Kim Kardashian inciampa ancora sull’appropriazione culturale, stavolta in mutande (contenitive)

Con l’annuncio della sua nuova linea di intimo modellante “Kimono Intimates”, Kim Kardashian ha scatenato l’ira della comunità giapponese sul web. Quest’ultima urla all’appropriazione culturale e risponde con l’hashtag #KimOhno a quello che sembra un tentativo di utilizzare il nome dell’abito tradizionale giapponese per una mossa di marketing.

Il Victoria and Albert Museum di Londra afferma che il kimono “rappresenta l’essenza dell’essere giapponesi e viene indossato dalla famiglia reale giapponese nelle occasioni ufficiali”. Le immagini ricamate sugli abiti sono significative e caratteristiche e si tramandano di generazione in generazione. Kimono in giapponese significa ”cosa da indossare sulle spalle” ed è caratterizzato da maniche larghe e scollo a V che si allaccia senza bottoni, incrociandolo sul busto.

La linea

I prodotti che Kimono Intimates propone sono invece indumenti di lingerie e intimo modellante, studiati per fornire soluzioni efficaci a tutti i corpi femminili . La gamma offre rpodotti come corpetti contenitivi, guaine e affini, disponibili per tutte le carnagioni. Le affermazioni di inclusività ed efficacia della nuova linea promettono bene, ma i prodotti non hanno nulla a che vedere con il nome del marchio. Il nome è stato scelto per il gioco di parole che rievoca con ”Kim” nella mente del consumatore.

L’obiettivo estetico è fuorviante, perché le vestibilità dei concetti associati ad una stessa parola sono totalmente diversi. Inoltre il kimono originale è riconosciuto globalmente come abito tradizionale giapponese.

La querelle

Questa mossa commerciale non è piaciuta per nulla al pubblico asiatico, che sotto al post di ”reveal” della linea ha espresso il proprio dissenso con migliaia di commenti. ”Change the name!” cioè cambia il nome!

Per questo su Twitter l’hashtag #kimohno è uno dei topic scottanti della settimana su Instagram, con circa 7.000 post che ritraggono ragazze giapponesi indossare l’abito tradizionale per denunciare l’invalidità del nome del marchio e dimostrare che la cultura non è un parco giochi.

https://www.instagram.com/p/BzQJ_5vHvgY/

Yasuno Yoshisawa, cross culture consultant di professione e giapponese residente in California, su Twitter spiega che la mancanza di rispetto mostrata da Kim Kardashian con questa mossa pubblicitaria, tocca la cultura giapponese nel profondo perché: ”gli abiti vengono passati di generazione in generazione, apprezzati e indossati in occasioni come nascite, matrimoni e funerali”.

https://www.instagram.com/p/BzhoYOmgI0p/

Ecco perché molti giapponesi parlano di appropriazione culturale, fatta per giunta in modo molto superficiale. In effetti, anche ad un’orecchio inesperto potrebbe sembrare che la miliardaria moglie di Kanye West avrebbe potuto trovare un nome diverso per il suo nuovo brand. Ma come è noto, Kim Kardashian è la regina delle querelle culturali, e spesso ha guadagnato molto tramite le controversie che ha scatenato sui social. Sarà forse questa la sua abilissima strategia di marketing?

Lintervento delle autorità

Intanto, Daisaku Kadokawa, il sindaco di Kyoto ha scritto una lettera alla Kardashian-West chiedendole di riconsiderare il controverso nome della linea affermando che il kimono è ”simbolo dell’abilità artigiana e rappresenta profondamente gli ideali giapponesi di bellezza, spirito e valori”. Il sindaco invita inoltre la star di Calabasas a visitare Kyoto per poter ”apprezzare come la cultura del kimono viene reinterpretata nelle strade da turisti e non giapponesi e per poter comprendere la vera essenza della cultura del kimono, e dunque i pensieri della comunità giapponese tutta.

Sul sito change.org, Iamfukunishi ha lanciato una petizione per portare il malcontento della comunità cinese all’attenzione di Kim Kardashian in persona e negare il deposito del dominio Kimono Intimates. La petizione ha vinto con 136.904 sostenitori e sottoposta alla USPTO, Ufficio Americano per i marchi di fabbrica e brevetti.

La regina della discordia Kim non solo non ha risposto né alla lettera del sindaco di Kyoto né alla petizione, ma conferma di non voler ritirare il nome del marchio, del quale è ”profondamente orgogliosa, e che strizza volutamente l’occhio al dettaglio e all’eleganza”. La star televisiva si è difesa dalle critiche provenienti dal mondo del web affermando di capire e rispettare profondamente la cultura giapponese, e il significato del kimono nella cultura giapponese, e per questo ha dichiarato che non creerà abiti che possano richiamare o mancare di rispetto allo stile dell’abito tradizionale.

Le accuse di appropriazione culturale mosse alla miliardaria rischiano di passare in secondo piano, alla luce di queste sue ultime dichiarazioni. Ma il popolo del web non dimentica. Secoli di storia e tradizione non potranno mai essere sotterrati da un brand di intimo modellante, e neanche ridicolizzati. Noi in redazione siamo sicuri che invece la Kardashian ed il suo team facciano ben poco per non apparire superficiali e impreparati, soprattutto quando si parla di moda e costume, e non di tendenze.

Irene Coltrinari