Da Biancaneve a Vaiana: ecco l’evoluzione delle Principesse Disney

Le Principesse Disney, nel corso degli anni, hanno subito una grande evoluzione passano da vittime e indifese fino a diventare delle vere e proprie eroine.

Nella prima parte dello scorso decennio le Principesse Disney venivano ritratte come delle vittime spesso colpite da sortilegi ed incantesimi in grado di spezzarsi solamente con il bacio di un uomo (principe), ma da allora la figura della Principessa indifesa si è evoluta progressivamente trasformandosi in una vera e propria eroina che lotta nelle guerre (vedi Mulan, Merida o Vaiana) che decidono di combattere con i propri mezzi.

Ed ecco qui un articolo che mostra in che modo sono cambiate, nel corso del tempo, le Principesse Disney (contestualmente a come è cambiata la concezione della donna con il progredire della società).

BIANCANEVE – 1937

Biancaneve ha costituito per un lungo periodo di tempo lo “standard” di come doveva essere la principessa. I tratti della personalità di Biancaneve prima, di Cenerentola poi, fino ad arrivare ad Aurora compresa, sono infatti straordinariamente simili, così come le loro storie.

Biancaneve è esattamente il tipo di donna che la società degli anni ’30 predicava: umile e sottomessa, il suo più grande talento è fare le faccende di casa, badare ai figli (in questo caso, i nani) e cucinare la  crostata di mele.
Il comportamento di Biancaneve si riallaccia perfettamente a questo ragionamento: nonostante sappia di essere una principessa, nonostante sappia che la condizione a cui è stata costretta sia ingiusta e sbagliata, e nonostante sappia che il suo ruolo a corte le è stato usurpato dalla matrigna, è come se accettasse la sua sottomissione di buon grado, tanto alla fine basta cantare per non pensare più ai dispiaceri. Non ha altre aspirazioni, non ha altri interessi (uno potrebbe essere, che so, cacciare la matrigna: avrà pure delle responsabilità, nei confronti del suo popolo!) che non siano quelli di trovare il suo principe, col quale vivere per sempre felice e contenta.

CENERENTOLA – 1950

Tredici anni dopo Biancaneve, Cenerentola costituisce un timido passo in avanti.  Ha molto in comune con Biancaneve, a cominciare dall’essere costrette entrambe a fare le serve, ma a differenza di Biancaneve ha una personalità più pronunciata. Per esempio, quando fallisce il primo tentativo di andare al ballo (dopo cioè aver chiesto il permesso alla sua matrigna), Cenerentola è audace abbastanza da andarci di nascostoCenerentola, nonostante le avversità che la vita le ha riservato, continua ad essere buona e gentile.

Tuttavia anche lei, come Biancaneve, è per lo più fortunata e basta. Una serie di circostanze hanno giocato a suo favore, non è che lei abbia attivamente fatto qualcosa al riguardo. È pur vero, però, che molto dell’aiuto che l’ha portata al suo lieto fine le è derivato dai suoi amici animali, che lei ha sempre trattato gentilmente senza secondi fini: insomma, si può dire che la sua disinteressata purezza di cuore l’abbia, giustamente, ripagata. Per dire, Biancaneve decide di offrire le sue competenze di economia domestica ai nani perché “forse così mi faranno restare”. Biancaneve è ingenua e certo non è una tipa calcolatrice.
In definitiva, sebbene con Cenerentola siamo già un passo avanti, trovo che tutto sia ancora troppo affidato al caso, o all’intervento di un terzo, perché il suo personaggio possa essere davvero significativo.

LA BELLA ADDORMENTATA NEL BOSCO – 1959

Non pervenuta. L’unico sprazzo di personalità che di Aurora si riesce a cogliere è l’insofferenza nei confronti del fatto che debba essere protetta da tutto il mondo esterno. È vero, le circostanze lo richiedevano, ma lei non poteva saperlo. E poi niente, dorme e basta.

Rispetto a Biancaneve, però, è di sicuro più “spigliata”. Se la prima, infatti, a inizio film scappa dal principe come una volpe che scappa dai cani da caccia, Aurora non ha problemi a “buttarsi” tra le braccia di un perfetto sconosciuto (ma principe pure lui, Filippo). Il che penso sia perfettamente coerente col fatto che il “cosa fare/chi incontrare” impostale da Flora, Fauna e Serenella le andasse piuttosto stretto.

