L’anima vista da qui: ecco cosa si scopre sui Negramaro dopo la visione

In occasione dei vent’anni di carriera dei Negramaro arriva il documentario “L’anima vista da qui” (prodotto da Sugar e Gadeep) che svela il lato nascosto del rock. Quello fatto di semplicità, amicizia, amore e famiglia. E non solo: ci racconta gli ultimi tre anni di vita della band.

Quaranta minuti in cui si alternano immagini di backstage e concerti, unite a quelle dell’archivio, quelle che quindici anni e più, Andrea Mariano riprendeva in vhs. E’ proprio da queste che scopriamo che la loro prima sala prove fu una cantina scavata nella roccia a casa di Ermanno. Il cuore di un qualcosa che li ha fatti nascere. Oggi invece per dedicarsi completamente alla musica si riuniscono in una masseria immersa nella natura e nella tranquillità del Salento. E’ a piccoli passi che si raggiungono grandi risultati: erano solo dei ragazzini che volevano fare della musica il loro mestiere.

Alessandro Borghi è la voce narrante, che racconta la promessa di “quel sogno più lungo del mondo” attraverso le parole di Giuliano. Questo ci confida che non riesce mai a scrivere nello stesso posto. Odia e quindi scappa da qualsiasi comfort-zone.  Scrivere in un posto significa non tornarci più, scrivere significa ricercare posti nuovi.

“Scegli la musica, scegli i musicanti. Scegli i tuoi compagni di viaggio, quelli che con te seguiranno una scia stellare e cercheranno di farlo per sempre, percorrendo quella strada che porta al sogno”.

Parole profonde che fanno capire che ciò che lega i sei componenti della band ( Giuliano Sangiorgi, Emanuele “Lele” Spedicato, Andrea Mariano, Danilo Tasco, Ermanno Carlà, Andrea De Rocco) non è solo musica.
E’ la condivisione il loro segreto.
Che sia di successi, di traguardi o la nascita di una nuova vita.
Notizia questa che ha visto, con il passare degli anni, protagonista ogni componente della band. Da Andrea de Rocco per primo fino all’ultimo, Giuliano Sangiorgi: tutti hanno vissuto la gioia di diventare papà.

La forza di un gruppo però si percepisce soprattutto nei brutti momenti.  Come quello a cui è stato costretto Lele dopo l’emorragia cerebrale che l’ha colpito nel Settembre 2018. Un momento questo che nel documentario non lascia scampo a lacrime e commozioni.

“Torneranno i vecchi tempi con le loro camicie fiammanti… sono le camicie che ha sempre indossato Lele ma io non lo sapevo che stavo raccontando di quel momento in cui avrebbe perso il lume dei giorni” dice Giuliano.

“Dopo quest’esperienza ho capito che non c’è più tempo da perdere: nell’amare la famiglia, le persone che ci sono accanto […] La speranza è quella di continuare con il tour, con la musica. Personalmente non vedo l’ora di salire su quel palco e di saltare insieme ai miei amici, ai miei fratelli.” dice commosso Lele.

Quaranta minuti dove il regista Gianluca Gradinetti afferra l’attimo di momenti speciali. Come l’istante prima di salire sul palco, quello in cui l’atmosfera si trasforma e un coro unico della voce di tutte quelle persone in attesa mette i brividi, e l’attimo in cui le luci si spengono e la tensione e le preoccupazioni tecniche scompaiono. Resta solo l’emozione, e un bel piatto di pasta cucinato da Giuliano che tutti hanno soprannominato il cuoco del gruppo. 

Un documentario dalle scene inedite, da immagini profonde che ci fanno comprendere quanto di bello possa esserci dietro una band rock. Se non l’avete ancora fatto, correte a guardarlo. Non ve ne pentirete, parola nostra!!

Rachele Pezzella