Henry Holmes, l’eleganza spietata di un uomo d’altri tempi

Chicago, estate del 1886: un uomo elegante e distinto arriva in città, pieno di belle aspettative e speranzoso di realizzare il sogno americano… a modo suo. Quest’uomo rispondeva al nome di Herman Webster Mudgett, ma insieme alla residenza decide di cambiare anche identità in Henry Howard Holmes o semplicemente Dr. Holmes, come desiderava farsi chiamare.

Quanti film dell’orrore conosciamo nei quali vi sono case usate come trappole mortali per ignari passanti? Eppure, come spesso accade, la realtà supera la fantasia. Nella Chicago di fine Ottocento esisteva un edificio enorme, chiamato il castello, era stato costruito da Henry Howard Holmes (nato Herman Webster Mudgett) (Gilmanton, 16 maggio 1861-Filadelfia 7 maggio 1896). Questo stabile non era come tutti gli altri, aveva il secondo e il terzo piano simili a dei veri labirinti, con passaggi segreti, muri scorrevoli, spioncini, porte blindate. C’erano stanze segrete e camere insonorizzate, alcune botole sul pavimento si aprivano direttamente con scivoli che portavano alla cantina. Non è un caso che fosse strutturato in questo modo, perché Henry aveva una strana passione: collezionava vittime. Oggi lo definiremmo un Serial Killer, uno dei più prolifici, tanto da far impallidire il collega inglese Jack the Ripper. Oltre alla cantina, una vera e propria sala delle torture per gli ospiti, dove c’era una piscina con dell’acido corrosivo e un forno crematorio, esistevano anche molte altre stanze che in realtà fungevano da camere a gas per uccidere l’ignaro occupante. Tra le sue vittime troviamo i suoi stessi dipendenti, le sue amanti, una oltretutto incinta di suo figlio, ignari turisti o facoltosi signorotti in visita del famoso castello di Holmes. Holmes esegue tutte le esecuzioni personalmente, godendo terribilmente eccitato dal potere di vita e di morte che si ritrova tra le mani quando viene implorato dalle urla, dai rochi rantolii e dal silenzio. I più fortunati erano gli asfissiati, che morivano in pochi minuti sotto lo sguardo del dottore, quando non venivano bruciati con la semplice esplosione del gas.

Il suo modus operandi era sempre lo stesso: affittava una camera e poi, dove aver intrappolato l’ospite nel Castello, lo faceva morire nelle camere a gas. Gli scheletri venivano venduti alle università e questo gli creò una certa fortuna economica, che veniva alimentata anche dalle truffe alle assicurazioni, ma gli affari per Henry nel 1894 cominciarono ad andare male. Dopo alcune peripezie, tra le quali un complice che gli bruciò il castello, venne arrestato a Boston il 17 novembre del 1894 mentre cercava di fuggire in Europa. Sotto interrogatorio confessò prima 4 omicidi, successivamente arrivò a 27, quando però la polizia controllò i resti del castello, scoprì scheletri per oltre 150 persone, anche se si stimò che le vittime totali superassero il numero di 200. Processato e condannato a morte nell’autunno del 1895, Holmes in carcere scriverà un dettagliato resoconto di tutte le sue 133 vittime che cederà per 10.000$ pochi giorni prima della sua esecuzione. Impaurito solo dai profanatori di tombe, riusci ad ottenere il permesso per cementificare la propria, e neppure in punto di morte si pentirà dei suoi peccati, arrivando solo a ritrattare il numero a due vittime, mentre gli mettevano il cappio al collo. Pare addirittura che il suddetto cappio non fosse stato eseguito a regola d’arte, e che per 15 minuti Holmes rimase impiccato, vittima di un lento e doloroso strangolamento.

Del castello, luogo di atroci sofferenze, rimanevano solo alcuni resti che subirono un secondo incendio. Nel 1938 il governo vi costruì sopra un ufficio postale. In questi anni si è scoperto che esiste un tunnel sotto l’ufficio postale che corre lungo uno dei muri rimasti del castello. Si possono ancora vedere le tracce degli incendi. Di quel periodo si conserva solo il Museo dell’industria e della scienza, una delle poche strutture rimaste dell’Esposizione del 1893. Su di lui, circa dieci anni fa fu scritto il libro “Devil in the white City”, ma esisteva un progetto per farne un film, con Leornardo Di Caprio.

Claudia Ruiz