La filosofia cinese – III parte – Il Buddismo

La filosofia cinese, che prende il nome di Zhèxuè solo dal 1800, si fonda sui 2 più antichi culti del continente asiatico, quello di Confucio (VI-V sec a.c.) e quello del Dao (IV-III sec a.c.), si aggiunge postuma, l’influenza del buddismo, che non trova i suoi natali in Cina ma in India, e si diffonde pienamente solo nel V secolo d.c.

Anche se caposaldo della tradizione cinese, il Buddismo affonda le sue radici in India intorno al 500 a.c., ma impiegherà oltre un millennio per diffondersi saldamente in Cina. Come noto ai più, il suo fondatore e figura di riferimento è Siddharta Gautama, considerato principe di una nobile stirpe, i Sakya, da cui deriva anche l’altro suo appellativo, Sakyamuni.

Il principe Gautama è però oggi famoso in tutto il mondo con il nome di Buddha, il Risvegliato, per la sua presa di coscienza riguardo al dettame “tutto è illusione”. Basa il suo messaggio su 4 nobili verità che hanno come assunto fondamentale il Duhkha, ossia il dolore e la sofferenza provocati dall’insoddisfazione dell’essere umano.

La prima delle “Quattro nobili verità” è quindi “La verità del dolore”, (Duhkha in sanscrito significa proprio “sofferenza”) ed il Buddha Sakyamuni ne riconosce 8 tipologie: il dolore della nascita, causato dalle caratteristiche del parto e dal fatto di generare le sofferenze future; il dolore della vecchiaia, che indica l’aspetto di degrado dell’impermanenza; il dolore della malattia, determinato dallo squilibrio fisico; il dolore della morte, generato dalla perdita della vita; il dolore causato dall’essere vicini a ciò che non “piace”; il dolore causato dall’essere lontani da ciò che si “desidera”; il dolore causato dal non “ottenere” ciò che si “desidera”. Infine, esiste il dolore causato dai cinque skandha (o aggregati), ovvero causato dall’unione e dalla separazione di questi cinque aggregati (questi sono: il corpo, rūpa; i sei sensi – la vista, l’udito, il gusto, l’odorato, il tatto e la mente -; le sensazioni, vedana; le percezioni, saññā; la coscienza, viññāna).

La seconda verità è “La verità dell’origine del dolore”: il duhkha non è colpa del mondo, del fato o delle divinità, ma ha origine dentro di noi, dall’insoddisfazione che genera la nostra brama di ciò che è transitorio e si manifesta nelle 3 forme di “brama di oggetti sensuali”, “brama di esistere”, “brama di annullare l’esistenza”.

La terza verità è “La verità della cessazione del dolore”, ovviamente rinunciando a dimostrare attaccamento verso le cose e le persone, è possibile raggiungere uno stato di cessazione del desiderio che elimina quell’insoddisfazione che ci porta al duhkha.

La quarta verità è “La verità della via che porta alla cessazione del dolore”, cioè il percorso spirituale da intraprendere per avvicinarsi al Nirvana. Per poter raggiungere il Nirvana occorre uscire dalla ruota del Samsara smettendo di produrre Karma. Possiamo immaginare il Samsara come una ruota composta da cicli vitali e al Karma come la spinta che fa girare quella ruota, il Karma non è altro che un’azione, un atto generico volto ad un fine, quindi finchè non la smetteremo di compiere azioni finalizzate all’ottenimento di obiettivi superflui, non saremo in grado di scendere da questa universale ruota del criceto che ci spingerà ogni volta a rivivere una vita di dolore in uno stato variabile a seconda del tipo di Karma (negativo o positivo) che ci portiamo dietro.

Il Buddismo compare in Cina tra il I e II secolo d.C. in modo molto sparso; tra il III e IV si espande ma la troppa frammentazione politica non permette di trovare una scuola di riferimento; tra il V e VI secolo si moltiplicano i pellegrini e monaci che permettono la diffusione negli stati colti; nei secoli VII e VIII vediamo sia il periodo d’oro del Buddismo che la sua conseguente repressione, dove farsi monaco era addirittura mal visto dalla società.

Tuttavia, la peculiarità dei culti religiosi cinesi sta nel non rompere mai i legami con le filosofie del passato, ma di sovrascriverle. Per questo ad oggi in Cina si parla di Neo-confucianesimo, pratica che unisce le 3 filosofie di cui abbiamo parlato in questa serie di articoli (Confucianesimo, Taoismo e Buddismo); ad oggi, il Buddismo assume un ruolo fondamentale anche nella politica cinese, ne abbiamo un esempio con la lotta per l’indipendenza del Tibet che vede contrapposte le fazioni delle 2 reincarnazioni del Buddha, quella del Dalai Lama, e quella del Panchen Lama.