Spunta tra le rose e i bigliettini che si accumulano davanti alla sala concerti Bataclan, in boulevard Voltaire, fa capolino nel gigantesco altare laico di rose e lumicini innalzato sotto il monumento di place de la République e tra le candele e i mazzi di fiori in rue Alibert, davanti alla vetrata del bistrot Carillon: stiamo parlando di Paris est une fête, traduzione francese di Festa mobile, libro postumo dello scrittore americano Ernest Hemingway.
In pochissimi giorni il libro è diventato un modo per rendere omaggio alle persone uccise e ferite negli attentati che hanno colpito la capitale francese il 13 novembre, e una sorta di rivendicazione dei sentimenti dei parigini – la libertà, l’individualismo, il piacere e la gioia per la vita – descritti ed esaltati nel libro. Secondo il quotidiano francese Liberation, l’interesse per Festa mobile deriva da un’intervista a una signora parigina di 77 anni, Danielle, fatta dalla tv francese BFM il giorno dopo gli attentati, e condivisa moltissimo sui social network. “È molto importante portare i fiori ai morti, è molto importante vedere più spesso il libro di Ernest Hemingway, Festa mobile, perché siamo una civiltà molto antica e difenderemo i nostri valori nel miglior modo possibile” afferma la signora, con un tono molto dignitoso e
combattivo. Così, in pochi giorni, l’opera di Hemingway rientra fra i primi 10 libri più venduti da Amazon in Francia, tanto che la casa editrice che la pubblica – Folio – ha previsto di vendere 15.000 copie di Festa mobile quest’anno (contro le 8.000 copie vendute in media ogni anno), dopo che, in questi giorni, erano 500 le copie vendute quotidianamente. Qualcosa di simile al rinnovato interesse per Festa mobile era successo dopo l’attentato contro i giornalisti del settimanale satirico Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015: Folio aveva deciso una ristampa straordinaria di diecimila copie del Trattato sulla tolleranza di Voltaire dopo che tutte le 12.000 copie presenti nelle librerie erano state vendute.
Hemingway scrisse Festa mobile tra il 1957 e il 1960 per raccontare il periodo in cui, da giovane, visse nella Parigi degli anni Venti, che all’epoca era il punto di riferimento della vita artistica, culturale e intellettuale di tutto il mondo. Ricorda l’inizio della sua carriera da scrittore, gli incontri e le amicizie con Gertrude Stein, Ezra Pound, Francis Scott Fitzgerald, John Dos Passos, James Joyce e molte altre notevoli personalità dell’epoca; racconta, insomma, la città di cui si innamorò dopo la Grande Guerra, patì la fame, frequentò la libreria Shakespeare and Company di Sylvia Beach, sulla rive gauche, e fece la fortuna della brasserie Lipp, a Saint Germain, disegnando un itinerario parigino tuttora religiosamente ripercorso in pellegrinaggio dai suoi lettori.
Proprio per omaggiare Parigi ed Hemingway, abbiamo deciso di associare a questo bellissimo libro il dolce che lui e F. S. Fitzgerald mangiano alla fine del pranzo “…da Michaud all’angolo tra rue Jacob e rue des St-Pères”, ossia il Clafoutis alle ciliegie (l’episodio è raccontato nel capitolo 19 del libro, dove si parla di “misure”). Il clafoutis alle ciliegie è una delle versioni più famose di questo dessert, che in genere si realizza con frutta di stagione e si gusta tiepido. Il suo nome deriva dal dialetto “clafir” che significa guarnire, riempire.
Secondo la tradizione, il clafoutis veniva preparato con ciliege selvatiche intere dal nocciolo profumatissimo ed era il pasto dei contadini, che lo portavano con sé nelle giornate di lavoro, mentre tagliavano e raccoglievano il fieno.
A seconda delle stagioni il clafoutis viene realizzato con frutta diversa dalle ciliegie, come pesche, lamponi, prugne o uva, ed assume il nome di “flognarde”.
Perché questo libro, allora? Semplicemente, perché contiene una delle più belle dichiarazioni d’amore dedicata alla città del romanticismo per antonomasia, e noi ve la riportiamo con la speranza che Parigi presto si risollevi e continui a regalarci le sue emozioni positive.
“Non c’è mai nessuna fine per Parigi e il ricordo di ciascuna persona che ci è vissuta differisce da quello di chiunque altro. Noi ci ritornavamo sempre, non importava chi eravamo né come le cose erano cambiate né con quali difficoltà o quale facilità la si poteva raggiungere. Ne è sempre valsa la pena e siamo stati ricompensati per ogni cosa che le abbiamo portato”.