Il criminale più crudele di sempre

Cayetano Santos nacque a Buenos Aires il 31 ottobre 1896 da immigrati calabresi. A pochi anni di vita si traferì in Argentina dove si fece chiamare ” il Piccolo Orecchiuto”. Cayetano passò la sua infanzia in strada e non terminò mai gli studi per il suo scarso interesse nella scuola e per il suo carattere molto ribelle.

A soli 7 anni nel 1904, Cayetano portò con l’inganno Miguel de Paoli, di quasi due anni, in una casa abbandonata, dove lo picchiò a sangue, per poi gettarlo sopra un mucchio di arbusti spinosi.

L’anno seguente, Ana Neri di appena 18 mesi venne colpita, in un luogo isolato,  più volte alla testa con una pietra. Nel 1906, prese una bimba di circa due anni e la portò in un terreno abbandonato, dove cercò di strangolarla, ma poi ci ripensò e decise di seppellirla viva in una fossa. Denunciata la scomparsa la bambina non fu mai ritrovata. Si seppe della sua sorte soltanto alla confessione di Cayetano.

Il 9 settembre del 1908, Severino Gonzalez Calò, di due anni, fu portato da Cayetano in un magazzino situato di fronte alla Scuola del Sacro Cuore, dove fece annegare il bambino in un abbeveratoio per cavalli e lo fece morire soffocato. Il 15 settembre, con una sigaretta accesa bruciò le palpebre a Julio Botte, di 22 mesi. Fu scoperto dalla madre della vittima, ma riuscì a fuggire.

Il 17 gennaio 1912, entrò in via di Corrientes e diede sfogo alla sua nuova passione: incendiare.

Il 26 gennaio 1912  Arturo Laurora, di 13 anni, fu ritrovato in una casa  all’inizio di via Pavón con il corpo mezzo nudo. Arturo fu selvaggiamente picchiato e successivamente impiccato.

L’ultimo suo crimine avvenne nei confronti di Gerardo Giordano di soli tre anni. Adescò con delle caramelle il piccolo Gerardo e lo portò in un luogo remoto chiamato Moreno Quinto. Una volta giunti all’ingresso di una fornace di mattoni, il bambino iniziò a piangere e si rifiutò di entrare. Ma Cayetano non perse tempo: l’afferrò violentemente per le braccia e lo trascinò all’interno. Lo colpì con forza al volto e quando fu esanime a terra mise il ginocchio destro sul petto del povero Gerardo.

Il killer dopo aver ucciso molte volte nella stessa maniera, conosceva bene il meccanismo: si tolse la cintura e strangolò il piccolo. Gerardo cercò di alzarsi, così Cayetano decise di legargli mani e piedi tagliando la cinghia con un fiammifero acceso. Anche in questo caso continuò a soffocarlo con quel capestro improvvisato, ma il piccolino seguitò a rifiutarsi di morire. Allora, un’idea perversa attraversò improvvisamente la mente dell’assassino: perché non forargli la testa con un chiodo?

Unendo l’azione all’idea, il “ Petiso Orejudo” si diede il compito di trovare l’attrezzo giusto e la sua ricerca lo portò all’esterno del locale, dove incontrò il padre di Gerardo che gli chiese di suo figlio; distaccato, Cayetano gli rispose di non averlo mai visto e gli suggerì, addirittura, di andare al commissariato per chiedere aiuto. Nel frattempo Orejudo trovò un vecchio chiodo da 7 cm. Ritornato dalla sua vittima, con in mano una pietra come sorta di martello, in men che non si dica affondò nella tempia del piccolo il chiodo arrugginito.

Quella notte, durante la veglia al cadavere di Gerardo, Cayetano fece atto di presenza. Dopo aver visto per un attimo il corpo senza vita del piccolo, lasciò in lacrime l’abitazione. Come confesserà, in seguito, alle autorità egli voleva vedere se la testa aveva ancora il chiodo conficcato…

Fu dichiarato inizialmente insano di mente e rinchiuso nell’Ospizio della Misericordia. Morì nel 1944  e quando il cimitero vicino al carcere venne rimosso, le sue ossa erano sparite.

redazione