Cosa guardare se sei a casa: Posti in piedi in paradiso

“Posti in piedi in paradiso” è il film scelto per voi per questo sabato sera da trascorrere in casa, ma serenamente.

Regia di Carlo Verdone.
Con Carlo Verdone, Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, Micaela Ramazzotti, Diane Fleri.

Dal titolo evocativo e anche un po’ poetico, “Posti in piedi in paradiso” è una commedia diretta ed interpretata da Carlo Verdone nel 2012.
È il Verdone della crisi, in tutti i sensi. Sono trascorsi i suoi anni aurei del suo primo cinema, ed inoltre siamo in tempi di piena crisi economica in Italia.

Ironicamente, infatti, con “posti in piedi” ci si riallaccia al lavoro, dunque, alla precarietà che ha riguardato, e riguarda tutt’ora, l’economia del nostro Paese. Per di più, nel finale, attraverso una mail di dimissioni scritta da Favino, s’esplicita la morale d’insegnamento che la pellicola lascia in eredità, ricollegandosi, per l’appunto, al titolo con efficacia.

Come efficace è anche la ciclicità che riguarda inizio e fine del lungometraggio: la musica alquanto presente ed omaggiata durante la visione apre e chiude, e specie in conclusione, colpisce il passaggio rapido e meccanico dall’inquadratura della Tour Eiffel ad un disco che gira, reso con una qualità tale che è come se fossero due oggetti meccanici della stessa natura.
Tralasciando il significato di questo brusco passaggio non confuso, tuttavia se ne apprezza l’audacia.

Ma, se è nella seconda parte che il film regala anche qualche colpo di scena con scacco matto di ipocrisie genitoriali verso la fine (la figlia di Verdone resta incinta a 17 anni, e il padre vuole farla abortire, dopo che la madre di lei e quindi l’ex di lui restò di lei incinta a 18 anni), la prima rischia di annoiare, se non fosse per la bravura di attori professionisti e alcune risate che loro stessi suscitano. Infatti, tra equivoci, amanti e situazioni prevedibili si resta di stucco inizialmente come se ci si trovasse dinanzi alla visione di un cinepanettone nobilitato (si nota anche che la produzione è curata dalla Filmauro), poi però viene fuori qualche aspetto sociale amaro riguardante, appunto, aldilà della crisi economica, la crisi esistenziale di tre immaturi fondamentalmente falliti a causa loro.

E nel solco di questo trio costituito da Verdone, Favino e Giallini s’inserisce anche una splendida Ramazzotti, che se da un lato con azzardo una buona parte della critica di oggi la definisce come la “nuova Monica Vitti”, dall’altro si può dire che, pur calata qui in una parte d’ansiosissima che tra gesti ed espressioni può accennare qualche volta a delle partiture vittiane, in verità è se stessa in quanto artista e non si propone assolutamente di copiare o imitare, anzi, ma ci presenta una recitazione di spicco che non ha nulla a che vedere con la Vitti più che altro perché è qualcosa di nuovo, specialmente per la resa che ne deriva.

Inizialmente si pensa a lei come ad una caratterista che riempie la scena, perché in effetti è in grado di esercitare quest’abilità, poi però s’inserisce bene nel film tra i protagonisti. Eppure, simpatici caratteristi non mancano (si veda la sequenza della festa di compleanno della Ramazzotti), pur non avendo, ovviamente, la forza e le capacità di quelli di un tempo, ad esempio, di restare impressi nella nostra memoria.

Non manca qualche situazione di dejàvu nel corso della pellicola, specie nella prima parte e specie in certe mosse verdoniane facciali o verbali che però fanno sempre ridere. Tuttavia, il regista ed attore pur affrontando con una dose di sicurezza in quanto a certa leggerezza stilistica una tematica purtroppo ancora attuale, s’avvale di una storia che sembra già tutta scritta mentre la guardiamo, ma che allo stesso tempo forse non ce la immaginavamo così, e non solo relativamente ad alcune aspettative e delusioni. Insomma, gli interpreti hanno saputo raccontarla, e nel non osare più di tanto, così, Carlo non sbaglia e porta comunque a casa un lavoro di distinto rispetto.

È bello, poi, anche il messaggio d’una vita dalla quale forse pretendiamo più di quanto facciamo per meritarcela, perché il nostro impegno non è mai abbastanza come mai abbastanza è il nostro tasso di maturità: si sbaglia, si impara, si fa esperienza, si cresce, ed è solo così, in effetti, come accade anche ai protagonisti della pellicola, che si può conquistare un posto in paradiso, ma intendendo per “paradiso” questa terra “hic et nunc”, che è l’unica certezza.

Ed anche le ipocrisie, in tempo di crisi economica, possono dare un risvolto, possono ammaestrare: Verdone regista l’ha capito e lo dimostra, non a caso, soprattutto nella storia che riguarda proprio il suo personaggio.
L’avvertimento, però, riguarda anche la modalità di questi posti: “in piedi”, perché solo muovendosi poi ci si potrà comodamente e meritatamente riposare, sedendosi appunto, metaforicamente.

P.S. Dinanzi a genitori irresponsabili, s’apprezza che i figli, per logica coerenza di realtà, non siano tutti in grado di dare un buon esempio.
Piccola parodia allegra ed efficace è insita nella “sequenza dei ladri” con l’equivoco e lo sbaglio non scontato della dimora per compiere il furto.
Dura poco ma è una bella presa in giro di una specifica categoria sociale prima dei tempi la scena dell’intervista ad una sorta di influencer che sogna di recitare diretta da Muccino (piccolo riferimento autobiografico di un Favino che nella commedia, infatti, dice di conoscere il noto regista).

Il moralismo non tarda a farsi sentire neanche quando, in conclusione, Giallini dopo aver vinto al gioco corre in auto per andare ancora a giocare con l’incasso, ma stavolta a poker, e fa un incidente (senza morire).

Valutazione: Distinto

Christian Liguori