Il mercante di monologhi: la Commedia dell’arte nella frenesia dei nostri tempi

Ospitato dal 2 al 5 marzo al Teatro del Canovaccio di Catania, lo spettacolo Il mercante di monologhi di Matthias Martelli per la compagnia teatrale Palco Off, unisce la tradizione della commedia dell’arte alla satira contemporanea, affidandosi ad un mercante sui generis, il quale non vende al pubblico beni materiali, ma monologhi e riflessioni, in cambio di una “cospicua dose” di applausi.

L’attore, regista e sceneggiatore Matthias Martelli, porta anche in Sicilia il suo spettacolo, prodotto dal Teatro della Caduta di Torino, che dal 2013, con più di 250 repliche, ha girato un po’ tutta Italia. Formatosi prima alla Performing Arts University di Torino, poi divenuto allievo di Dario Fo, Martelli è uno dei pochi a rappresentare in Italia l’opera Mistero Buffo, scritta dal premio nobel per la letteratura.

In questo spettacolo di monologhi, di sua creazione, il giovane interprete mostra grande padronanza sul palco, privilegiando una recitazione volutamente sopra le righe, che potremmo definire “giullaresca” e istrionica, che, lungi dall’essere improvvisata, è in realtà frutto di un attenta preparazione, perfezionata nel tempo.

Sfruttando il suo carretto da mercante, che come l’attore è multitasking (può fungere contemporaneamente da palco, ma anche da appendiabiti), a Matthias Martelli basta indossare un indumento tra quelli da lui predisposti per entrare nel personaggio e diventare ogni volta una maschera diversa. In questo modo, stuzzicando spesso l’attenzione e l’interazione del pubblico negli intermezzi tra un monologo e l’ altro (con gli escamotage più svariati), si alternano monologhi comici di personaggi inventati dall’autore e rielaborazioni di testi già esistenti, spesso più serie e riflessive. Ad un’ ironia surreale e versatile, che passa con disinvoltura da un “mitragliamento” di strafalcioni linguistici, a testi e maschere del teatro popolare, l’attore accompagna sempre una gestualità accentuata, da vero e proprio guitto, che non risulta però mai grossolana. Un’espressività che appare “sovrabbondante” (e proprio per questo fa ridere), ma che è, in realtà, studiata con grande cura e si amalgama bene con i testi surreali e satirici dell’autore. Ritmo e tempistiche sono state collaudate dal regista nel corso delle tante repliche dello spettacolo. Il metodo scelto è quello del teatro fisico, che Matthias Martelli prende da Dario Fo, suo mentore e dalla Commedia dell’arte. Non a caso lo spettacolo comincia rivisitando una delle più antiche maschere popolari: quella veneziana dello Zanni, il contadino e servitore, talmente povero da avere sempre fame, al punto da essere portato a mangiare qualsiasi cosa, perfino se stesso. A ben guardare tutti i personaggi inventati dall’autore hanno in realtà un tratto comune alle maschere popolari: sono l’estrema esagerazione di una condizione o uno status; vengono utilizzate per esorcizzare le paure o ridicolizzare situazioni tipiche della società contemporanea

Così come lo Zanni è emblema grottesco della povertà e dalla “fame più nera”; il Sacerdote del web, intelligente e acuto personaggio inventato da Matthias Martelli, è una maschera che simboleggia la nostra dipendenza dalle tecnologie, oggi. L’esperimento, ben riuscito dell’autore, quindi, è quello di applicare la Commedia dell’arte ai nostri giorni: di creare delle nuove maschere, che, come quelle del passato, siano universali, per rappresentare con iperboli ed esagerazioni comiche la nostra condizione, i nostri disagi. le nostre paure.In poche parole: far rivivere la commedia dell’arte nella modernità, non tratteggiando uno specifico personaggio dei nostri giorni, in tal caso, infatti, si avrebbe una imitazione, ma cercando di creare un modello, una maschera fittizia che possa rappresentare e farsi carico dei problemi della nostra società (in tal senso l’aver riproposto lo Zanni a inizio spettacolo può essere letto come la volontà di rappresentare la Crisi economica europea e mondiale). Così come il Sacerdote del web, sottolinea la nostra dipendenza per le tecnologie (tema sfruttato di recente anche al cinema, si veda Perfetti Sconosciuti); il Professore antropologo, che “bombarda” gli spettatori di strafalcioni linguistici, incarna la crisi della scuola e dell’istruzione, che a causa dei tagli, si è ridotta ad utilizzare metodi assolutamente inadatti per l’insegnamento (come ripetere un improbabile rito di trasmigrazione di una tribù inesistente); per arrivare al Politico, che prima di parlare in pubblico usa un dado per sapere cosa dovrà dire. In tutti questi casi la satira non è annunciata a gran voce, ma è tra le righe della comicità; è sottile, quasi suggerita al pubblico, tra una risata ed un altra.

 Molti dei personaggi creati da Martelli, oltre ad usare un linguaggio assolutamente improprio, pieno di errori – e qui si evince anche la cura minuziosa e la stravaganza con cui sono stati scritti i testi – sembrano non sapere bene nemmeno loro cosa stiano facendo, nonostante abbiano un chiaro ruolo da svolgere. Si “perdono per strada” e questo, oltre a far ridere gli spettatori, fa emergere il loro vuoto e con esso quello della nostra società, che l’attore-regista vuole denunciare. Non a caso molti di loro “impazziscono” nel finale, quasi travolti dalla frenesia folle della nostra epoca, che sia quella dei social, oppure quella della retorica politica fine a se stessa. A questi contenuti, il mercante ne oppone altri, nei momenti più riflessivi, come l’elogio della lentezza, la denuncia contro la guerra (da Trilussa) o la celebrazione dell’arte. Come si evince da quanto detto, dietro il divertimento suscitato dai monologhi c’è di più: la scelta delle maschere non è casuale come il mercante vorrebbe farci credere all’inizio dello spettacolo, ma ha un filo conduttore già tracciato e reca con se dei messaggi, comunicati attraverso una satira di fondo, garbata e non retorica, che vuole invitare a far far riflettere, intrattenendo. Simpatico anche lo spazio dedicato al colloquio col “Mercante di monologhi” nel dopo spettacolo, in compagnia di Matthias Martelli e del direttore artistico di Palco Off Francesca Vitale. Generosa l’ interazione col pubblico nel rispondere a domande e a curiosità sulla rappresentazione e sull’incontro del giovane attore con Dario Fo. 

Francesco Bellia