Grace Kelly: donna di classe, splendida diva e sfortunata sovrana

Alfred Hitchcock era un grande regista: uno di quelli che alla magica padronanza delle immagini scaturite dalle sue squisite capacità tecniche, abbinava il gusto del racconto nella maniera più originale possibile. Geniale e profondo conoscitore dell’animo umano sapeva trasformare la quotidianità della persona qualunque, in una storia particolare perché nella normalità più assoluta si annida la suspense più imprevista con le situazioni più surreali. Aveva dunque bisogno di scoprire in alcuni attori la capacità di esprimere certe contraddizioni interiori attraverso le sfumature: un semplice battito di ciglia, un lampo degli occhi, un guizzo nei movimenti, un particolare nel vestire, l’ambiguità del tono di voce. A tutto questo, da ironico buontempone, aggiungeva pregevoli tocchi di alta classe che esaltavano ancor di più le situazioni più drammatiche dei suoi film. E siccome era un uomo dalle spiccate preferenze femminili adorava solo un certo tipo di donna: bionda, affascinante, misteriosa. Solo lui poteva dunque coniare per lei Grace Kelly, in assoluto la sua prediletta, un ossimoro così calzante: ghiaccio bollente. A sottolineare quella dolce tranquillità che diventa strana inquietudine e allo stesso tempo nasconde, a stento contenuta, una sensualità traboccante.

Sotto la sua direzione, la risplendente attrice americana, che a prima vista però venne a lungo considerata come una fredda creatura, si modellò in maniera definitiva esprimendo ardori nascosti e inaspettati mentre perfezionava tempi e modi di recitazione alternando dolci pause a intriganti ritmi. Sottile, rassicurante e allo stesso tempo ambigua ed eccentrica mogliettina nel film” Delitto perfetto” del 1954, in realtà é l’elegante fedifraga Margot, all’inizio avvolta in un sfavillante modello di pizzo rosso, che a causa di questo peccato rischia di venire uccisa da un killer assoldato dal marito in un succedersi di colori che diventano sempre più scuri man mano che l’intreccio s’aggroviglia. Nello stesso anno il maestro del brivido la rivuole accanto in “La finestra sul cortile”, dove nei panni della disinvolta ed emancipata Lisa, una seducente indossatrice, sfoggia modelli sgargianti per attirare l’attenzione del suo uomo James Stewart tutto preso da strani avvenimenti. E deliziosamente complice rischia la vita per condividere con lui quell’incredibile vicenda. A concludere la loro collaborazione fulgida come una diva, tra i fruscii di uno splendido abito color zaffiro che rende più vivido il biondo dei suoi capelli, appare algida e altera nella sua finta leziosità che si scioglie poi in uno slancio imprevedibile quando scocca un sensuale bacio sulle labbra del poco stupito e compiaciuto partner Cary Grant. In quel posto incantevole che era il set di “Caccia al ladro”, Grace Kelly sprigiona nella sua mirabile visione un caleidoscopio di colori: vestita di rosa antico con sciarpa svolazzante durante la vertiginosa corsa in auto tra dirupi e tornanti; fasciata da un luminoso abito da sera bianco esaltato dalle pietre preziose di un luccicante collier; contenuta in una mise dai toni tenui in un imprevisto momento drammatico; delicata e regale racchiusa tra gli sbuffi d’oro di una vaporoso corpetto con ampia gonna settecentesca  nel  lieto finale della vicenda.

Bella com’era, un anno dopo arrivò definitivamente là dove voleva arrivare e questa volta innamorata rivelò ancora di più il limpido celeste dei suoi occhi che in alcune sfumature poteva accostarsi all’azzurro del cielo terso di Montecarlo e in altre al trasparente blu del mare increspato della Costa Azzurra. Slanciata a dispetto dell’altezza, sofisticatamente elegante, flessuosa nell’incedere e seducente nella sua esilità, alla piacevolezza di questa figura, che contrastava al confronto delle giunoniche bellezze del tempo, corrispondeva un volto dai raffinati lineamenti. Grace Kelly, dopo aver vissuto gli splendori e i successi di una predestinata ragazza bene della ricca borghesia americana, all’apice di una straordinaria carriera cinematografica decise di troncarla e diventare una vera principessa impalmando il principe Ranieri di Monaco nell’aprile del 1956.

