Arte e tecnologia si uniscono: nascono le emoji ispirate ai grandi artisti!

Se ci fermassimo a pensare come il modo di comunicare sia cambiato nel tempo, probabilmente non troveremmo aggettivi adeguati. Tutto ebbe inizio con una lettera scritta a mano poi ci furono le prime macchine da scrivere fino ad arrivare ai nostri giorni dove per esprimere un’emozione usiamo semplicemente un emoji. Queste simpatiche “faccine” hanno fatto capolino nel mondo dell’arte e dal connubio di queste due realtà è nata una alquanto divertente “invenzione” che oggi, cari lettori di Social Up, vi presentiamo. Le emoji ispirate ai grandi artisti ed alle loro opere sono un fantastico modo d’unire arte e comunicazione moderna. Da quando la messaggistica istantanea di Whatsapp o Messenger è entrata prepotentemente nelle nostre vite, le emoji sono diventate sempre più un modo veloce quanto spiritoso per esprimersi e comunicare su internet e sui quotidiani social network. Così facendo, attraverso dovute modifiche d’alcune delle emoji più famose del web che sono nati, grazie all’inventiva del Cantor Fine Art di Los Angeles, spassosi ritratti ispirati alle più grandi personalità artistiche della storia.

E’ così che l’arte, attraverso i suoi mille canali ed infiniti modi d’influenza, è riuscita con divertimento ed eleganza a rendere un po’ meno superficiale il mondo delle emoji: grazie alla galleria di Los Angeles, non soltanto faccine sorridenti, animali e cuoricini vari compariranno su Whatsapp per omaggiare quelli che furono i più celebri del panorama artistico degli ultimi secoli, ma molte altre immagini originali e divertenti.

Non soltanto ritratti, quindi: alcune delle più famose opere d’arte conosciute, come “La ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer, la stravaganza di Jackson Pollock, l’orinatoio di Duchamp, “La bambina che ha perso il palloncino” di Bansky. Da questo eccentrico mix di arte e tecnologia, le icone usate ogni giorno per i messaggi più disparati si colorano di una veste diversa, rendendo un po’ più eleganti e artistiche le nostre “moderne” comunicazioni.

Alfonso Lauria