibile che dai suoi adepti si fa chiamare Roosh V, infatti, dedica anima e corpo alla creazione di un suo reggimento di PUA, ai quali insegna come adescare le donne ed eventualmente violentarle perché, a suo dire, non ha nessuna importanza se la donna sia consenziente o meno all’atto sessuale. Altro punto fondamentale del pensiero illuminato di questo idiota è: lo stupro dovrebbe diventare legale negli spazi privati. Esattamente come io sostengo che appendere lui e i suoi amici sfigati (che si autodefiniscono “neomaschilisti”) per gli zebedei dovrebbe essere una pratica assolutamente a norma di legge, a patto però che li si attacchi a delle pale eoliche.
Non solo, il guru del rimorchio ha anche indetto una serie di riunioni in diverse parti del mondo durante le quali i suoi seguaci s’incontreranno e parleranno di quanto è bello scopare, di quanto le femmine siano tutte troie, di quella volta in cui hanno copulato con tal tizia conosciuta in tal locale e di quanto siano tutti accomunati da un insormontabile alone di sfigataggine. Perché sì, sarò ripetitiva, ma questa gente è sfigata. In Italia, i luoghi prescelti per questi meeting di microdotati sono Roma, Reggio Calabria e Bari che, ironia della sorte, è la mia città.
Comprensibilmente, nel momento in cui Roosh V ha scambiato per pensiero la scoreggia che gli suggeriva di dire su un forum cose tipo “chissene se la tipa non vuole scopare, io ce lo butto uguale perché lo stupro dovrebbe essere legalizzato”, orde di gente incazzata gli ha detto – in modi più o meno garbati, anche attraverso una serie di petizioni online – che è un imbecille e che farebbe bene a ritirarsi a vita privata, cosa che, effettivamente, Roosh V ha fatto, terrorizzato dalle minacce di morte ricevute in seguito alle sue dichiarazioni. Sì, perché ora il mago del rimorchio, l’artista della seduzione non consensuale, il guru delle mie gonadi sfrenate vive nel seminterrato della sua mammina.
Complimenti, signora. Ottimo lavoro.
La tecnica di Roosh V, bisogna riconoscerlo, è astuta. Il PUA, infatti, si è difeso dalle accuse dicendo che la sua è solo satira atta a stimolare il dibattito sulla questione dello stupro (insegnando agli uomini che stuprare è sbagliato e alle donne di fare attenzione al proprio corpo). Così facendo, questo personaggio ha trovato la scappatoia ideale per far comunque passare il suo messaggio attraverso campagne vessatorie online, per poi rimanere incensurato nel momento in cui gli viene mossa un’accusa, nascondendosi dietro un “stavo solo scherzando, era satira!“.
Tuttavia, persino il più ingenuo degli ingenui capirà che questa, appunto, è solo una tattica. Basta scorrere un po’ sul suo profilo Twitter per saggiare la delicatezza con la quale il blogger si rivolge alle donne.
Ironia della sorte, tutto questo boom mediatico ha giocato a favore di Valizadeh, il cui blog è stato visitato un numero incredibile di volte negli ultimi giorni.
Quindi, sorge spontaneo il dubbio: e se tutto questo shit storm fosse voluto? Se fosse solo un’arguta operazione di marketing atta ad aumentare gli introiti di un personaggio discutibile?
Sono abbastanza sicura che sia così e la cosa onestamente non mi stupisce più di tanto, in un mondo in cui si monetizza prevalentemente online. Che poi questa monetizzazione sia fatta a suon di marchette a questo o a quell’altro brand, piuttosto che su campagne di molestie sessuali online che fomentano uomini insicuri e frustrati incapaci di accoppiarsi e abbindolati dal miraggio di una vita fatta di scopate occasionali e cameratismo all’interno del branco dei “nuovi maschi”, beh questa è un’altra – rivoltante– storia.