Aveva 27 anni e solo a distanza di quasi un quarto di secolo capì il perché di quella scelta nell’imbarazzo di ammettere che gli uomini non ebbero mai un’importanza definitiva sulla sua vita. Eppure prima di calarsi nei panni della vestale del regno, focose passioni , piccanti flirt e stordenti avventure con rinomati e fascinosi  uomini ne aveva avute tante, ma il primo amore non si scorda mai e prima della sua tragica fine aveva girato alcune scene di un film che non era un vero film, ma che voleva esserlo nel romantico intento di  dimenticare un presente fatto di cerimonie infinite, inaugurazioni pressanti, presenze imprescindibili tra mondanità varie, personaggi sempre uguali  per cercare con il flute di champagne in mano spicchi di diversità e contorni di verità: ricordi di un passato che segna i crediti e poi ti porta il conto.

Filadelfia 1929, da una agiata famiglia di origine irlandese nacque Grace Patricia Kelly. Orientata religiosamente al più puro e intransigente cattolicesimo, venne al principio contrastata nella sua scelta di fare cinema, ma era cosi attraente che aveva il bisogno di dimostrarlo continuamente e non le bastava essere solo una ricercata e apprezzata indossatrice.

Debuttò in una particina a soli 22 anni ne “La 14°ora” e nel giro di un anno si affermò impersonando in “Mezzogiorno di fuoco”, la tiepida consorte quacchera dello sceriffo Willy Kane che aborrisce la violenza ma sarà costretta ad esercitarla per salvare il suo sposo.  Per questa sua ottima perfomance Gary Cooper, il suo partner, ottenne l’Oscar e la notorietà del film giovò molto alla fama della nascente star. Scelta per impersonare la fragile Linda, sposa problematica in “Mogambo” assieme a Clark Gable e Ava Gardner, quella sofisticata biondina risultò così convincente da ottenere la nomination per l’anno 1953 della migliore attrice non protagonista e chiuse il cerchio dopo l’esperienze con Hitchcock nello stesso periodo vincendo l’Oscar per il film “La ragazza di campagna”, in cui debitamente acconciata è impeccabile nell’accentuare con la differenza d’età, l’abnegazione nei confronti del marito Bing Crosby vecchia spugna in declino anche in contrasto con il loro amico impresario William Holden, di cui diventa moglie esemplare nel drammatico “I ponti di Toko- Ri, in cui appaiono un ansioso Frederic March e un candido Mickey Rooney.

Continuò il suo momento d’oro con le roventi scene d’amore di “Fuoco verde “accanto allo scattante idealista Stewart Granger; poi nel ruolo della splendida principessa del “Il cigno” viene contesa da Alec Guinness e Louis Jourdan e soprattutto con l’ottima interpretazione di “Alta società”, dove insieme al redivivo Bing Crosby e al navigato Frank Sinatra, con innata classe non sfigura al confronto con l’immensa Katharine Hepburn nel remake di “Scandalo a Filadelfia”. Così furono infine consegnati ai posteri i fotogrammi dei suoi ultimi fuochi cinematografici. Poi le nozze, un lungo e dorato periodo da sovrana, nuovi desideri. Purtroppo mentre s’innamorava dell’idea che le piaceva addirittura più di quanto lei piacesse a se stessa, di un clamoroso ritorno al cinema avendo girato alcune scene del film Rearraggend, la digrignante signora dai denti verdi un giorno di settembre del 1982, se la portò via mentre in auto, tra i serpenti d’asfalto del suo Principato, colta da malore, tentava di stare attaccata al suolo della vita: forse è destino che le donne di quella classe debbano conservare con il loro sacrificio la magia della bellezza eterna per diventare dee.

Vincenzo Filippo Bumbica