Bambini soldato: un’emergenza da combattere

Ammazzano, sparano, giustiziano, si fanno esplodere in aria. E’ questo il nuovo scenario che si affaccia nelle vite dei bambini, pronti a tutto e a tutti, cresciuti forse troppo in fretta e costretti ad affrontare e a piegarsi agli ordini dispotici di adulti senza scrupoli di coscienza. Nel mondo, secondo i dati dell’Onu, si parla di numeri pari a 300 mila minori di età inferiore ai 14 anni, principalmente in Africa, Asia e America centrale e del Sud. Bambini che hanno dovuto rinunciare ai balocchi per preferire le armi, la cui infanzia è stata negata e distrutta, allevati nell’ombra della vendetta, dell’odio e del rancore. Bambini divenuti ormai soldati, kamikaze, terroristi.

E’ di poche settimane fa la notizia del terrorista che ha colpito a Gaziantep, in Turchia, durante una festa di matrimonio di una famiglia curda: secondo le immagini delle videocamere di sorveglianza e le riprese video amatoriali, si tratta di un bambino di 12 anni, accompagnato sul luogo dell’attentato da due adulti, che si sono allontanati velocemente. “Usate i bambini per compiere attacchi dolorosi, perché il nemico non sospetta di loro”, ecco quanto riportato ne “Il manuale del giovane jihadista”. Questi giovani rampolli frequentano delle vere e proprie scuole in cui viene insegnato loro come combattere, vengono sottoposti a torture e addestrati subendo una sorta di lavaggio del cervello, indottrinati e obbligati a commettere atrocità.

Ma non è tutto. Ad incidere sono soprattutto le condizioni di vita di questi bambini che si vedono costretti ad arruolarsi anche per difesa personale. In un mondo circondato da odio e violenza, si sentono paradossalmente più protetti da un gruppo combattente e con armi alla mano. In Africa per esempio, si stima che l’80% dei bambini soldato ha assistito ad un’azione armata intorno alla propria casa, il 70% ha visto distruggere la propria abitazione, il 60% ha perso la propria famiglia in guerra. Molti bambini hanno fatto esperienza diretta o sono stati testimoni oculari delle peggiori violenze: massacri, esecuzioni sommarie, torture, violenza sessuale. La vendetta perciò è uno stimolo abbastanza forte per unirsi alla lotta.  Ecco quanto emerge da un racconto di uno di loro: “Mi sono arruolato nell’esercito quando avevo 14 anni, perché ero convinto che il solo modo di riavere la mia famiglia o di impedire che le cose andassero avanti in quel modo fosse far parte dell’esercito e ammazzare chi era responsabile dell’uccisione dei miei genitori. Ma, vedi, la cosa più inquietante è che, una volta che mi sono arruolato e ho cominciato a combattere, mi sono ritrovato ad ammazzare madri e padri di altri bambini e dunque a creare una spirale di vendetta“.

Il problema dei bambini soldato scavalca i confini di genere, tanto è vero che, nonostante la maggior parte di essi sono maschi, anche le ragazze rappresentano un numero significativo pari a circa il 30%. Ragazze che vengono poi violentate, costrette a combattere e date in mogli agli ufficiali come premio. Il risultato è che i capi dell’esercito risultato anche a capo di famiglie composte da mogli-bambine e dai rispettivi nascituri che saranno destinati ad ingrossare le file dei combattenti.

Inutile sottolineare che il reclutamento e l’utilizzo dei bambini come armi da guerra, rappresentano una delle peggiori violazioni delle norme che regolano i diritti umani. Da anni ormai l’Onu, l’Unicef e le altre organizzazioni internazionali sono impegnati attivamente per aiutare non solo a difendere la vita di questi innocenti, restituendo loro sorrisi e speranze, ma cercando soprattutto di sensibilizzare l’opinione pubblica in merito, combattendo questa terribile piaga che affligge la nostra società.