Boetti, all’anagrafe Damiano Grazzini, è un giovane cantautore di trent’anni che da sempre vive di musica. Dopo esperienze con band e su molteplici palchi, la sua carriera musicale da solista inizia con la pubblicazione del suo primo album intitolato “Blue”, uscito nel 2021. Abbiamo avuto l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con lui per l’uscita del nuovo singolo “Ragazzo mio” che anticipa il nuovo album “Romanzo porno” disponibile dal 24 novembre. Non perdetevi questa intervista per scoprire tutti i retroscena di questo progetto musicale.
Se dovessi scegliere solo tre aggettivi per descriverti, quali useresti?
Intransigente, ossessivo, trasparente.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica e perché hai scelto questo nome d’arte?
Non ho mai avuto un principio scatenante o un esempio concreto da seguire. Certo vengo da una famiglia in cui si ascoltava buona musica (ma penso sia una cosa che accade in tutte le famiglie), perciò ho solo saputo assorbire quello che sentivo fin da bambino. Mi ricordo canzoni come “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers” di De André, che mi affascinava perché diceva le parolacce, oppure “Non farti cadere le braccia” di Bennato – che fa la rima “occhi-ginocchi” sbattendosene del plurale corretto “ginocchia”. Il profondo senso di libertà che questi personaggi esprimevano mi ha spinto a voler fare il cantautore. Ho poi scelto il cognome di un artista del passato, Alighiero Boetti, perché sentivo di condividere con lui alcune delle tematiche alla base del processo creativo.
Venerdì 10 novembre è uscito il tuo nuovo singolo “Ragazzo mio”, un pezzo scritto pensando a un amico fraterno con cui hai condiviso tante avventure, sia private che “professionali”. Chi è questa persona?
Si tratta di un quasi fratello, per me figlio unico, con cui ho condiviso buona parte della strada artistica. Fare musica con qualcuno vuol dire mettere a rischio la vita di entrambi, passare attraverso rinunce, investimenti a fondo perduto, delusioni e montagne russe umorali. Questo crea inevitabilmente legami indissolubili, perché sia vinti che vincitori alla fine del gioco si sopravvive, se ne esce. L’errore che ho fatto è stato dare per scontato che la mia voglia di continuare nonostante tutto fosse anche sua, che arrivati a un certo punto non potevamo fare altro che rincarare la dose invece che retrocedere. La canzone nasce più precisamente non dall’evento in sé, ma dal senso di colpa che ho provato quando mi sono reso conto di essere stato incapace di ascoltare.
Hai raccontato che “Ragazzo mio” nasce dall’esigenza di manifestare il dolore provato in seguito a questa rottura. Vi siete sentiti in seguito all’uscita del pezzo? Qual è stata la sua reazione a questo brano?
Ancora non ci siamo sentiti, perché la vita adulta e il mondo attuale frenetico e alienante ci stanno trasformando in isole. Molti trentenni o giù di lì si ritrovano ad avere in media più di un lavoro per arrivare a guadagnare uno stipendio dignitoso a fine mese. La stimolazione “ricreativa” che riceviamo ogni giorno dal nostro telefono contribuisce allo sviluppo della nostra individualità, mai in relazione all’altro. Stiamo tutti rincorrendo qualcosa, ma ci siamo dimenticati cosa.
Questo singolo anticipa l’uscita del tuo nuovo album “Romanzo porno”, disponibile dal 24 novembre. Come mai la scelta di questo titolo?
Cercavo un titolo che spiegasse al meglio la compenetrazione degli opposti. È un disco che parla di privato, ma inserito comunque nel contesto storico e politico degli ultimi anni. “Romanzo”, quindi, è la parte sentimentale-emotiva (da “romance”), mentre “porno” rappresenta la parte “ob-scaena”, ovvero fuori dalla scena e per certi versi proibita, ma solo perché nascosta nell’intimo. Non volevo generare un ossimoro: i due termini vanno d’accordo e questo significa che nell’album si arriva a parlare di tutto, senza paura.
Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo disco? Quanto è “porno” questo progetto?
Porno al 50%, ma come dicevo sopra è da intendersi non in senso erotico, piuttosto di vergognoso e imbarazzante in quanto privato stretto. In un’epoca così ipernormativa ogni cosa è standardizzata: dai sentimenti ai corpi, dalle parole ai comportamenti, tutto deve corrispondere a un canone. Questo fa sì che un semplice elemento quotidiano, famigliare, finisca per sembrarci un atto eversivo a livello di narrazione. Quando per strada avviene un incidente e noi ci passiamo vicino, non resistiamo alla tentazione voyeuristica di guardare, ma allo stesso tempo proveremmo repulsione se vedessimo che qualcuno si è ferito. Questo paradosso è il concetto di porno che sta alla base del mio ragionamento.
Hai in programma qualche live? Dove e quando possiamo venire a sentirti?
Per fortuna da questa estate sono ripartito con i live. Mi sono concesso di suonare le nuove canzoni qua e là in anteprima negli scorsi mesi e ho programmato la parte più corposa delle date dalla fine di novembre, una volta uscito il disco. Faremo un evento speciale a Roma (a breve comunicheremo quando e dove), che è la città in cui abito, ma non vedo l’ora anche di poter tornare in città in cui sono stato accolto benissimo come Cremona o Bologna. Così come sono curioso di scoprire nuovi ambienti come ad esempio Pisa, dove suonerò il 17 Febbraio al Cantiere SanBernardo – una chiesa sconsacrata, ora posto occupato, che ha ospitato la live session di registrazione dei due brani finora pubblicati che potete trovare su YouTube. Oggi più che mai suonare è fondamentale per non perdere il contatto con la realtà.