Il carbone vegetale entra in cucina, ma farà poi bene davvero?

Negli ultimi tempi sugli scaffali delle panetterie italiane è sempre più presente il carbone vegetale. Si tratti di pizza, pane o addirittura cornetti, la nuova moda del “mangiar sano” sembra essere questa polvere nera, assai consumata per quanto dall’aspetto ben poco invitante.
Il mito che ha condotto al largo impiego del carbone vegetale nell’alimentazione di tutti i giorni è legato alla capacità di ridurre i problemi digestivi. Da ciò trae origine la credenza che un suo consumo regolare mescolato alla farina sia in grado di migliorare la digeribilirà dei prodotti da forno e, in generale, la funzionalità intestinale.
Ebbene, in tutta questa storia la verità è poca e ben nascosta, vediamo perché.
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Il carbone vegetale non è altro che il prodotto della combustione del legno in condizioni controllate quali elevata temperatura e moderato contenuto di ossigeno. Questo garantisce un prodotto purissimo, privo dei contaminanti che deriverebbero da una combustione incontrollata. La sua applicazione in ambito medico è legata alla sua struttura particolare, molto porosa, ed alla capacità di assorbire tossine ed altre sostanze inglobandole e limitandone l’assorbimento. Questo lo rende un potente antiveleno ed è per questo che viene fatto assumere in elevate quantità anche a chi sta per essere sottoposto ad una lavanda gastrica.
Nella vita di tutti i giorni, il carbone vegetale è diventato un diffusissimo integratore alimentare in quanto in grado di “sbloccare” una digestione difficile e contrastare tutta una serie di sintomi legati all’alimentazione. L’assunzione una tantum, però, non ha niente a che vedere con un’assunzione regolare la quale potrebbe, adirittura, essere dannosa.
Un fenomeno, questo, che non sembra essere legato alla struttura del carbone in sé quanto piuttosto alla sua capacità adsorbente. Come già detto, infatti, la sua qualità migliore è quella di legare un gran numero di sostanze e facilitarne l’eliminazione. Quindi, se assunto in eccesso, può essere causa di malassorbimento, in modo particolare dei farmaci. Legandosi ad essi ed avviandoli all’escrezione potrebbe impedire loro di esplicare la funzione e invalidare del tutto una terapia prescritta. Una moda salutista, dunque, ma non così salutare.
Per quanto non effettivamente dannoso, il carbone vegetale non possiede di certo tutte quelle proprietà benefiche che gli vengono attribuite, se assunto diversamente da come si dovrebbe, ossia al bisogno. Se è vero, poi, che anche l’occhio vuole la sua parte, il bianco della farina continuerà ad occupare il posto d’onore sulle nostre tavole e nel cuore degli italiani.
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Silvia D'Amico