La leggenda dell’autostoppista fantasma

Questa leggenda metropolitana è conosciuta  in vari paesi e circola da parecchi anni. Anzi: da qualche decennio a dire il vero. Questa urban legend è tra quelle che, ogni volta che si leggono, fanno venire la pelle d’oca. Dato che ci sono molte versioni diverse di questa leggenda metropolitana, abbiamo deciso di scriverla sotto forma di racconto usando vari dettagli delle storie.

L’autostoppista fantasma
Marco stava tornando a casa dopo una serata poco entusiasmante: solito pub, gli amici di sempre, ma forse era semplicemente troppo stanco per potersi divertire e decise quindi di salutare tutti e andarsene. Vuotò d’un fiato quel che rimaneva del suo bicchiere di birra e si avviò verso l’auto. Aveva cominciato a piovere ma non sembrava preoccuparsene e camminò lentamente sotto la pioggia fino a raggiungere il suo catorcio.

“Devo decidermi a comprarne una nuova – pensò – o uno di questi giorni mi lascerà a piedi nel bel mezzo del nulla, ne sono sicuro!”. Marco lavorava molto, per questo era sempre stanco e non riusciva quasi mai a godere di quei piccoli attimi di felicità che si poteva concedere; nonostante ciò i soldi sembravano non bastare mai.

Dopo essersi messo al volante continuò a rimuginare sulla sua vita per poi cominciare a fantasticare su come avrebbe potuto darle una svolta. Fuori era buio pesto e il ticchettio della pioggia sui vetri, insieme al rumore ritmico dei tergicristalli, era quasi ipnotico. Sentiva le palpebre sempre più pesanti ed era sul punto di addormentarsi quando i fari illuminarono qualcosa nel bel mezzo della strada e quasi gli venne un colpo: era una ragazza, bagnata dalla testa ai piedi, che faceva l’autostop.

Frenò di colpo e le fece cenno di salire in auto.

“Che ci fai a quest’ora, da sola, facendo l’autostop? Con questa pioggia poi!”
“Ero ad una festa ma ho deciso di andarmene presto e nessuno ha voluto riaccompagnarmi. Pensavo di camminare, casa mia non dista molto, ma poi si è messo a piovere”.

“Dovresti stare più attenta, per poco non ti ho investita! Dimmi dove abiti, ti riaccompagno volentieri”
La ragazza gli diede le indicazioni necessarie e Marco si rimise in marcia. Decise di fare un po’ di conversazione e le chiese se fosse della zona; sembrava avere la sua stessa età ma non ricordava di averla mai vista nei locali che erano soliti frequentare i giovani della zona.

“Sì, sono di qui – rispose in tono asciutto – ma è da molto che manco”. Dopodiché si voltò a guardare fuori dal finestrino, lanciando un chiaro messaggio a Marco: non aveva assolutamente voglia di fare conversazione.

Fortunatamente la casa era vicina e in pochi minuti arrivarono. Marco ne fu sollevato, quella ragazza aveva qualcosa che lo inquietava.

“Grazie per il passaggio” mormorò la ragazza.
“Di niente, figurati. A proposito, io sono Marco, piacere.”
“Io sono Laura. Grazie per il passaggio e buonanotte”. Detto questo si voltò e cominciò a camminare verso casa.

“Che ragazza particolare” pensò Marco e si rimise a guidare. Era quasi contento che Laura fosse scesa dall’auto: c’era qualcosa che non lo convinceva in lei. Tornato a casa si infilò subito a letto e cadde in un sonno profondo. La mattina dopo, essendo il suo giorno libero, si alzò tardi, mangiò un boccone e, notando che il frigo era semi vuoto, decise di andare a fare la spesa. Appena entrato in auto notò qualcosa sotto il sedile del passeggero: era una borsetta.

“Accidenti! – esclamò – Laura deve averla dimenticata ieri sera”. Suo malgrado decise di riconsegnarla alla proprietaria e si recò a casa di Laura. Era una villetta piccola ma graziosa, con un piccolo giardino sul davanti. Suonò il campanello e attese. Pochi secondi dopo venne ad aprire una signora di mezza età.
“Buongiorno signora, sono il ragazzo che ha accompagnato a casa Laura ieri sera. Ha dimenticato la sua borsetta in macchina, eccola”. La signora, senza nemmeno guardare la borsa, rimase a fissarlo con un’aria prima triste e poi arrabbiata e gli rispose brusca: “Credi di essere divertente? Vattene da qui prima che chiami qualcuno” e gli sbatté la porta in faccia.

Marco rimase molto sorpreso da questo comportamento e, non sapendo che fare, suonò di nuovo il campanello. Questa volta ad aprire fu un uomo, probabilmente il marito della signora.

“Che cosa vuoi ancora? Non ti sei divertito abbastanza?”
“Guardi che non so di cosa sta parlando! Io vengo solo a restituire la borsa a Laura. Sono venuto fin qui apposta e voi mi trattate così? Ecco, prendetela, non manca niente controllate pure!”

Detto questo diede bruscamente la borsetta all’uomo. A questo punto sentì la voce della donna che gli aveva aperto la porta poc’anzi dire al marito: “Laura ne aveva una così”. L’uomo allora cominciò a frugare nella borsetta e, dopo aver trovato i documenti di Laura, scoppiò a piangere. Il ragazzo a questo punto non capiva più niente. Ma dove diavolo era capitato? Che famiglia di matti era mai quella? Stava per andarsene quando l’uomo lo prese per un braccio e gli chiese, piangendo: “Dove hai trovato questa borsa? Chi te l’ha data? Rispondi!”

Marco ripeté di nuovo quello che era successo la sera precedente, descrivendo nel dettaglio i fatti e la ragazza. A questo punto uscì la donna che esclamò: “Ma è impossibile! La nostra Laura è morta quindici anni fa!”.

Marco scoprì successivamente che Laura era una ragazza di appena 23 anni, morta quindici anni prima. Stava tornando da una festa in autostop quando venne travolta da un’auto: il conducente aveva sbandato, probabilmente a causa di un colpo di sonno.