Intervista a Zic: “Le canzoni esistono quando diventano di chi le ascolta”

Tre anni fa è stato allievo della scuola di Amici. Già allora si era fatto notare per una personalità forte e per l’urgenza di cantare solo le cose che scrive.

Oggi Zic non è solo un musicista e un autore di canzoni, ma anche produttore. Il suo “Smarties”, pubblicato nel maggio 2020, è l’esplosione di due anni passati a scrivere e a sperimentare.

Il disco prodotto con Pio Stefanini è un mix di chi è oggi Zic il quale mette nei suoi brani storie di vita vissuta, compreso l’aver ballato dentro un ascensore dell’Ikea.

Se “Faceva caldo”, rilasciato due anni fa, è stato l’album che ha segnato l’inizio del percorso musicale di Zic, “Smarties” traccia una linea ben precisa e netta rispetto al passato.

Di Smarties e di tanto altro ne abbiamo chiacchierato telefonicamente qualche pomeriggio fa con Zic.

Abbiamo imparato a conoscerti ad Amici17. Cosa è rimasto dello Zic dell’esperienza televisiva e chi è oggi Zic?

Credo che in un’età giovane come la mia le persone cambiano. Sono sempre io con qualche esperienza e delusione in più. È cambiato il mio modo di vedere il mondo, di affrontarlo e di assorbire le esperienze. Penso che vorrei semplicemente essere uno che fa musica nella vita e mi auguro di riuscirci.

Quanto ha influito Amici17 nel tuo modo di approcciare e di fare la musica?

Quando sono andato ad Amici17 ero una persona che scriveva e faceva musica, ma non la producevo. Grazie al mio produttore Pio Stefanini con il quale lavoro da anni e ho lavorato anche per il nuovo album, ho avuto l’occasione di confrontarmi anche con il mondo della produzione. Questa cosa mi ha dato tanta libertà perché dal momento in cui sei autonomo puoi davvero fare delle cose nuove e dare sfogo alla tua musica per intero creando nuovi suoni.

Oltre ad essere la parte divertente del lavoro, adesso per me la produzione è fondamentale perché mi permette di esprimermi al cento per cento e mi ritengo più completo.

Dopo “Faceva caldo”, il 25 maggio è arrivato il tuo nuovo album. 14 canzoni inedite prodotte e arrangiate da te e da Pio Stefanini e sigillate da un titolo quale “Smarties”. Ci racconti com’è nato questo album? Se ha un suo filo conduttore? Come sono state scritte le canzoni e perché proprio smarties?

Per me è vero il fatto che un album te lo senti. Dopo che scrivi di continuo per due anni, alla fine arriva un giorno in cui scrivi cose che ti piacciono e ti viene voglia di fare un album, anche perché io volevo ritornare e volevo farlo con un progetto grosso. Per me finchè lavori in studio e crei, non esisti. Avevo proprio il bisogno di tornare ad esistere soprattutto perché le canzoni esistono quando diventano di chi le ascolta. Fino a quel momento sono la cosa più immateriale del mondo.

Come sono state scritte le canzoni e perché proprio “Smarties”?

Hai presente gli smarties, quei piccoli confetti di cioccolato tutti colorati? Mi piaceva riprendere l’idea di questi confetti così piccoli eppure pieni di tenerezza. Volevo più far leva sul sentimento e sul ricordo degli smarties. Io li lego alla mia infanzia e al sentimento della tenerezza che è per me il filo conduttore che governa tutto l’album.

Tutte le canzoni del disco sono piccole, proprio come gli smarties, ma hanno molta importanza perché parlano di cose che tutti possono avere nella vita.

Nel disco non c’è una cosa che io non abbia vissuto. La verità, la semplicità e il piccolo formano la mia poetica.

Nell’album c’è la collaborazione di Bonshakara e Jaredleti. Come sono nate e perché proprio in queste canzoni?

Bonshakara, in realtà, è un’etichetta discografica che abbiamo creato lo scorso anno con Pio Stefanini, Jared Leti e Mike Defunto, amici e collaboratori.

L’anno scorso abbiamo condiviso molto tempo insieme. L’unico feat è con Jared Leti in “Spacca”, un mega viaggione notturno ed è uno dei pezzi a cui sono più legato dell’album e che mi ricorda un bellissimo momento.

Interessante il diverso lavoro sugli arrangiamenti rispetto al precedente album. Da dove sei partito? Quali le ispirazioni e le direzioni che volevi raggiungere e soprattutto quanto ti eri prefissato è stato raggiunto?

Il mio approccio è stato diverso. Non decidi di scrivere canzoni o album, semplicemente sei in balia di cosa accade. Quello ti fa venire voglia di scrivere e di collegare altre cose. Ciò che mi emoziona mi fa venire voglia di scrivere. Ho fatto musica e la mia musica cambia con me. “Faceva caldo” è un disco a cui voglio bene, ma è lontano dalla mia concezione di musica oggi.

È stato un disco che ha avuto tanto coraggio perché pieno di brani slegati tra loro o che non scriverei mai.

Cerchiamo di guardare al futuro. Quali sono i progetti in ballo?

Difficile a dirlo. Ci sono voluti due anni per uscire con un nuovo album che per me oggi è un grosso progetto. Per adesso mi sto concentrando a dare valore a questo album e a tenerlo su il più possibile, come credo sia giusto. Non è nel mio stile fare un figlio e abbandonarlo subito dopo. Non ho mai smesso di scrivere, neppure in quarantena.

Il mio palcoscenico rimarrà Instagram o Spotify e spero di non dover far aspettare altri due anni per far uscire musica nuova.

Sandy Sciuto