Intervista a Erio: “Ecco Inesse, il mio nuovo album”

Se ancora non avete ascoltato Erio, sappiate che avete perso un’occasione per conoscere un artista che vive la musica con passione e voglia di ricerca. Ma siete ancora in tempo per rimediare!

Erio, all’anagrafe Fabiano Franovich, ha pubblicato di recente il suo secondo progetto discografico dal titolo “Inesse” ed è stato protagonista anche del concertone del Primo Maggio a Roma. Ecco la nostra intervista in cui Erio ci ha raccontato dell’album e anche qualche novità in più…

Erio, un ruolo fondamentale per l’inizio della tua carriera hanno avuto tua madre e la casa discografica La Tempesta. Ci racconti quando hai capito che non avresti fatto della musica solo un hobby ma bensì un lavoro?

Non saprei. Nella realtà dei fatti c’è ancora molta incertezza economica in quello che faccio, quindi non saprei se definirlo un lavoro sia esatto. In questi anni mi sono sempre mantenuto in altre maniere. Da un lato è stato faticoso, dall’altro questo mi ha permesso di vivere la musica in libertà senza pressioni di tipo economico. So che il mio progetto non è dei più immediati, quindi sono stato fortunatissimo a poterlo sviluppare così come preferisco.

Il tuo nuovo progetto discografico è arrivato dopo tre anni dal precedente: quanto è maturato Erio in questi anni?

Credo che sia musicalmente che a livello personale ci siano state diverse dinamiche che mi hanno permesso di cambiare, spero in meglio. Se sia una vera e propria maturazione non lo so, perché mi sento ancora troppo naïf rispetto a quello che sarebbe utile essere. Credo che essere produttore sia artistico che esecutivo di questo mio secondo disco sia stato un passo avanti decisivo e soddisfacente nel mio percorso, ma anche che mi abbia aperto gli occhi riguardo ai difficili funzionamenti del mondo musicale.

Sia il titolo che la copertina del tuo ultimo lavoro sono particolari: perché questa scelta e qual è il loro significato?

Il tema principale di questo disco è la confusione in cui mi trovavo durante la sua scrittura, confusione che nasce dalla necessità di compiere delle scelte nella vita.  Für El, il mio primo disco, era tutto incentrato su una sicurezza, quella di amare di una certa persona e volere fare di tutto per averla. In questo secondo disco al contrario ogni brano ha una sua piccola storia, un piccolo capitolo, un tentativo che si apre e conclude nello spazio di una canzone. L’unico filo conduttore è questa sorta di IO che narra, questa sorta di forza interiore indipendente da dinamiche esterne, che ho cercato di descrivere con la parola INESSE, che in latino significa “essere dentro”. I tre personaggi sulla copertina, che ho dipinto io a mano, invece, e che rappresentano le varie personalità e possibilità che coesistono in un individuo, invitano con lo sguardo chi ha in mano il disco a entrare nel mondo nascosto che proteggono.

“Inesse” è ricco di sonorità diametralmente opposte a ciò che il mercato della musica chiede e vende. C’è molta qualità e molta ricerca sonora. Cosa pensi dell’indie, della trap e dell’uso dell’autotune?

Grazie del complimento. Non so bene cosa voglia il mercato della musica, perché me lo sono chiesto raramente. Non so neanche se sia giusto chiamarlo mercato della musica, dato che oggi la musica è un servizio gratuito in cui infilare pubblicità. La vera cosa in vendita è l’attenzione del consumatore, quindi penso che tutte le scelte discografiche a livelli alti siano influenzate da questo spostamento di focus. “Indie”non so cosa voglia dire, almeno in Italia. In teoria vorrebbe dire “indipendente”, quindi ci sarei in mezzo anche io, in quanto non sotto contratto discografico con una major, ma mi pare di capire che ultimamente venga utilizzato per indentificare certi progetti mainstream che non conosco abbastanza bene da poter commentare. La trap, invece, è stata uno degli elementi di ispirazione del mio disco, per un certo uso dei bassi e delle drum machine e anche dell’autotune, che uso in certi vocalizzi (come effetto di distorsione voluto; poi c’è l’autotune o altro software che tutti usiamo per intonare le voci nei dischi senza che si senta -se usato bene- dal 1995 e quello non è una prerogativa della trap). Ad ogni modo, non seguo la trap italiana. La ascolto solo di passaggio attraverso i miei fratelli piccoli, che invece ascoltano solo quella. Credo che come in tutte le cose ci sarà chi la fa meglio di altri, chi si evolverà e farà cose belle anche in futuro e chi durerà una stagione e poi dovrà trovarsi un altro lavoro.

Nel disco ci sono collaborazioni con Yakamoto Kotzuga, Ioshi e Will Rendle. Come sono nate? Ci racconteresti qualche dietro le quinte?

Le collaborazioni sono nate tutte in maniera spontanea, facendo musica per divertimento. Con Yakamoto abbiamo buttato giù l’idea di fare qualcosa insieme nel backstage del mio primo concerto a La Tempesta al Rivolta nel 2015. Ci siamo scambiati alcuni demo, avanti e indietro per mesi, e le due canzoni in INESSE sono le due che per ora abbiamo terminato. Abbiamo un modo di lavorare simile, quindi ci siamo trovati molto bene.
Con IOSHI avevo già collaborato su El’s Book. Il beat è suo. Kill it! Kill it! inizialmente era un remix della mia canzone del 2015 “Cafeteria”, ma l’arrangiamento era così bello che ho chiesto a lui se potevamo farci qualcosa di nuovo ed è venuta fuori una delle canzoni più belle del disco, a mio parere.

Will Rendle l’ho conosciuto a un suo concerto con Will and the People in Italia e da lì ci siamo scambiati dei demo. Si è proposto di produrre una traccia e così è nata “Limerence”.


Hai calcato il palco del Concerto del Primo Maggio 2018 a Roma: quale ricordo conserverai di questa esperienza?

È stato tutto molto divertente, quindi è difficile scegliere una cosa in particolare! Il ricordo che più difficilmente riuscirà ad abbandonare la mia mente è però sicuramente la quantità impressionante di fave ovunque nel backstage. Non so da dove nasca la necessità di avere tanti ortaggi come snack, ma è sicuramente un’usanza salutare, quindi anche se non ne ho mangiata una, mi porterò tutte quelle fave nel cuore. Quelle e il vino gratis!


Sei in giro per l’Italia con il tour. Quanto è importante per te il rapporto diretto con il pubblico?

È sempre molto bello incontrare gente e proporre la tua musica di persona, soprattutto adesso che la promozione avviene principalmente attraverso i social media. Tutto diventa reale solo nel momento in cui sali sul palco, anche se a volte è difficile riproporre una cosa nata nella privatezza della propria stanza di fronte a degli sconosciuti.

Un nuovo album e un nuovo tour, ma cos’altro ancora ti aspetti da questo 2018?

Non so! Può succedere di tutto… vorrei cominciare a registrare cose nuove e vedere dove mi porteranno. Ho un processo creativo molto lungo e scoordinato, quindi non devo sedermi sugli allori!

Sandy Sciuto