The troubles, in inglese, Na Trioblóidí, in irlandese. Questi rappresentano i due termini specifici con cui ci si riferisce di solito allo storico conflitto nordirlandese. Iniziato tra la fine degli anni sessanta e la fine degli anni novanta del XX secolo, gli effetti del conflitto sono rintracciabili ancora oggi. Da una parte gli unionisti favorevoli al mantenimento e rafforzamento dei legami politici e culturali nei confronti della Gran Bretagna. Dall’altro lato i nazionalisti dell’Irlanda del Nord, tra i quali – come dice la parola stessa – tende a predominare un sentimento di nazionalismo irlandese che non vuole in alcun modo auspicare ad un ingresso nel Regno Unito. Una guerra a bassa intensità, la loro, che negli anni ha toccato picchi di violenza e terrorismo problematici. Nel 2021, però, torna a far parlare di sé.
La questione irlandese nel 2021.
Da settimane si parla di arresti, feriti e scontri con la polizia in Irlanda del Nord. Il fondamento è sempre legato ai disordini politici dei due partiti al governo – unionisti e nazionalisti -. Tra l’altro, a far tremare l’apparente equilibrio politico che negli anni si era instaurato, ha contribuito anche la Brexit. Il processo di recesso del Regno Unito dall’Unione europea ha causato non pochi disagi in Irlanda, tra questi, un allontanamento ancora più intenso dell’Irlanda del Nord dal Regno Unito.
Tuttavia, le turbolenze politiche della questione irlandese che hanno interessato l’opinione pubblica nelle ultime settimane non hanno nulla a che vedere, o quasi, con la Brexit.
In queste circostanze, ovvero in un contesto di calma apparente, basta poco per generare il panico e rompere il silenzio.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso del conflitto irlandese è stato un funerale
Pare infatti, che a portare scompiglio sia stato il funerale di Bobby Storey, ex membro dell’IRA, l’Esercito Repubblicano Irlandese, morto il 21 giugno 2020.
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Storey lottava, dunque, a sfavore della permanenza dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito, motivo per cui a scatenare le proteste ci hanno pensato i suoi rivali, gli unionisti. La ragione di fondo deriva dalla scelta del capo della polizia di non punire le tante persone che si sono recate al funerale, violando le norme restrittive indette per prevenire la diffusione del covid-19.
Al funerale, non solo migliaia di persone per strada, ma anche vertici politici del partito Irlandese che Storey ha contribuito a rendere grande
Oltre al corteo funebre, che conteneva moltissime persone ammassate incuranti della situazione epidemiologica, anche i membri del Sinn Féin, partito politico legato alla realtà indipendentista.
Oggi il Sinn Féin, è al governo con il DUP (Partito Democratico Unionista), di ideologia politica decisamente opposta. Come si legge da Il Post, proprio la prima ministra nordirlandese, Arlene Foster, del DUP, ha condannato l’accaduto. Non tanto perché si trattasse del funerale dell’ex membro IRA – anche se questo è ovvio che abbia influito – quanto per la mancanza di rispetto delle norme di sicurezza.
A differenza della vice prima ministra del Sinn Féin, Michelle O’Neill, tra l’altro presente al funerale insieme ad altri 23 membri del partito, la Foster ha, addirittura, chiesto le dimissioni del capo della polizia Simon Byrne, per aver lasciato che un assembramento del genere accadesse senza alcuna conseguenza successiva.
Belfast, Londonderry ed altre città irlandesi infiammate dalle rivolte degli unionisti.
Ad appiccare il fuoco, un po’ metaforicamente, ma, soprattutto nel vero senso della parola sono stati i lealisti o unionisti. Non hanno sicuramente accolto di buon gusto la decisione della polizia, in primis come cittadini che rispettano le regole, secondariamente ad incentivare la loro rabbia, il fatto che il funerale fosse proprio quello di un importante nazionalista.
La stessa prima ministra unionista ha criticato la violenza con cui i suoi stessi concittadini lealisti hanno reagito.
In un twitt ha così dichiarato:
Questa non è protesta. Questo è vandalismo e tentato omicidio. Queste azioni non rappresentano unionismo o lealismo. Sono motivo di imbarazzo per l’Irlanda del Nord e servono solo a distogliere l’attenzione dai veri trasgressori della legge, quelli del Sinn Fein.
La legge era stata violata dai membri del partito indipendentista, e dai loro sostenitori, per essersi recati al funerale in pieno periodo di pandemia. Le reazioni degli unionisti hanno, invece, ribaltato a loro sfavore l’evento generando ancora più tensione di quanto ce ne fosse prima.
In realtà, c’è chi vede in questi eventi un mero pretesto per far tornare in auge una problematica irlandese nata a seguito della Brexit.
L’Irlanda ha sempre rappresentato un blocco solido nel rifiutare qualsiasi compromesso inerente ad un deal britannico volto a definire tanto le relazioni future tra Unione europea e Gran Bretagna, che le successive dinamiche tra UE, Irlanda e Irlanda del Nord.
Un compromesso è stato, però, alla fine accettato sennò il gennaio 2021 il Regno Unito non sarebbe definitivamente uscito dall’UE.
L’accordo a cui si è giunti prevedeva la permanenza dell’Irlanda del Nord tanto nel mercato comune europeo che nell’unione doganale, per evitare una frattura ancora più evidente con l’Irlanda. Tuttavia, tale decisione ha comportato, invece, un allontanamento evidente tra il Nord Irlanda e il Regno Unito, cosa che non è stata condivisa dagli unionisti.
Ecco perché, nonostante il funerale fosse stato nazionalista di per sé, e quindi i punibili di legge sarebbero stati i nazionalisti, ad intervenire a riguardo sono stati gli unionisti. Si è sfruttato un momento delicato per i sostenitori del nazionalismo, per far avanti tutta quella rabbia repressa durante i periodi dei negoziati sulla Brexit. Mentre i nazionalisti del Sinn Féin sembravano aver raggiunto davvero un accordo, gli unionisti fremevano dentro e hanno trovato nella lotta al “funerale illegale” il pretesto per rivendicare le loro motivazioni.
Tra i protestanti molti giovani, che poco hanno a che vedere con le contrapposizioni storiche che negli anni anni hanno interessato il Nord Irlanda. Eppure, come nella teoria dei corsi e ricorsi storici, la storia si ripete, le motivazioni sono diverse ma il fondamento rimane sempre quello: la questione irlandese.
Boris Johnson in Inghilterra, Joe Biden in America, Arlene Foster in Nord Irlanda, tutti fanno un richiamo alla calma, alla giustizia, alla pace. Quella pace che nel paese irlandese in questione è sempre stata in bilico.