“Borderline, le frontiere della pace”: confini invisibili tra gli Stati europei

Sono passati ormai oltre vent’anni dall’entrata in vigore, nel marzo del 1995, degli accordi che diedero il via all’apertura delle frontiere e alle garanzie inerenti l’attuazione della libera circolazione delle persone, mediante l’abolizione dei controlli ai confini europei. Prima di quella data reticolati e recinzioni, che si estendevano per chilometri, erano presidiati da posti di guardia che controllavano documenti, permessi di soggiorno e di lavoro, creando file interminabili di auto e veicoli, dando così l’impressione di ritrovarsi in un set di quei famosi film di spionaggio alla James Bond. Oggi tutto questo è ormai un lontano ricordo per i 26 Paesi europei che hanno aderito all’area Schengen; di quei confini in passato tanto odiati, ma allo stesso tempo adulati da chi aspirava a superarli, resta ben poco, tanto da sembrare invisibili agli occhi di turisti e viaggiatori.

Questo cambiamento storico è stato immortalato per la prima volta da Valerio Vincenzo, fotografo italiano classe 1973 che, attraverso il suo progetto “Borderline, le frontiere della pace”, ha percorso i 16.500 km di confini tra gli Stati, grazie all’aiuto di un GPS. Fu una foto di Cartier Bresson, che mostra una dogana a Bailleul tra la Francia e il Belgio, a far scattare in Valerio la scintilla che lo ha portato alla realizzazione del progetto. E’ così iniziato il suo viaggio alla ricerca di quella famosa dogana che lo aveva tanto colpito, unito al fatto che aveva vissuto in prima persona, attraverso una stage in Francia ai tempi dell’università, il pre e il post Schengen rimanendo sorpreso dagli effetti e dalle conseguenze che l’accordo aveva generato.

 L’idea, che inizialmente avrebbe dovuto riguardare solo vecchie dogane abbandonate, si è presto trasformata nella voglia di immortalare quelle che ormai sono diventate le frontiere della pace e del futuro. Un confine che, come testimoniano le sue fotografie, rispecchia la stessa varietà dei paesaggi europei e va ricercato nei luoghi più strani e impensabili: un fiume o un lago, una fitta foresta, un borgo di campagna o un prato spoglio. A volte la frontiera è indicata anche solo da un cartello o da una linea tracciata sul terreno, altre volte non c’è assolutamente nulla da segnalare. Niente barriere, niente muri, niente ostacoli a dimostrazione che quella dei confini risulta essere soltanto il frutto di uno stereotipo creato dall’uomo, perpetuando l’idea di Europa molto più unita.

Tutto ciò risulta purtroppo vero solo in parte, considerando le eccezioni al trattato messe in atto da alcuni paesi di fronte alla crisi dei migranti negli ultimi periodi, per i quali, a differenza degli europei, i confini sono ancora qualcosa di molto reale e tangibile. Resta quindi da chiedersi come sia possibile che nell’era digitale nonché del trionfo di Internet e dei Social Network, le barriere e le muraglie fisiche siano a malincuore tornate di moda.

Erminia Lorito