Intervista a Vincenzo Spampinato: “I sognatori cambieranno il mondo”

Di Marcello Mazzari e Sandy Sciuto

È stato Vincenzo Spampinato ad aprire i Catania Book Days, rassegna letteraria che precede la prima edizione del Catania Book Festival nella libreria “Fenice” di Catania, stracolma di gente ammaliata e ipnotizzata dai racconti e dalla musica dell’autore catanese.

Per l’occasione, Vincenzo Spampinato ha presentato la sua ultima opera “Fioriranno i mandorli sulla Luna”, edita da Carthago Edizioni. L’opera è una raccolta di brevi “cose scritte”, dove si ritorna a parlare di luna, di mare e di nuvole, decise da colpi di mouse e di calamaio. Fotografie di un antico/nuovo mondo poetico, spettinato a volte dal photoshop, con un piede su whatsapp e l’altro sul Novecento. Trattasi di viaggiatori del sogno, che parlano d’amore, di conchiglie stereofoniche, di baci in punta di piedi, che lasciano il mare per toccare il cielo e di carezze che hanno spento i grattacieli di New York!

Autore televisivo, cantautore e scrittore. Il rapporto con le parole e la musica da sempre segna la vita del catanese Vincenzo Spampinato, uomo con un curriculum incredibile per esperienze professionali ed incontri che gli hanno stravolto la vita.

Poco prima della presentazione, abbiamo chiacchierato con il primo protagonista dei Catania Book Days  che si  è raccontato tra passato e presente.

Vincenzo Spampinato, è lei ad aprire i Catania Book Days. Quali sono le sensazioni? Come vive questa cosa?

Io la vivo sempre da curioso. La mia è una curiosità artistica e culturale. Ho sempre creduto in questa città. Oggi è anche più particolare. Siamo veramente nel centro di Catania, in mezzo al barocco e alla Catania che amo di più ossia quella in bianco e nero. Quindi sono felice di aprire questa manifestazione. Sono lusingato e onorato che hanno pensato a me.

Apre la rassegna e presenta la sua ultima opera “Fioriranno i mandorli sulla Luna”. Come mai questo titolo? Qual è l’ispirazione su cui si basa?

Io sono sempre stato un uomo di parole. La scrittura mi appartiene, scrivendo canzoni e storie. Ho avuto la fortuna di avere insegnanti che credevano nelle parole a differenza di oggi invece che l’uso della parola è molto effimero. Oggi si dà la parola e non si rispetta. Per usare le parole di Roberto Sanesi: “Sono delle cose scritte”. Il libro è un insieme di ricordi, esperienze, speranze. Il titolo è da sognatori. Io sono un sognatore. Molti pensano che i sognatori siano delle persone che stanno sulle nuvole, come diceva Flaiano. Non è così. In realtà, il sognatore è quello che cambierà il mondo. È il sognatore che crede assolutamente che quella cosa cambierà. Io ci ho provato a cambiare il mondo, ma non ci sono riuscito però ci credo ancora e quindi voglio rimanere sognatore per sempre.

Ripercorrendo la sua vita, ho scoperto il suo curriculum pieno di esperienze importanti: autore di canzoni, cantautore, autore televisivo e anche scrittore…

(arrossisce n.d.r.) Io ti ringrazio, ma sono arrossito. Sul palco sono spavaldo, ma in realtà sono un timido. Io ho fatto tante cose, è vero. Ho lavorato nella pubblicità, in Tv, nel cinema, nel teatro, ma soprattutto io sono uno scrittore di canzoni. Quindi ho avuto delle frequentazioni bellissime. Ho avuto la fortuna di incontrare un sacco di gente come ad esempio stare una sera a cena con Alberto Sordi mentre mi raccontava delle cose, con Albertazzi, con Milva o con il Quartetto Cetra. Oppure avere mia figlia in braccio e passarla alle gemelle Kessler. Sono state delle botte di fortune che capitano nella vita. Da queste persone c’era solo da imparare ed io l’ho fatto. Venivo da una famiglia di professori e ho scelto di fare l’alunno. Ho fatto tante cose, ma ti svelo un segreto: a sessant’anni ho ancora voglia di farne tante altre perché i miei sogni ancora continuano a crescere.

Il libro è accompagnato da fotografie: di chi sono? E come mai ha fatto questa scelta?

Le stupende foto che accompagnano il libro sono di Cosimo Di Guardo. Cosimo è un amico, non l’ho chiamato ‘a caso’ o per qualche strano motivo, ma perché sapevo che il suo lavoro avrebbe arricchito e in un certo senso completato il libro. È stata davvero una scelta di cuore.

Ci può fare un quadro dello stato della musica italiana oggi secondo lei? Come stava, come sta e come starà, e se ci sono degli autori o dei cantanti in generale che lei considera tutt’oggi degli importanti punti di riferimento.

Io credo che la musica sia ‘un mare sempre in movimento’, per usare una metafora. Quello che posso dirti in base al mio vissuto, è che quando ero bambino sicuramente c’era un tipo di Sanremo, mentre quando poi all’improvviso spuntò una persona che allora come oggi definisco meravigliosa e straordinaria, tutto cambiò. Parlo di Domenico Modugno, che io ho avuto anche il piacere di conoscere proprio a Sanremo quando vinsi il Premio Tenco. In quegli anni, in un momento in cui la musica aveva preso un’altra direzione, Domenico aprì le braccia e disse ‘Volare’. Ecco, posso dire che quella (parla della nota canzone ‘Volare’ del cantautore pugliese, ndr.) fu la prima vera rivoluzione della musica pop italiana. Successivamente, abbiamo dovuto aspettare fino a Battisti per averne un’altra, e adesso probabilmente siamo in attesa di una terza. Oggi c’è una musica diversa ma che fondamentalmente alla fine cerca sempre il cuore delle persone: ci sono i nuovi cantanti, i rapper, i talent e in generale delle ‘belle cose’. Io ascolto tutti perché, come dico sempre anche ai miei allievi, credo che nessuno di noi debba essere settoriale in quello che ascolta. La musica è varia ma non per questo c’è qualcosa meglio di un’altra: sono mondi diversi, ma tutti vogliono comunicare un messaggio. C’è quel detto, un po’ retorico, che dice che esiste la ‘musica bella’ e la ‘musica brutta’. Io mi permetto di parafrasarlo dicendo che in realtà ci sono due tipi di musica: quella che entra e quella che rimbalza. La prima è quella musica che ognuno di noi aspetta, che ci completa, che ci fa crescere e che rimane; la seconda è quella musica che può anche essere bella ma che alla fine non ci lascia niente e quindi ‘rimbalzerà via’ dal nostro cuore.

In questo grande percorso della sua lunga carriera, quanto ha inciso per lei l’essere siciliano? È stata una marcia in più?

Sì, onestamente per me è sempre stata una marcia in più. Quando inizio qualsiasi mia attività in pubblico, che sia uno spettacolo, una presentazione come oggi o altro, io ribadisco sempre la mia ‘sicilianità’, di cui vado molto fiero.
Penso che essere siciliano sia comunque un ‘passepartout’: ti fa avere, anche inconsapevolmente, quella dose di ironia che ci permette di non prenderci sempre troppo sul serio. Nella vita ci vuole quella semplicità e quella genuinità che ci può rendere persone piacevoli: penso che questa sia una delle ‘caratteristiche’ migliori di noi siciliani.