LA SIRENETTA – 1989

Trent’anni dopo la bella addormentata, dando avvio al cosiddetto “rinascimento Disney”Ariel si discosta in maniera notevole da coloro che l’hanno preceduta.

Se Biancaneve è la prima principessa in generale, si può dire che Ariel è la prima principessa finalmente attiva e non meramente passiva, sebbene la sua smania di prendere in mano la sua vita la conduce in più di un guaio.

Ariel, come Cenerentola, non è fan della vita che conduce ma, a differenza della seconda, si impegna attivamente perché qualcosa cambi, non si limita a sognare l’eventualità che qualcosa, prima o poi, cambi. Certo, nel far ciò fa più danni che altro, ma lo sforzo è ammirevole. Tanto più che è re Tritone il vero guastafeste, sebbene animato da buone intenzioni, quelle cioè di proteggere la sua bambina. Ariel, infatti, ha sedici anni, e a sedici anni ci può stare.
Nonostante sia per metà pesce, inizia ad essere anche quella più tipicamente umana: Biancaneve, Cenerentola e Aurora, infatti, sono donne estremamente idealizzate, qualcosa di assolutamente etereo e perfetto, tanto da risultare qualcosa di totalmente lontano dalla realtà. Ariel, invece, è testarda, è curiosa, è ribelle, è intraprendente, e anche egoista. Con tutti i suoi pregi e difetti è, in definitiva, una persona vera.

LA BELLA E LA BESTIA – 1991

Belle è una principessa “intellettuale”, sempre immersa nei suoi libri. Quegli stessi libri “senza figure” tanto disprezzati da Gaston. Belle è la prima principessa ad essere inquadrata per il suo modo d’essere, e non per il modo in cui appare. Tuttavia le sue qualità intellettuali non le procurano l’approvazione dei suoi concittadini, che anzi la ritengono per questo “strana”, tanto che lei stessa arriva a chiedere al padre se sia strana per davvero.

I tratti salienti di Belle sono l’altruismo – si sacrifica per il padre – e il coraggio – tiene testa alla Bestia come se niente fosse e non è da poco per una donna!

Belle è la prima a far innamorare qualcuno per la sua personalità. Fino ad Ariel, infatti, tutti i principi hanno badato all’aspetto fisico: per esempio, il principe di Cenerentola si innamora appena la vede  ed Eric si fissa che avrebbe sposato solo la persona la cui voce aveva sentito dopo il naufragio. Inoltre, non ha pregiudizi: solo dopo aver effettivamente imparato a conoscere la Bestia riesce ad amarla per quello che è, pregi e difetti compresi.

ALADDIN – 1992

Sebbene Belle abbia fatto da apripista, possiamo senz’altro affermare che la prima ad essere davvero descritta innanzitutto per la sua personalità, e solo dopo per il suo aspetto, è proprio Jasmine. E questo perché, rispetto a Belle, si tratta stavolta di una cosa positiva.

Di Jasmine sappiamo, per sua stessa ammissione, che si sente costretta. E lo odia. Lei vorrebbe essere libera, vedere il mondo, ma la sua condizione di principessa la frena. La sua vita, infatti, è determinata dal volere di qualcun altro.

È una ragazza che sa perfettamente quello che vuole, ed è disposta ad ottenerlo, costi quel che costi. Così, non ci pensa due volte e scappa dal palazzo, sebbene la vita al di fuori di esso le risulti fin da subito estranea e ingestibile. Non ha paura di dire quello che pensa!

Nonostante il suo essere combattiva e fiera, comunque, Jasmine ha ancora davvero bisogno di essere salvata: non tanto dalla clessidra in cui Jafar l’aveva rinchiusa, ma dalle costrizioni che il suo essere principessa le procura. La legge che prevede che la figlia del sultano si sposi entro il suo prossimo compleanno, infatti, è ancora in vigore. Ed è un salvataggio che le proviene dal padre: poiché essere un sovrano assoluto ha i suoi indubbi vantaggi, la legge viene abolita, consentendo così alla principessa di sposare chiunque ella desideri. E lei sceglie Aladdin che, per il coraggio e il valore dimostrato, praticamente si prende la ragazza “in premio”

E l’abbiamo già visto con Ariel. Se Jasmine non voleva più essere una principessa, Ariel non voleva più essere una sirena, e suo padre Re Tritone le fa il dono di trasformarla in una umana, salvandola così da una condizione di infelicità. E anche Eric ringrazia.

