Dai dissing alle dichiarazioni d’amore: quando il rap è romantico

Negli anni ‘70 approda sulla scena underground newyorkese un nuovo genere destinato a cambiare la storia e le sorti della musica, creando una nuova sottocultura: parliamo dell’hip hop. Un grido che nasce nel Bronx dalle prime crew formate da gruppi di giovani afroamericani, il cui cuore pulsante, oltre alla danza, è naturalmente il rap. Le prime rime si sviluppavano su basi campionate, ritmi scratchati e linguaggio esplicito. La rabbia era infatti il motore che spingeva la nuova generazione dell’epoca a mettere nero su bianco i propri pensieri, ecco perché spesso i testi parlavano della vita del quartiere e delle difficoltà quotidiane. Oggi le cose sono cambiate e il rap ha subito una notevole evoluzione, in particolare nei testi: non è raro trovare tracce romantiche e introspettive nel mercato musicale internazionale e in quello italiano.

Il rap italiano è il più romantico 

Il rap è approdato in Italia negli anni ‘80 subendo dagli anni ‘90 in poi una grossissima influenza dagli artisti americani, che per la prima volta venivano trasmessi in televisione. Da allora i cambiamenti sono stati moltissimi, non soltanto per quanto riguarda le basi e lo stile, ma soprattutto per ciò che concerne i testi. Se prima, infatti, le rime erano spesso un attacco al potere e all’autorità, accompagnate dal racconto della vita del ghetto e di tutto ciò che ne consegue, oggi, invece, trattano di sentimenti, relazioni, delusioni e storie d’amore. Ne sono una riprova le vere e proprie raccolte di frasi di canzoni rap, in cui è facile rispecchiarsi e belle da dedicare. Lo spirito romantico, forse, noi italiani lo abbiamo sempre avuto, basti pensare che il primo pezzo rap diventato famoso in Italia parlava proprio d’amore; si tratta di “La mia coccinella” dei Sottotono, uscito nel 1994 in cui, piccola chicca, Tiziano Ferro ha fatto il corista!

Ghemon: il rapper che rompe gli stereotipi

A distanziarsi più di tutti dall’idea di rapper macho è Ghemon, nome d’arte di Giovanni Picariello, 35 anni, di Avellino. Nelle sue canzoni affronta temi complessi e personali, con costanti rimandi alla sfera emotiva. Il suo ultimo album, Mezzanotte, presenta altri due temi a lui molto cari: la depressione e gli attacchi di panico, mettendo per iscritto tutte le ansie, le paranoie e le ricadute. Ne parla anche all’interno della sua biografia “Io sono. Diario anticonformista di tutte le volte che ho cambiato pelle”, il cui scopo è far sì che anche i suoi ascoltatori e lettori possano ritrovare loro stessi nei testi e sentirsi meno soli e più compresi. Ghemon definisce la scrittura delle sue canzoni come una vera e propria terapia che gli permette di scavare sempre più in profondità.

Sebbene il panorama musicale sia così vario da risultare impossibile da conoscere a fondo, una cosa è certa: il rap può ancora continuare a far parlare di sé e farci cantare, pur ammorbidendo i testi e adattandoli a quella che è la realtà contemporanea delle nuove generazioni. 

redazione