La nudità: il nudismo nell’arte

Che l’uomo nasce nudo è un dato di fatto, così come situazione naturale egli  viveva originariamente senza abiti. Nella storia dell’umanità, le vesti arrivano successivamente ed hanno, almeno agli inizi, una funzione simbolico-ornamentale, divenendo poi necessarie per proteggersi dalle avversità climatiche.

La nudità in sé non era il peccato originale perché prima di esso Adamo e Eva erano nudi, ma alcune persone lo considerarono tale, forse per spiegarne il divieto e da lì in poi gli organi sessuali vennero sempre più demonizzati ed esecrati, portando lentamente le generazioni future a ritenerli parti del corpo da nascondere e provando sempre più disagio e vergogna nel mostrarli.

Pertanto, oggigiorno, come regola generale, la nudità non è accettata nella maggior parte delle società moderne, sebbene esistono delle eccezioni e circostanze in cui – con le solite incongruenze che guidano l’essere umano civilizzato – la nudità è alquanto tollerata ed accettata (spogliatoi, saune, sale operatorie, aree per nudisti, ecc).

Alcune strette interpretazioni della religione islamica chiedono che le donne si coprano tutto il corpo, compreso il viso mentre alcune tribù del Togo e dell’Etiopia (per esempio i Suri) si mostrano comunemente nudi. Coprire il sesso con stoffe, pelli o di astucci nelle poche popolazioni primitive ancora presenti nel mondo, è un modo per sottolinearne la presenza e non per nasconderla. Moltissime altre popolazioni tribali, da tempo, usano coprirsi a seguito delle continue interferenze da parte dei missionari della chiesa che nei secoli, hanno trasmesso quel pudore proprio del loro mondo occidentale. Siamo noi gli esseri civili e progrediti che dettiamo legge anche se vi sono evidenze antropologiche che dimostrano l’assenza della maggior parte delle cosiddette “deviazioni sessuali”, di cui la società moderna è vittima, proprio tra quelle popolazioni considerate primitive.

Tempo fa, in Nuova Zelanda le fotografie di minori nudi (una volta considerati esseri asessuati) erano socialmente accettate, ma oggi causerebbero scandalo e ribrezzo se venissero pubblicate, così come un genitore  americano (e non solo)  potrebbe essere accusato di pedopornografia  se mostrasse il ritratto nudo del proprio bambino.

Ma, comunque vadano le cose, il corpo umano ha sempre avuto una grande valenza nel mondo dell’Arte. Specialmente nell’arte antica, dove esso non può essere considerato solo un fenomeno estetico ma rappresenta il costume, le concezioni, gli usi, i riti, la vita e la mentalità del popolo che ne ha fatto uso.

Volendo fare un brevissimo excursus attraverso le più importanti civiltà, partiamo con gli antichi Egiziani per i quali i preconcetti religiosi portarono a metter in secondo piano la nudità, sebbene con l’arte della mummificazione essi conoscessero bene la struttura del corpo umano. Infatti,  nelle raffigurazioni funerarie erano considerate molto più importanti le fattezze del volto affinché l’anima, dopo la morte, potesse riconoscere facilmente il proprio corpo.  Per questo motivo le raffigurazioni di nudo nell’arte egiziana sono alquanto rare anche se il loro abbigliamento, a causa del caldo, era alquanto succinto e quindi non doveva essere insolito o anomalo mostrare gli organi sessuali.

Per Sumeri Babilonesi, sembra che fosse più accettata la nudità femminile, intesa come segno di fecondità, come dimostrano le raffigurazioni della Dea Madre. Il nudo veniva, in genere, considerato una condizione di vergogna e sottomissione ed è per questo che a livello rituale, venivano mostrati nudi i prigionieri ed i nemici uccisi.

Nemmeno i Minoici arrivano alla completa raffigurazione della nudità, anche se essi utilizzavano vesti molto più succinte degli egiziani, con gli uomini che indossavano solo una stretta fascia inguinale e le donne con un corsetto che lasciava libero il seno. Pare che queste ultime apparissero completamente nude durante gli esercizi acrobatici. Anche se nella Creta minoica il ruolo della donna assumeva a volte aspetti rimarchevoli e la bellezza era intesa in senso erotico e non finalizzato (come nei Greci) ad esaltare l’aspetto atletico della figura.

All’epoca dei Greci, appare la completa nudità sia nei guerrieri che negli altri personaggi. L’arte greca ricerca nell’individuo il tipo ideale di bellezza divina e trasferisce la nudità dalla realtà ad un piano eroico e universale. Per i greci il concetto di bellezza è centrale secondo l’equazione bello=buono.