POCAHONTAS – 1995

Pocahontas è matura al punto da sapere che una cosa, prima di poterla giudicare, va compresa. Per i coloni, infatti, gli indigeni sono “cattivi a prescindere”. Pocahontas, invece, concede ai visi pallidi il beneficio del dubbio: potrà pervenire ad un giudizio – positivo o negativo che sia – solo dopo averli effettivamente conosciuti. Il che è un grandissimo insegnamento.

In ogni caso, quello che veramente distingue Pocahontas è il tema della rinuncia, rinuncia a John Smith per la vita con il suo popolo. Per la prima volta vediamo una principessa il cui travaglio interiore non riguarda il mondo a cui appartiene, ma il modo in cui a questo mondo lei può essere utile. È ben consapevole del suo ruolo nella comunità, ruolo a cui conferisce dignità nel momento esatto in cui impedisce che il bene egoistico del singolo (cioè lei stessa) vada a pregiudicare quello – più grande – di molti (la sua tribù).

MULAN – 1998

Mulan è una principessa decisamente sui generis dato che la “regalità” non le deriva né per retaggio, né per acquisizione.

Sebbene provenga da un’epoca storica e da una cultura convinte che l’unico modo per portare onore alla famiglia fosse quello di diventare una buona moglie, Mulan dimostra come vi siano in effetti altri modi per farlo. Ad esempio, salvando la propria nazione da un’invasione di Unni.

Dotata di notevole coraggio e particolare spirito di iniziativa, Mulan è la prima, vera, eroina d’azione. E il bello di Mulan è che “il comando” e la relativa “risposta” se li dà da sola. Come quando strappa di mano l’artiglieria ad un suo commilitone e la dirige contro una montagna al fine di provocare una valanga che servirà a fermare l’avanzata unna.

Mulan dà prova del suo valore in più di un’occasione, prima nei panni di Ping e poi nei panni di se stessa, dimostrando così che non è tanto la confezione ad essere importante, quanto il prodotto in essa contenuto. In definitiva, Mulan fissa chiaramente il concetto che la grandezza di una persona si valuta secondo parametri ad essa intrinseci, e non certo per il genere a cui questa persona appartiene. A dimostrazione, quando l’imperatore e tutta la Cina si inchinano al suo cospetto, in quel momento lei è Mulan, non Ping.

LA PRINCIPESSA E IL RANOCCHIO – 2009

Tiana costituisce uno dei personaggi assolutamente più significativi non solo all’interno del cinema d’animazione, ma nel contesto della società nella sua interezza. Il messaggio di cui si fa portavoce, infatti, oltre ad essere umanamente universale è anche universale in riferimento a qualsiasi aspetto della vita.

Tiana è pragmatica e motivata ad ottenere quello che vuole con il suo solo impegno e i suoi soli meriti, fa capire che non c’è nulla che non sia alla sua portata basta l’impegno.

RAPUNZEL – 2010

Rapunzel è un personaggio con cui è facile identificarsi e condivide alcuni tratti fondamentali, a partire dalla figura del genitore (o, nel caso di Rapunzel, di chi ne fa le veci). È senz’altro vero che madre Gothel sia l’antagonista, la cattiva la Rapunzel cerca sempre di scappare da lei infatti è nella natura umana fare il contrario di quello che ci è proibito. Prendete Belle. Non può andare nell’Ala Ovest perché? Perché è proibita. La Bestia le conferisce quel tanto di mistero che serve a incuriosirla, e infatti Belle che fa? Va nell’Ala Ovest.

