La pandemia ha radicalmente cambiato il paradigma del mondo lavorativo, portando milioni di persone a riconsiderare le proprie priorità e abbandonare la propria posizione. Uno scenario che in molti hanno definito “Great Resignation”, ovvero “Grandi Dimissioni”: sono soprattutto i giovani under 30, appartenenti alla Generazione Z, e gli occupati in settori ad alto tasso di stress a decidere di voltare pagina, riconciliandosi con i propri affetti e le proprie passioni.
Un fenomeno dilagante anche in Italia dove, secondo i dati più recenti del Ministero del Lavoro, le dimissioni sono aumentate del 23,2% da aprile a novembre 2021. Ma cosa possono fare le aziende per ovviare a questo problema e cercare di trattenere i propri dipendenti?
A rispondere è Antonio Panìco, founder di Business Coaching Italia: “La retribuzione non rappresenta più un fattore di scelta primario. Di solito si cambia lavoro per via del rapporto con il capo o per la mancanza di equilibrio tra vita privata e professionale. Le aziende, soprattutto quelle italiane, devono tener conto di questo fenomeno dimissionario e incentivare i propri dipendenti con maggiori benefit e un avanzamento di carriera, abbandonando la cultura clientelare. Altro aspetto da non sottovalutare è assicurare un buon clima di lavoro: le persone cercano una realtà ben organizzata, in cui le regole siano chiare e non vi siano confusione o incertezza. Queste sono le condizioni ideali in cui il lavoratore possa sviluppare autonomia, motivazione, produttività e un legame con l’ambiente di lavoro”.
Motivazione e premi per la produttività si collocano dunque al primo posto dei consigli, seguiti dall’avanzamento di carriera e dall’abbandono della cultura clientelare. Non si tratta di ambire a un posto di lavoro meglio retribuito, piuttosto di conciliare al meglio vita privata e professionale, sfuggendo al burnout e all’esaurimento. A latere, le aziende dovrebbero avere una maggiore pianificazione fiscale e puntare su un modello phygital, che ibrida il fisico al digitale.
“I dipendenti sono prima di tutto persone e come tali andrebbero trattate. Se le aziende non riescono a scardinare il circolo vizioso della mancanza di flessibilità, continueranno a perdere personale qualificato. Necessario anche un riassetto del management: senza leader preparati e pronti all’ascolto, viene a crollare l’intero sistema imprenditoriale” conclude il business coach Antonio Panìco.