Depeche Mode, 53mila fan in delirio li accolgono a Roma

Gilet a petto nudo, sorriso sornione e quella inconfondibile voce ammaliante pronta a invocare la “revolution”. Ieri sera, sul palcoscenico dello stadio olimpico di Roma, Dave Gahan si è presentanto così. Da quasi 40 anni la parola d’ordine è Depeche Mode, il cui cantante non è solo il frontman di una delle band elettroniche più amate di tutti i tempi: è un performer, uno showman.

“Chi sta prendendo le vostre decisioni? Voi o la vostra religione, il vostro governo, i vostri paesi? Voi drogati patriottici. Dov’è la rivoluzione? Forza, gente!”

Così, Where is the Revolution, brano tratto dall’ultimo album dei Depeche Mode uscito qualche mese fa, si collega direttamente al pezzo che ha inaugurato due ore e mezza di musica: Revolution dei Beatles.
Davanti a 53mila persone che hanno cantato per tutto il concerto, ieri a Roma si è aperto il “Global Spirit Tour” del gruppo rock inglese. Un appuntamento musicale che approderà in 32 città di 21 Paesi europei fino alla fine di luglio e che impegnerà Dave Gahan, Martin Gore e Andrew Fletcher anche allo stadio S. Siro di Milano e giovedì 29 giugno al Renato Dall’Ara di Bologna.

18 pezzi in scaletta, 5 bis e quasi 40 anni di carriera alle spalle. Sono i numeri da capogiro che raccontano una notte all’insegna dei Depeche Mode. A 55 anni, Gahan conserva il fascino da rockstar maledetta, salta e fa piroette racchiuso in stretti pantaloni da torero: è sopravvissuto alla droga, al tumore e a una vita di eccessi. Ricorda gli “eroi” della musica contemporanea. Heroes, appunto, è l’omaggio a David Bowie: Gahan la reinventa, la modella su di sè pur restando fedele allo spirito di quel disperato grido d’amore scritto a Berlino dal Duca Bianco.

Dopo due brani dell’album Spirit, la band britannica ha snocciolato i cavalli di battaglia: “Barrel of a gun”, dell’album Ultra (1997), “A pain that I’m used to” da Playing the angel (2005), “Corrupt” da Sounds of the universe (2009), “In your room” da Songs of faith and devotion (1993) e molti altri.

Sullo sfondo, mentre suonano le note che hanno fatto la storia dei Depeche Mode, il solito schermo a led immancabile nei live della band, su cui scorrono i video del fotografo e regista olandese Anton Corbijn. Tra vecchi successi e nuove melodie, passando per ambienti psichedelici, motivi techno-pop e melodie più cupe e industrial, il concerto si chiude nel delirio dei fans al suono di “Personal Jesus”: la canzone che li ha consacrati sull’olimpo della musica.
E per chi se li fosse persi, non c’è da disperare.
Dopo le tappe in Nord e Sud America, torneranno in Italia con il prossimo freddo invernale spostandosi nei palazzetti: a Torino il 9 dicembre, a Bologna il 13 dicembre e a Milano il 27 gennaio. Allora, quando non si vuole “godere del silenzio” non resta che godere della musica. Quella buona.