SCI - COMPAGNONI RETRO 1998 - DEBORA COMPAGNONI DURANTE LE OLIMPIADI DI NAGANO '98 - OLIN2010B -

Deborah Compagnoni: allori e dolori su biancori di neve

Il suo innato talento le suggeriva la naturalezza dei movimenti giusti. Ondeggiando armoniosamente disegnava traiettorie ideali per arrotondare la spigolosità del tracciato. Scaricava così alternativamente il peso sulle gambe, con la piena padronanza dei bastoncini. Sbracciando filava via tra i pali delle porte scrollandosele di dosso, mentre gli sci assumevano posizioni diverse: prima le loro lamine taglienti come rasoi incidevano le curve con precisione chirurgica sollevando leggeri sbuffi di neve e poi si disponevano, finalmente paralleli per scivolare, assecondando la raggiunta velocità, come su due lucidi binari verso il traguardo.

Morbida, elegante e incisiva, Deborah Compagnoni sulla pista innevata con gli sci ai piedi era uno spettacolo: una figura sinuosa che abbinava la sensibilità del movimento alla scorrevolezza dell’attrezzo. Un binomio unico, quasi perfetto, molto competitivo che diventava, il più delle volte, vincente nella sfida senza quartiere alle agguerrite avversarie, al responso di quel giudice inappellabile chiamato cronometro.

Una campionessa dalla tecnica raffinata che possedeva la conduzione del ritmo incalzante dello slalom speciale e la capacità di scivolamento tipica della discesa libera e per questo eccelleva nella sintesi di queste due discipline: lo Slalom Gigante.

In questa specialità ottenne i suoi risultati più importanti e chissà quali altri titoli avrebbe ancora conquistato se non fosse stata  bloccata da due gravi infortuni alle ginocchia: uno dei quali durante le Olimpiadi di Albertville del 1992, fece sobbalzare in diretta milioni di telespettatori impietriti dal suo agghiacciante grido di dolore mentre era impegnata, con buone probabilità di successo,  nella sua gara preferita.

Proprio il giorno prima, nel pieno di una forma straordinaria, la sciatrice italiana aveva vinto il titolo del supergigante inaugurando  un trittico di vittorie olimpiche che la vedrà primeggiare nella sua specialità preferita nelle due successive edizioni: Lillehammer del 1994 (manifestazione anticipata di due anni, poiché il CIO stabilì di evitare la coincidenza con i giochi estivi) e Nagano nel 1998. Prima atleta nella storia dello sci alpino a vincere la medaglia d’oro in tre differenti e consecutive edizioni, con la ciliegina sulla torta di un argento che per soli sei centesimi di secondo non si tramutò in oro nello slalom speciale dell’edizione giapponese.       

Un palmares ricco d’innumerevoli trionfi iniziato ben presto, quando quella giovane promessa, nata nel 1970, appena sedicenne vinse il bronzo in discesa libera ai mondiali juniores del 1986. In questa stessa manifestazione l’anno dopo si prese l’oro nel gigante e un altro bronzo sempre in discesa. Risale al 1988 il suo doloroso primo grave infortunio al ginocchio destro, affrontato con una forza d’animo accoppiato a una serenità tale da assorbire poi anche il secondo con la consapevolezza di reagire a un normale infortunio sul lavoro. Superato di slancio anche quest’ennesimo ostacolo, Deborah in Coppa del Mondo ottenne la sua prima presenza sul podio, seconda alle spalle della svizzera Vreni Schneider, nel supergigante di casa a Santa Caterina di Valfurva nei pressi di Bormio dove era nata e finalmente  a Morzine nel 1992 spezzò l’incantesimo con la sua prima vittoria nello slalom gigante.

Divenne campionessa del mondo di slalom gigante a Sierra Nevada 1996 e Sestriere 1997 e fu proprio in quest’ultima sede che infilò una doppietta clamorosa vincendo anche l’oro nello speciale: impresa questa riuscita a ben poche altre sciatrici nella storia della competizione. Cospicuo anche il bottino di sedici vittorie in Coppa del Mondo sempre nella specialità del gigante che, impreziosito da una striscia di nove consecutive che tra il 1997 e il 1998, le permisero di vincere la coppa di specialità. La possibilità invece di agguantare quella assoluta, la Coppa di Cristallo che somma i risultati delle tre specialità, per un maligno sortilegio andò in frantumi come il suo ginocchio che fece crac nel momento in cui stava per afferrarla.

Malgrado questo beffardo ghigno della signora dai denti verdi, per gli ineguagliabili risultati raggiunti a livello internazionale, rimpolpati da una copiosa sequela di titoli tricolori, Deborah Compagnoni oltre ad essere la sciatrice italiana più vittoriosa di tutti i tempi, ha apposto il suo sigillo regale nell’albo mondiale dello sci. Una figura dall’innata delicatezza che connotava il suo modo  di essere e quindi di fare con un tocco di classe sopraffina.

Il suo impeccabile comportamento, la sua semplicità scevra da ogni teatralità, va ancora oggi in sintonia con la sua indole schiva e refrattaria all’effimero e si riflette nel suo attuale lavoro: rimasta nell’ambito dello sci, con tanto di diploma ottenuto lo scorso anno, come tutti i campioni contrassegnati da una sana umiltà, cerca d’insegnare la tecnica partendo dal valore della serietà. Grande persona giammai personaggio, ha bene  in mente che la cosa più difficile da trasmettere a chi comincia è la genuinità della propria passione saldata all’impegno nel sacrificio. Solo allora si può prendere in esame di svezzare il talento.

Vincenzo Filippo Bumbica