WandaVision: amore, mistero e ironia nell’imperdibile serie Disney Plus

Disponibile come contenuto esclusivo su Disney Plus, WandaVision è miniserie a dir poco ispirata, che innova profondamente il modo di girare i cinecomic fino adesso visto sullo schermo.

La serie, creata da Jac Shaeffer, è suddivisa in nove episodi della durata circa di 30 minuti.  Si tratta a tutti gli effetti di un lungo film a puntate, un sofisticato spin off, dedicato a due degli Avengers: Wanda Maximov (un’incantevole Elizabeth Olsen) e Visione (un sempre all’altezza Paul Bettany), ambientato poco dopo gli avvenimenti di Avengers Endgame.

WandaVision catapulta fin da subito lo spettatore nella tranquilla cittadina Westview, in cui i due protagonisti Wanda e Visione, qui marito e moglie, cercano in tutti i modi di ambientarsi, camuffarsi e vivere una vita tranquilla, nonostante niente di ciò che li riguardi sia usuale, considerati i loro incredibili poteri e il loro essere distanti anni luce dalla comunità in cui devono inserirsi.

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Wanda è infatti dotata di facoltà cinetiche e poteri magici, mentre Visione è un computer umano, un intelligenza artificiale  senziente, dotata di emotività e libero arbitrio (come ricorderà chi ha visto Avengers 2 The age of Ultron). La stravagante coppia deve confrontarsi con il vicinato impiccione e con i problemi quotidiani di ogni famiglia.

E’ così, sotto la forma della sitcom brillante,  che WandaVision immerge gli spettatori nel micromondo di Westview, un’ “utopia” idilliaca per Wanda e Visione, finalmente liberi di sperimentare il loro amore, lontani dai traumi e dagli accadimenti del passato.

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Come tutte le utopie però l’apparente verità comincia subito a “scricchiolare”, come denota già il passaggio dal secondo al terzo episodio, in cui lo stile registico cambia radicalmente (dal bianco e nero al colore), così come cambia l’epoca di ambientazione, così come l’emancipazione della donna negli spot pubblicitari inseriti in ogni puntata.

La mutevolezza di tutti questi elementi fa già intuire allo spettatore che Westview sia qualcosa di incredibilmente atipico e misterioso. Il regista Mark Shakman riesce con abilità a seminare al termine di ogni puntata elementi di suspense che fanno intendere presto come dietro il velo della sitcom si celi qualcos’altro.

In un climax ben dosato e intelligente di sceneggiatura, che ha il pregio di giostrare bene la commedia e il romanticismo con la fantascienza, WandaVision ci introduce a poco a poco nelle dinamiche da cui scaturisce Westview: lo fa abilmente, girandovi intorno e considerando la prospettiva di più personaggi che si approcciano ad entrare e a conoscere la cittadina.

Tra colpi di scena – sul finale viene introdotto anche un altro personaggio Marvel, a sorpresa, che ben si inserisce comunque nel contesto – WandaVision crea davvero un format televisivo tutto suo, con un sofisticato ed elegante gioco meta cinematografico, che fa leva proprio sulla serialità televisiva e la sua evoluzione.

Queste citazione non sono tuttavia fine a se stesse, ma diventano un ben orchestrato sostegno per una fiaba romantica di fantascienza che si interroga sulla memoria, sulla repressione del dolore, infine, su ciò che può rendere imperituro un sentimento, al di là di un tempo e di uno spazio circoscritti in cui astrattamente sarebbe possibile viverlo per l’eternità. Tra inconscio ed autocoscienza, i protagonisti si ritroveranno ad operare un viaggio mentale per ritrovarsi.

Velato di “malinconia pensosa” sul finale, Wandavision ha dalla sua il raro pregio di mantenere, al contempo, un’ironia vivace e scoppiettante per gran parte della sua durata.

L’idea di rompere col passato, sebbene qui portata a compimento in forma più equilibrata, sottile, e maggiormente curata dal punto di vista emozionale e psicologico, ricorda la portata di I Guardiani della Galassia che a suo tempo per la sua originalità irruppe con prepotenza nell’Universo Marvel.

WandaVision fa molto di più perché fonde insieme commedia brillante e fantascienza, intessendo il tutto con buone dosi di meta serialità, senza l’epicità scanzonata e citazionista dei Guardiani, al contrario, asservendo e imbrigliando il citazionismo al micromondo inventato dai registi e dagli sviluppatori della serie.

Davvero bravi poi i due protagonisti, Elizabeth Olsen che risplende di talento e bellezza in questa serie  e Paul Bettany, attore sempre di grande impatto sulla scena. Buona anche la prova dell’attrice Kathryn Hah.  Più in generale, curato, molto più che in passato nei Marvel film l’approfondimento psicologico.

La componente sentimentale, supportata dalla sinergia tra i due attori che alternano, è senz’altro il motore portante della serie tv, la causa stessa dell’intreccio narrativo, come tale rappresentata abilmente senza smielature, ma con ironia e profondità, lì dove il nucleo familiare, vero o ideale che sia, rappresenta l’irriducibile speranza nel futuro…

Consigliato a tutti, anche a coloro che ignorano cosa sia il mondo Marvel e i supereoi, in realtà WandaVision cita anche diversi film. Viene in mente “Se mi lasci ti cancello” di Gondry, e poi, in maniera abbastanza evidente Pleasantville di Gary Ross in cui i protagonisti “entrano” magicamente nella cittadina di una sitcom anni 50′.

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Pregio di WandaVision è anche la sua logicità di causa-effetto per gli eventi che si verificano nella dimensione descritta, il che lo rende al contempo un buon film a puntate di fantascienza. Sul finale non manca qualche scena action in stile hero movie.

Tutti questi elementi fanno di WandaVision un’ottima miniserie: variegata, ironica, riflessiva al punto giusto, compatta e a dir poco originale nelle forme registiche adottate.

Per gli appassionati di cinecomic è il primo step per la Fase 4 della Marvel.

 

 

 

 

Francesco Bellia