In questo film, trovo che il rapporto principessa-principe (beh, in questo caso meglio “furfante”) sia finalmente paritetico, se non addirittura sbilanciato a favore della prima. È Rapunzel, infatti, ad avere la… padella dalla parte del manico. Rapunzel sogna di vedere le luci fluttuanti, sogna in poche parole la libertà, non qualcuno che la salvi dalla sua esistenza di reclusione. Il “principe” le capita per caso, ed è proprio questo il punto: non è che se lo sia andato appositamente a cercare, o pensasse di farlo. E c’è anche da dire che è ella stessa l’artefice concreta della sua libertà: non è Flynn a farla uscire dalla torre, ma è lei ad uscirne da sola, usando i suoi capelli come fune. La provvidenziale presenza di Flynn le ha solo dato il pretesto, finalmente, per prendere in mano il suo stesso destino.

Così, giustamente, a un certo punto Rapunzel dice basta: ha imparato a farsi strada a padellate, e quando capisce di essere lei la principessa perduta, affronta madre Gothel a testa alta, con un cipiglio combattivo e deciso, ben lontana dall’insicurezza mostrata nei suoi confronti all’inizio del film (perché quando propone il patto a Flynn mi è sembrata tutto fuorché insicura). Biancaneve, che pure sapeva di essere una principessa, non ha mai fatto nulla di tutto questo.

RIBELLE – 2012

Merida è stata fin da subito celebrata quale emblema del femminismo, perché per la prima volta i suoi sogni non riguardano dei cromosomi XY. Merida è  l’unica tra quelle citate a non accasarsi con qualcuno.

La regina tenta di organizzare il matrimonio combinato di Merida, la quale non ne vuole sapere. Agli occhi della madre, infatti, la ragazza ha – in quanto principessa – delle responsabilità nei confronti del regno, e deve comportarsi di conseguenza. Per Merida, invece, il matrimonio costituirebbe, oltre che una intollerabile coercizione, la fine della sua stessa vita, dato che per lei vita e libertà sono praticamente sinonimi. Insomma, due modi di vedere le cose completamente divergenti: responsabilità da un lato, libero arbitrio dall’altro.

È interessante vedere come si sviluppa il rapporto tra Merida e la madre perché fondamentalmente il film non ruota attorno al fatto che Merida non si voglia sposare o che non abbia bisogno di un ragazzo per essere completa. Sarebbe una imperdonabile semplificazione liquidare la questione in questi termini. No, il film ruota tutto intorno a due persone che non riescono a capirsi, che non riescono a “vedersi”.

Da un lato, infatti, la regina non riesce a cogliere le esigenze di sua figlia, dall’altro Merida non riesce a capire le ragioni della madre.

Eppure è chiaro che tutte e due hanno bisogno l’una dell’altra, tanto più che nessuna ha intenzione di rinunciare al loro rapporto: è solo questione di capire come prendersi. Merida vorrebbe che sua madre riuscisse ad apprezzarla per quello che è, non per quello che è destinata a diventare, e la madre vorrebbe che sua figlia capisse che la vita è fatta molto spesso di compromessi, e che per un bene più grande a volte è necessario compiere dei sacrifici che ci paiono intollerabili.

E alla fine del film, superate non poche difficoltà, le due riescono finalmente ad accettarsi a vicenda in quello che è un rapporto più maturo da entrambe le parti.

FROZEN – 2013

Frozen non è il primo film a mostrarci che al mondo non esiste solo l’amore romantico, perché Brave prima di lui, così come Lilo & Stitch prima ancora, hanno già ampiamente quanto efficacemente esposto questo stesso concetto. Semplicemente, la particolarità di Frozen rispetto ad altri film risiede nel fatto che i due tipi di amore in questione romantico da un lato, familiare dall’altro. Forse, quello che di Frozen è rimasto tanto impresso, è proprio il fatto che il centro di tutto è proprio l’amore familiare – quello tra due sorelle, nello specifico – relegando l’altro in seconda posizione.

La chiave per decifrare le due sorelle deriva da Olaf, il quale, nel momento esatto in cui spiega cos’è per lui l’amore, dandone una definizione alquanto suggestiva, ci fornisce anche gli strumenti per comprendere le due principesse.

L’amore è mettere il bene di un altro prima del tuo. Sai, come Kristoff, che ti ha portata qui da Hans e ha rinunciato a te per sempre.

