Come sopravvivere ad una guerra: la Svezia e i suoi opuscoli con le istruzioni

Si vis pacem para bellum”, uno dei proverbi più conosciuti in materia di guerra proviene, neanche a dirlo, dalla lingua latina, ironia vuole che il termine guerra andrà a vincere la battaglia semantica proprio a discapito della parola bellum, che per i romani consisteva in uno scontro ordinato di schieramenti disposti in file, mentre la wërra dell’antico tedesco di origine franca, era la parola usata per descrivere la loro “arte della guerra” ovvero, una mischia violenta e confusa.

Letteralmente tradotto con “Se vuoi la pace preparati alla guerra” viene solitamente visto come un motto che inneggia a lottare per i propri ideali, o che fa riferimento all’inesistenza della parola pace senza la presenza della parola conflitto, ma un’analisi più approfondita rivela che il para si riferisca ad una preparazione di studio, e cioè solo teorica, visto che solo chi conosce e comprende gli orrori delle guerra, può essere in grado di evitarla.

Storicamente, si è discusso molto anche sul piano filosofico della guerra, Eraclito considera la guerra elemento necessario per la pace poiché egli è convinto che l’armonia, l’ordine e la stabilità del mondo si basino sull’equilibrio degli opposti. Dal Rinascimento, possiamo apprezzare 2 visioni contrapposte da Erasmo Da Rotterdam e Machiavelli, il primo che considera l’uomo in guerra peggiore delle bestie, mentre il secondo la vede come uno strumento necessario nella costruzione del suo princeps.


L’illuminismo
, volto della ragione e della scienza, si schiera inevitabilmente contro quello che è considerato un atto mancato uso della ragione. Sorprenderà sapere che i Romantici invece non sono da considerarsi –solamente- orde di poeti effeminati senza spina dorsale, secondo esponenti come Fichte ed Hegel la guerra realizza la libertà dei singoli e delle nazioni e senza di essa le pagine dei libri di storia sarebbero bianche. A cavallo dell’800 il Generale Carl Von Clausewitz si occupa di una conoscenza scientifica della guerra isolandola dai connessi fenomeni, sociali, politici, morali o d’altra natura che l’accompagnano, diventando forse l’unico uomo a volerne formulare una epistemologia.

Dalla teoria Freudiana della guerra che permette ad una nazione di superare le proprie difficoltà interne ed unirsi contro uno scopo comune (vedi la Germania nazista), si passa alla concezione contemporanea di Michael Walzer filosofo statunitense che si occupa di filosofia politica e morale fautore della teoria della “Guerra giusta”. Secondo Walzer, l’intrapresa di una guerra presuppone da chi la mette in atto una giustificazione morale che riguarda la sua legittimità (lo ius ad bellum, il diritto di fare la guerra) e il modo di condurla (lo ius in bello, la guerra combattuta secondo giustizia), ma la legittimazione dell’autodifesa supposta dallo ius ad bellum decade nel momento in cui non è il singolo individuo a difendersi perché la guerra assume sempre un fenomeno di massa che sublima il concetto di autodifesa stesso.

Nel dubbio, in Svezia hanno deciso di prepararsi ad ogni eventualità e come accadde negli anni ’40 in occasione della WWII e nel ’61 in occasione della Guerra fredda. Nei trent’anni successivi la Svezia ha fatto altre versioni aggiornate, ma sempre e solo a uso esclusivo del governo. Nella versione che verrà distribuita a partire dalla prossima primavera ci saranno delle novità: si parlerà per esempio di attacchi informatici, cambiamento climatico e terrorismo.

Il paese scandinavo (uno dei più meritevoli per crescita e sviluppo dell’ultimo decennio europeo), ha cominciato ad aumentare le sue spese militari dal 2014, dopo l’invasione della Russia in Crimea e i diversi incidenti causati da incursioni di aerei militari stranieri nel proprio territorio, ed ora è pronta a distribuire a 4,7 milioni di famiglie svedesi degli opuscoli contenenti istruzioni su cosa fare in caso di guerra.

Al netto di quanto discusso e studiato nel corso della storia dell’uomo, si può veramente trovare una giustificazione per la guerra? Quello su cui dovremmo soffermarci forse è il concetto di giusto, la giustizia è un presupposto oggettivo al quale l’uomo può aspirare, o una condizione decisa da chi è in grado di imporla? In fondo, se avesse vinto Hitler, parleremmo tutti il tedesco…