Dal 19 Marzo al 31 Agosto, si svolgerà una mostra dedicata unicamente al pittore Antonio Ligabue, nella sala di Duca di Montalto del Palazzo Reale di Palermo. L’esposizione si chiamerà “Antonio Ligabue (1899-1965). Tormenti e incanti” e vedrà come protagonisti i capolavori di questo creativo dalla vita travagliata e difficile.
La mostra intende portare l’osservatore ad interrogarsi e ad approfondire l’opera pittorica dell’artista per meglio comprendere le tematiche affrontate da quest’ultimo. Il pittore, spesso definito nel corso della sua vita un ”folle” (e per questo deriso ed emarginato), volle dipingere sempre soggetti piuttosto particolari: nello specifico, egli era solito a dipingere piuttosto frequentemente animali esotici o comunque predatori, ed autoritratti (capitolo dolente ed amara poesia). Questo suo continuo auto affermarsi dipingendo autoritratti, nasconde forse una nuda e cruda verità: il tentativo di volersi costantemente imporre come personalità estrosa di pittore, ed in contemporanea il voler sottolineare la sua umanità e sensibilità (per la quale egli venne sempre considerato uno ”straniero in terra straniera”). Nei tratti decisi della sua opera artistica, e in particolare negli autoritratti, si riscontra spesso la volontà di trasmettere una descrizione in maniera piuttosto esplicita della sua solitudine esistenziale e del suo disagio.
La vita dell’artista fu infatti sempre segnata dalla sofferenza e del dolore: dalla perdita della madre per mano presumibilmente del patrigno, ai continui disagi che continuarono anche all’interno della sua famiglia adottiva, ai frequenti ricoveri negli ospedali psichiatrici (a causa dei suoi strani comportamenti e per via degli atti autolesionistici), fino a una paresi dovuta a un incidente in motocicletta.
Antonio Ligabue era denominato ”Al Matt” (il matto), e nessuno mai fu in grado di comprendere l’assoluta malinconia e solitudine provata dal pittore, che trovava conforto solo nella sua arte. Come scriveva Proust, ”La felicità è benefica per il corpo, ma è il dolore che sviluppa i poteri della mente”: ciò porta dunque a interrogarsi sui motivi per cui dal dolore nasce l’incanto di opere come quelle di Ligabue appunto, ma anche di molti altri artisti che hanno fatto dell’arte la loro ancora, del loro dolore la loro catarsi, purezza di un porto sicuro dove rifugiarsi dal costante dolore dovuto a una spiccata sensibilità spesso incompresa (si pensi a Van Gogh, a Frida Kahlo e a molti altri). Da Marzo avremo dunque la possibilità di meravigliarci e cercare anche solo in parte di comprendere l’affascinante arte di Antonio Ligabue grazie alla mostra a lui dedicata a Palermo, allestita dal professor Sandro Parmiggiani. E se ”La vita è un pendolo che oscilla tra dolore e noia” come affermato da Schopenhauer, allora forse il genere umano si dovrebbe interrogarsi sul valore del dolore e sensibilizzarsi a questa tematica, comprendendo e non escludendo l’artista e ciò che è arte, anche se questa è spesso legata misteriosamente alla follia che nasce dalla sofferenza.