Lettera a Andrea Camilleri: il silenzio è assordante, manchi

Caro Maestro,

è già passato un anno e scriverti è diventata un’esigenza.

Non ho dimenticato le buone maniere, solo che preferisco usare il tu e non il Lei perché per me come ogni tuo lettore in questi anni con i tuoi libri sei diventato un confidente, un profeta, un generatore di entusiasmo e di riflessioni allo stesso tempo, un dosatore di saggezza e un inguaribile realista.

Maestro, sei l’amico che ogni buon lettore vorrebbe trovare nel suo scrittore preferito. E tu sei e sarai il mio.

Accade sempre qualcosa di viscerale quando si inizia a leggerti, anche distrattamente. Il mio inizio è stato con “Il giro di boa” e da allora non si è mai frenata la voglia di leggere, sapere, ascoltare e commentare cosa comunicavi.

Un anno fa non avevo idea di come avrei reagito oggi. E adesso che oggi è arrivato, caro Maestro, sono giorni di commozione soprattutto perché ieri è arrivato “Riccardino”, l’ultimo libro sull’epopea del Commissario Montalbano.

Mi chiedono perché la commozione. Mi chiedono perché ti sento così vicino nonostante non abbiamo mai condiviso un pranzo, una chiacchierata, un momento goliardico insieme. Mi chiedono perché avverto così tanto il vuoto dei tuoi pensieri. Mi chiedono, Maestro, e a me viene solo da sorridere talvolta.

So che mi chiedono perché non ti hanno mai letto o ascoltato, altrimenti capirebbero come, Maestro, sia in italiano o in siciliano, tu hai quel talento di creare un legame con il lettore fino a renderlo tuo, quasi ipnotizzarlo.

Non è una magia, è più bravura nel saper dosare parole, concetti e trama creando entusiasmo e curiosità pagina dopo pagina. E non è mai accaduto solo con i libri sul Commissario Montalbano. Accade con i romanzi, con i saggi e con ogni pensiero che nero su bianco hai lasciato e che per fortuna resterà eterno.

So che per te è indifferente, Maestro, ma ho già la mia copia di “Riccardino” sulla mia scrivania. L’ho prenotata settimane fa e non vedevo l’ora. Solo che adesso è come se avessi paura ad iniziare a leggerlo. Sarebbe come scrivere FINE e dire ADDIO al Commissario Montalbano.

Così al momento, ho letto la prefazione, le tue care “Note dell’autore” e l’ho richiuso.

Maestro, inequivocabilmente mi manchi.

Mi manca non sentire la tua voce. Mi manca la tua ironia sull’essere un fumatore incallito. Mi mancano i commenti diretti e senza fronzoli sugli avvenimenti del mondo. Mi manca non sentire da mesi che hai scritto un libro. Mi manca non leggere tue interviste recenti. Mi manca il tuo essere schietto e saggio. Mi manca non poter più esaudire il desiderio di incontrarti.

È stato un anno pieno di avvenimenti. Siamo in piena pandemia globale. Si continua ad insultare la gente solo perché diversa. Si continua a dire senza ragionare. Si continua a millantare senza mai provare vergogna o riconoscere il limite del pudore verbale.

In tutto questo, caro Maestro, ho sempre pensato a cosa avresti detto e in che modo questi avvenimenti avrebbero inciso nella tua narrazione, nelle trame dei tuoi scritti.

E mentre ti scrivo, mi chiedo tu dove sia, se hai ricominciato a vedere, se ti fai grasse risate e se talvolta ti manca questo mondo.

Dopo un anno, caro Maestro, non mi sono abituata ancora alla tua assenza fisica, ma poi ti ritrovo in un libro nella tua intera personalità e sono grata per averti conosciuta come lettrice. Sono grata.

Non ci sei fisicamente, Mestro, e questo silenzio assordante di te si sente però cerco di fare sempre memoria di quando hai detto: “Al momento della nascita ti danno un biglietto nel quale è compreso tutto: è compresa la malattia, è compreso il piacere, è compreso il dispiacere, è compresa la giovinezza, bellissima, la maturità, bella, del pensiero, quindi è compresa anche la decadenza, la vecchiaia, la senilità, la morte.

Non ti puoi rifiutare di morire, è compreso nel prezzo del biglietto. Quindi o l’accetti serenamente, e te ne fai una ragione, o sei un povero coglione”.

Grazie Maestro, ovunque tu sia!

Sandy Sciuto