“Alpha e Omega” – Il libro più spaventoso di sempre

Di Giovanni Shadowlord Grasso per Social Up!

Io ero lì e vidi. Enormi città come mai i miei occhi hanno potuto ammirare, mastodontiche torri di vetro e cemento che come spade fendevano il cielo e tutto era in fiamme. Erano bastate poche ore per devastare con fuoco e zolfo questi imponenti edifici, gli stessi demoni dell’inferno ne furono gli artefici. Grottesche creature alate si innalzavano fino a coprire il sole e da terra chiaramente visibili contro luce vene e arterie che attraversavano i patagi delle loro ali alterando i colori e donando cupi riflessi sanguigni ad ogni dove. L’attacco fu rapido e spietato solo poche ore prima la gente si trascinava pigra nella loro normalità e poi come una eruzione migliaia di demoni luciferini si sono riversati sfogando la loro depravazione e violenza contro la popolazione inerme.

Membra esangue tappezzavano le strade e aleggiava nell’area odore di morte un odore che avevo imparato ad odiare prima e dimenticare poi, una bambina di undici anni non dovrebbe essere abituata a questo orrore ma questa era la verità. Così come l’attacco fu repentino così la difesa fu rapida e violenta, il cielo si illuminò e il corno degli angeli risuonò con violenza nelle orecchie dei peccatori. Creature diafane con ali dorate si scagliavano con quei abomini infernali con una lucida ferocia, si prodigarono alla difesa di ogni essere vivente, uno per uno fu salvato in questa pioggia di luce divina.

Le spade del Signore erano affilate e giuste e il fuoco dell’ade non riusciva a penetrare la terribile collera suprema e la testa de serpente fu schiacciata in una orgia di luce. Si avvicinò a me un Serafino l’avevo riconosciuto per le sei ali piumate, stranamente riuscii a guardarlo senza esserne abbacinata dal suo splendore. Ringraziai per quanto avevano fatto e mi misi a parlare come si fa con il proprio fratello. “Vi ringrazio nuovamente per quello che avete fatto, siete intervenuti in fretta” gli dissi, “Non possiamo permettere che gli esseri umani soffrano, Lui non lo permette. Siamo suoi figli e viviamo nel suo immenso amore” furono le sue prime parole. “In molti racconti noi soffriamo tanto e per lungo tempo e poi arriva l’eroe buono che, subendo e affrontando tanti sacrifici e tanta tristezza riesce a liberarci” dissi con occhi umidi. Di risposta il Serafino scrollò le sue ali e replicò ripetendosi “Non funziona così, Dio è amore puro, non può permettere che i propri figli vengano torturati in questo modo. Così come una madre agisce prontamente per il bene proprio bambino così Dio prontamente aiuta i suoi unici figli” Fui sollevata dalle sue parole e una goccia di speranza mi illuminò il cuore,mentre vidi il Serafino volare via anche la mia anima sorrise.

Mi svegliai bruscamente, l’odore pungente dell’urina e il freddo mi fecero trasalire. Mi toccai la testa ma le mani non incrociarono i miei boccoli biondi, solo il liscio scalpo si frappose fra le mie dita. Guardai mia madre anche lei con la testa rasata, mi sorrise mai suoi occhi erano vuoti, tremai stringendomi a lei. La capanna dove ci trovavamo era piccola e sporca, dovevamo dividerla con molta gente che come noi tremava. Mi venne in mente il sogno che avevo appena fatto e piansi. Nelle lacrime scorsi un piccolo scalpello sul pavimento e lo raccolsi, mi avvicinai ad una colonna consunta ed incominciai ad incidere la pietra. Stavo ancora piangendo quando finii scrivere su quella trave, lasciai cadere lo strumento ora ma senza valore per me. Riuscii a ritornare verso mia madre con molta fatica quando la porta si aprì. Ci urlarono qualcosa che non capii ma mia madre ne fu terrorizzata, provai a chiederle qualcosa ma lei rispose solo “doccia”. Ci fecero uscire in una fila ordinata e non ritornammo più nella capanna ma questa non rimase vuota a lungo. Altre persone entrarono, c’erano anche molti bambini. Uno con i capelli rossi si avvicinò al pilastro che avevo inciso quando ero ancora in vita, lesse ad alta voce “Se Dio esiste dovrà chiedermi perdono” la gente trasalì e pianse. Ed io? Non c’è molto da dire ma penso che non riceverò mai le sue scuse.

redazione