Il Bauhaus: l’unione tra genio ed industria

Bauhaus (Bau = costruzione; Haus = casa): un nome che sembra uno scioglilingua per un progetto che ha tracciato, senza paura, la storia del Design innovativo. Nel 1919, a Weimar, in Germania, l’architetto Walter Gropius scelse di percorrere un sentiero senza indicazioni e cercare il progresso, oltre che l’unione di tutte le arti nell’architettura, trasformandola nella Regina Madre dell’arte.

Cosi, passando dalla teoria alla pratica, con l’appoggio del Granduca di Sassonia, fuse l’ex Istituto Superiore di Belle Arti e l’ex scuola di Arte Applicata con l’aggiunta di una sezione di architettura. Nacque così il Bauhaus, scuola d’arte, architettura e design che venne annunciato con entusiasmo dal ”Manifesto e programma del Bauhaus statale di Weimar”, pubblicato nel gennaio 1919. Il Manifesto, in cui troneggiava una xilografia di Lyonel Feininger che rappresentava una cattedrale con una torre e tre raggi brillanti, simboli metaforici di pittura, scultura e architettura, si fa portavoce degli obiettivi del Bauhaus. “L’obiettivo finale di tutta l’arte è l’edificio! Non vi è alcuna differenza tra l’artista e l’artigiano. L’artista è un artigiano esaltato. In rari momenti di illuminazione, l’arte fiorisce nelle mani dell’artigiano, ma le basi di studio sono indispensabili. Questa è la fonte originale del design creativo”. Questo era il pensiero alla radice del Bauhaus assieme al sogno più ambizioso: dare terreno all’edificio del futuro in cui si uniscono in simbiosi tutte le discipline artistiche. Il movimento Bauhaus ebbe vastissimo influsso sull’architettura e su tutte le forme d’arte applicata, ma è noto anche per aver aperto le porte alla parità dei sessi. “Non ci deve essere alcuna differenza tra il sesso più bello e quello più forte” aveva detto Gropius: la scuola era aperta ad entrambi i sessi, tentando, pur non riuscendoci mai del tutto, di discostarsi dalla mentalità marcatamente maschilista dell’epoca. Tra le più note studentesse si ricordano Marianne Brandt, conosciuta soprattutto per le sue lampade a globo e le teiere.

Cerchiamo di capire cosa si faceva davvero all’interno di questa scuola. La formazione prevedeva un corso propedeutico, della durata di 6 mesi, che aveva come obiettivo un approccio all’arte totalmente nuovo: si facevano infatti lezioni sui materiali (vetro, carta, metallo) e di scrittura. Gli studenti del Bauhaus ebbero la fortuna di avere due grandi maestri: Paul Klee che tenne un “insegnamento formale figurativo” che comprendeva lo studio delle proporzioni, delle immagini riflesse, delle forme e dei colori primari, e Kandinskij che tenne un corso sul disegno analitico e la composizione cromatica, prediligendo gli effetti di colore risultanti dalle loro sovrapposizioni. Vi erano poi numerosi laboratori di ceramica, tessitura, grafica, scultura in legno ecc. La sezione architettura, la più fertile e rappresentativa del Bauhaus, era organizzata in un corso teorico e pratico, strutturato in 3 fasi consecutive: risoluzione di piccoli problemi architettonici, partecipazioni in gruppi a grandi lavori e la tesi di diploma.

La scuola Bauhaus di Dessau (General Photographic Agency/Getty Images)

Da questa unione di arte e tecnica, poteva venire alla luce qualcosa di profondamente innovativo da poter riprodurre in serie. Le linee semplici e le forme geometriche erano la sintesi di una nuova creatività messa al servizio della produzione industriale. Tra le opere più importanti, troviamo la sedia realizzata con i tubi in acciaio e la cucina componibile di Breuer. Tuttavia, nel 1926, il Bauhaus si trovò in gravi difficoltà per la scarsa partecipazione dell’industria. Ma, chi nasce sotto una buona stella, ha un destino favorevole e duraturo: Dessau, città della Germania centro-orientale, propose di accogliere un nuovo Bauhaus e Gropius colse l’occasione per realizzare l’edificio che incarna per eccellenza lo spirito del design innovativo.

Dessau fu una sorgente inesauribile di genialità che portò alla diffusione, a livello internazionale, di molteplici disegni per edifici e oggetti di uso comune, tenendo viva in mente l’immagine salda dell’Industrial design. Nonostante l’occhio cinico del nazismo che costrinse, nel 1933, a ridurre la scuola in un grumo di polvere, la corrente fresca delle nuove prospettive presentate dal Bauhaus non smise di scorrere.

A Chicago e ad Ulma cercarono di ripetere l’esperienza nata con il Bauhaus e, a partire dal 1979, il Bauhaus Archiv di Berlino ha scelto di esporre una collezione di oggetti recuperati in tutto il mondo che raccontano la storia delle mani di chi ha creduto nel potere dell’arte, di chi ha costruito la scala per raggiungere un pianeta migliore, quello di chi sa vedere un mondo che ruota dietro una sola linea!

Alessandra Nepa