Wikipedia diventa maggiorenne: la più famosa enciclopedia on-line compie 18 anni

Il 3 luglio 2018 gli utenti italiani hanno avuto un primo assaggio di come sarebbe internet senza Wikipedia: in segno di protesta contro la direttiva sul copyright in votazione al Parlamento europeo, Wikipedia Italia aveva oscurato il sito, destando non poca ansia negli utenti che cercavano disperatamente il suo aiuto on-line. Già, perché spesso ci dimentichiamo del valore di quello che abbiamo e che usiamo, ma questo con riguardo a qualsiasi cosa, perfino rispetto alla persone. Figuriamoci se diamo valore alla possibilità di ricercare informazioni su un’enciclopedia on-line.

Jimmy Wales, fondatore dell’enciclopedia più famosa del web, da un po’ di tempo a pubblicato un messaggio con cui chiede a tutti gli utenti di dare un contributo per mantenere in vita Wikipedia, che tra l’altro è diventata maggiorenne: il 15 gennaio 2019 ha infatti raggiunto di 18 anni di età.

Le perplessità che circondarono l’approdo di Wikipedia sul web non sono certo nascoste e le conosciamo un pò tutti: può davvero funzionare un’enciclopedia “collaborativa”, un’enciclopedia dove davvero chiunque può dare il suo contributo, creando nuove voci e modificando le altre, il tutto senza alcuna ricompensa, se non quella di aiutare, anche culturalmente parlando, il prossimo?

E poi sarebbe stata affidabile? Bah, meglio la “Treccani” avranno sicuramente pensato le nostre madri, mentre pensavano alle nostre ricerche di scuola. “Chissà che qualche furbone si inventa qualche storiella e la pubblica nell’enciclopedia, poi tu figlio mio, come un pesce abbocchi, la usi per ricerca di arte e prendi un bel 3!”. Le cose però non sono andate in questo modo e le nostre mamme non ci hanno bannato Wikipedia.

“Agli inizi del 2000”, racconta Chris Dixon su Medium, “Wikipedia aveva un competitor centralizzato nella tradizionale enciclopedia online Encarta. Nonostante la prima versione di Wikipedia fosse molto meno completa di Encarta, riuscì a migliorare a grandissima velocità, grazie alla sua comunità di collaboratori volontari. Nel 2005, Wikipedia era già diventato il sito più linkato di tutta internet. Encarta ha chiuso nel 2009”.

Wikipedia non è solo il sito più linkato di tutta la rete, è anche il quinto sito più visitato al mondo (almeno stando a quanto sostiene Wikipedia).

I siti che la precedono in classifica sono Google, YouTube, Facebook, Baidu (il motore di ricerca cinese). Sono tuttw piattaforme possedute da grandi e famosi colossi, con fatturati di centinaia di miliardi di dollari. Wikipedia è assolutamente agli antipodi di tutto questo e proprio per questo il suo risultato è strabiliante.

Il mancato guadagno, se così possiamo chiamarlo, non hanno assolutamente fermato Wikipedia, e le persone sono rimaste collaborative nonostante l’enciclopedia “libera”. Basti pensare che nel 2014, quando scoppiò l’epidemia di Ebola, alcuni dei wikipediani legati al progetto Medicina scrissero una dozzina di voci molto approfondite sul tema; contattando poi l’associazione Traduttori senza Frontiere per farle tradurre in oltre 100 lingue. Queste voci, secondo fonti attendibili Wikipedia pare siano state le fonti d’informazione più visitate proprio nelle nazioni la popolazione era stata fortemente colpita dall’Ebola.

Comunque non è tutto oro quello che luccica, stiamo bene attenti. Un’indagine del Washington Post ha fatto emergere il numero crescente di bufale e teorie su svariati complotti tra le pagine dell’enciclopedia. Questi episodi sono del tutto inevitabili, è scontato: la comunità conta un nero troppo grande di utenti che partecipano alla redazione ed alla modifiche delle voce e non è assolutamente semplice controllare la situazione. C’è però da dire che i contenuti

Wikimedia Foundation (la no profit internazionale che si occupa di divulgare i valori delle cultura open source, portandoli anche nelle scuole o nelle biblioteche, e che lavora anche a progetti come Wikidata, Wikiquote, Wikisource e altri) ha segnalato 2.500 utenti attivi per la sezione italiana, 30mila per quella inglese.

Sharon Santarelli