Le statue venivano considerate una glorificazione della vita, della bellezza e della perfezione, nelle quali il nudo era la regola, come per gli atleti che partecipavano ai giochi olimpici liberi dall’impaccio degli indumenti. Il nudo femminile lo si trova soprattutto nel periodo arcaico, nella pittura vascolare dei Corinzi, con contenuto erotico. D’altronde è lo studio del corpo maschile che porta i greci ad essere i primi a creare rappresentazioni pittoriche tridimensionali, con prospettiva e profondità delle immagini. Nel periodo ellenistico, il nudo, da quello infantile a quello della più decadente vecchiaia, acquista delicate morbidezze carnose e lo si rappresenta con un veristico virtuosismo. La completa nudità femminile sarà, invece, considerata solo in relazione al mondo dell’etere e del banchetto, quindi con valore più materiale e sensuale.

 C’è chi dice che gli Spartani furono i primi a mostrarsi nudi, ad apparire in pubblico senza vesti e a cospargersi d’olio nelle gare sportive, perché la concezione della nudità atletica poteva più facilmente aderire ai costumi e alla mentalità austera e guerresca di questo popolo. Ed a Sparta la nudità rituale era applicata per uomini e donne durante le celebrazioni delle Gimnopedie, così come il soldato  appare nelle figurazioni con la corazza senza la tunica.

Gli Etruschi, pur cercando di imitare i motivi greci, rivelano la loro ripugnanza barbarica verso la nudità e fanno usare il perizoma ai loro atleti.

Come gli etruschi, anche i Romani arriveranno a farsi  ritrarre prendendo a prestito modelli di nudi corpi eroici della grande arte greca, anche se la classica statua romana rimane quella togata (la parola greca gymnasium significa “luogo per essere nudi”).

C’è comunque da sottolineare che questi popoli, da cui la maggior parte delle nostre conoscenze e della nostra cultura deriva, anche quelli barbari poco propensi alla nudità pubblica, non la condannavana o demonizzavana così come lo si fa nell’epoca attuale. In particolare, gli organi sessuali erano considerati parte del corpo e non organi del male o del peccato e mostrarli poteva essere un segno di povertà o di inferiorità per mancanza di indumenti o di un ruolo sociale.

Nel successivo decadente ambiente del tardo impero, la sempre più forte ed autorevole voce dei Padri della Chiesa, in nome della nuova religione, condannerà senza concessioni la nudità del corpo umano, portando a far ricoprire perfino le ignude raffigurazioni del Vecchio e del Nuovo Testamento. Nella Roma Imperiale, infatti, i prigionieri erano spesso spogliati delle loro vesti, come forma di umiliazione. Solo fino agli inizi dell’VIII secolo i Cristiani nell’Europa Occidentale vennero battezzati nudi, emergendo dall’acqua come Adamo ed Eva prima della caduta dal Paradiso, poi, nell’epoca Carolingia, la  nudità acquisce una connotazione talmente sessuale che abolisce tale pratica, così come il rappresentare il Cristo sulla croce completamente nudo, cosa normale se si considera Gesù un prigioniero giustiziato.

Durante i lunghi e bui anni del medioevo, la maggior parte delle statue di nudi (considerate blasfeme) furono distrutte o ridotte a monconi ed è  soprattutto l’immagine della donna a subire tale  furia iconoclasta.  Solo successivamente, gli artisti potranno raffigurarla nuda, eccezionalmente, in caso di  rappresentazioni di episodi biblici. Nota è  la cosiddetta “campagna della foglia di fico”  che la Chiesa Cattolica Romana organizzò per coprire la nudità nell’arte, iniziando dalle opere di Michelangelo. Fino all’Ottocento, la nudità pubblica fu  considerata oscena e bisognerà attendere il Rinascimento per veder rinascere lo studio del nudo e l’esplosione di una sensualità tanto a lungo repressa.

Oggi, in un mondo che si definisce evoluto, democratico e libero, la nudità nell’arte, anche quando mostrata pubblicamente, (statue, dipinti, o foto che rappresentino una persona nuda), viene fortunatamente accettata, mentre il mostrarsi nudi è sempre vietato ed, in genere, punito dalla legge.  La cosa che mi lascia perplesso è il perché, in un luogo pubblico, tantissime persone accettano con facilità la visione di un nudo “artistico”  e non sopportano, invece, quella di una persona reale.

L’arte che diventa, evidentemente, paravento per  preconcetti e ipocrisie. Dal momento che il silenzio diventa accettazione, è il caso di dire che ognuno si merita la società in cui vive.

redazione