La frase di Olaf, sebbene abbia ad esempio Kristoff, descrive in modo assolutamente veritiero sia Anna che Elsa: quando Anna sacrifica la sua vita per salvare quella di Elsa, ha innegabilmente posto il bene della sorella prima del suo. Ugualmente, quando Elsa taglia qualsiasi rapporto con Anna, estromettendola dalla sua vita, lo fa perché cerca di proteggerla, anteponendo così l’incolumità della sorella al suo bisogno di godere del suo affetto. E se per Anna il discorso di Olaf è vero per il primo periodo, per Elsa è vero anche in riferimento al secondo: nel palazzo di ghiaccio, quando le ribadisce il suo desiderio di starle lontana, lei è perfettamente consapevole del fatto che sta rinunciando ad Anna per sempre. Ed è un gesto di amore estremo, per quanto meno eclatante di quello di Anna (che addirittura per questo si trasforma in una statua di ghiaccio), che infatti costituisce l’“atto di vero amore” necessario affinché il film possa avere il suo lieto fine.

A tal proposito, poiché Anna ed Elsa rappresentano  il gradino più alto dell’evoluzione, è bene tornare un momento alle origini, soprattutto alle due principesse che più di tutte hanno sdoganato l’idea dell’atto di vero amore tanto decantato.

È palese come per Biancaneve e Aurora si tratti di un gesto passivo, mentre in Frozen ci viene proposto dal suo lato “attivo”. L’amore non è qualcosa che ci si limita a ricevere passivamente, ma è anche qualcosa che si deve dare attivamente. Per Biancaneve e Aurora i soggetti attivi erano i principi. In Frozen, il soggetto attivo è, per la prima volta, la principessa. Ed ecco che le due principesse sono le eroine della loro stessa storia.

  • Anna

La prima cosa che salta all’occhio di Anna è quanto sia ben lontana dalla “grazia sofisticata” delle principesse pre-rinascimentali . Perché Anna è sì carinissima e cucciolosissima, ma mentre dorme sbava.

Ma Anna non si esaurisce solo nell’essere spiritosa e socialmente imbarazzante: è, in realtà, un personaggio molto più sfaccettato e caratterizzato. Proprio il suo essere “finalmente a tutto tondo” la rende molto più vera delle sopraccitate e idealizzatissime Biancaneve e Aurora (come è già avvenuto per Ariel).

  • Elsa

Elsa vuole venire a patti con la propria natura. Il problema non è tanto l’avere il potere della neve-ghiaccio, quanto il non riuscire a controllarlo. È soltantoquestione di capacità. Capacità che, tra l’altro, è sempre stata lì, ma che lei stessa ha soffocato quando la paura di far male alle persone a lei care ha preso il sopravvento.

Da piccola, infatti, quando giocava con Anna, era perfettamente in grado di controllare il suo potere. Se è vero infatti, come scopriamo alla fine del film, che è l’amore la chiave per gestire il suo dono, è palese che all’inizio ciò le riuscisse perché, oltre ad amare la sorella, amava anche se stessa, cioè quello che era.

Nel momento però in cui la paura prende il sopravvento, lei questa cosa la perde di vista, e infatti condanna per sbaglio il suo regno a vivere in un inverno perenne. È solo dopo essere riuscita ad accettarsi di nuovo – ad amarsi di nuovo – che riesce a invertire la magia. L’amore di Anna per Elsa ha sciolto il cuore di ghiaccio, ma l’amore di Elsa per Elsa ha sciolto tutto il resto.

OCEANIA – 2016

E siamo arrivati all’ultima Principessa, se così si può considerare (anche se lei stessa nel film non si definisce una principessa), che la disney ha  realizzato: Vaiana. Vaiana “naviga” nella stessa direzione delle ultime eroine Disney: figlia del capo villaggio, vive in un ambiente in cui non sembrano esserci grandi differenze di genere, infatti succederà al padre da sola, in assenza di una figura maschile. Concreta e intraprendente arriva fino a negare l’evidenza di essere una principessa perché – dice lei – le mancano i tratti distintivi. Inoltre in tutto il film non si cambia mai d’abito… Tutta un altra storia rispetto ai primi classici sulle principesse disney. Diciamo che il suo spirito è molto simile a Mulan e Ribelle che fanno di tutti per salvare il proprio popolo.

redazione