Cellini omicida, storia di un orafo assetato di sangue

Non è certo la prima volta che sentiamo parlare di omicidi ed efferati spargimenti di sangue. Ma se questi delitti sono compiuti da un artista? Gli artisti, già: proprio loro. Quelle persone sublimi che i libri di storia e di poesia ci consegnano come persone integre, rette ed esemplari, come modelli da seguire, numi tutelari di arcani valori e di un sapere immenso nel campo dell’arte, della letteratura e della scultura. Sbagliato, sbagliato: tutto è sbagliato! Non credete a queste bugie. Sono tutte balle!

Cellini nasce nel 1500 ed è riconosciuto come uno dei massimi artisti del tardo Rinascimento italiano. La sua opera più importante è il Perseo, la statua che ancora oggi si può ammirare in piazza della Signoria a Firenze. Questa statua ha qualcosa di misterioso. O almeno così sembra dalla lettura della sua “Vita”, autobiografia a lungo manoscritta dell’autore. E’ vero che ogni opera è come un figlio per l’autore, ma Cellini ha proprio esagerato! Forgiato dal bronzo come le armi di un novello Vulcano, il Perseo ha avuto una lunga e difficile gestazione che avrebbe garantito eterna gloria al suo autore. E non solo: forse pochi di voi sapranno che il narcisismo di Cellini (a cui piaceva fare giochi di parole sul suo nome: Benvenuto) spinse l’orafo a realizzare un suo autoritratto sulla nuca del Perseo! E già: così curiosa la situazione che non trova la sua realizzazione in un normale cammeo o in un comunissimo intarsio. E’ infatti attraverso un gioco prospettico e di luci che noi riusciamo a vedere e riconoscere il volto misterioso dell’artista. Un escamotage niente male, segno di un artista brillante e oltremodo preparato.

In realtà, per quanto bravo egli fosse, non ha mai avuto un rapporto molto cordiale con gli altri artisti. Cellini era un tipo aggressivo, che non esitava a mettere mano al suo pugnale per aggredire chiunque gli facesse un torno. Fu anche un omicida, il che desta molto più scalpore se lo fu al soldo dell’allora papa Clemente VII ai tempi del sacco di Roma (1527). Cellini, infatti, non esita a vantarsi delle sue prodezze da archibugiere di Castel Sant’Angelo, l’inespugnabile prigione dello Stato Pontifico. Cellini si vanta di aver diviso in due, con un solo colpo di cannone, un generale e di aver ferito a morte il principe d’Orange. Finito il Sacco di Roma, Cellini prosegue con la sua vita sregolata: misogino, omicida, violentatore di “quella Caterinaccia puttana” che la tradirà, alla fine non esiterà nemmeno a sparpagliare qualche figlio illegittimo in giro per l’Italia durante i suoi viaggi. Viene poi accusato di sodomia e infine di furto, ragione – paradossale a fronte di tutto quello che aveva combinato! – della sua prigionia a Castel Sant’Angelo, quella prigione che aveva così valorosamente difeso.

Insomma, un Caravaggio ante litteram (infondo chi è che può essere così provocatorio da ritrarre una rappresentazione sacra ispirandosi a una puttana?), Cellini ha alternato la sua vita fra aggressioni e manufatti artistici per i signori di Firenze e nientepopodimeno che per il re di Francia Francesco I. Una vita emozionante, non c’è che dire, ma eravate a conoscenza di questi lati oscuri del più importante e famoso orafo del 1500 italiano?

Andrea Colore