Venezia 74. Espéces Menacèes: la famiglia è una specie in via d’estinzione

Come in “Under the tree”, l’altro film presentato in concorso nella Sezione Orizzonti di Venezia 74 nella giornata del 31 agosto, anche il francese “Espéces Menacèes” (Specie in via d’estinzione) riflette sulla crisi familiare e sulla disgregazione della coppia.

Le specie in via d’estinzione del titolo potrebbero essere appunto le famiglie “tradizionali” , quelle che durano e non si sfaldano, al contrario di ciò che accade ai protagonisti della pellicola. Il regista Gilles Bourdos, che non è nuovo alla dimensione dei Festival (ha partecipato più volte a Cannes, dove nel 2012 ha presentato il film “Renoir”), sceglie di intrecciare tra loro diverse storie di nuclei familiari falliti, o in via di fallimento: una giovane coppia che comincia fin da subito a “deragliare”, una più anziana che entra in crisi dopo molto tempo, una adolescente che decide di sposarsi con un uomo molto più anziano di lei, un ragazzo solo alle prese con la madre divorziata e instabile. Malgrado l’impostazione corale, la vicenda principale, che occupa più spazio nella pellicola è quella di Josephine e Tomas, interpreta da due attori giovani, davvero convincenti: la ventiseienne Alice Isaaz e un oscuro e violento Vincent Rottier (già visto in “Deepan” di Audiard).

Molto accattivante la scena iniziale del film, che mostra i due novelli sposi durante la loro prima notte di nozze. Gasati ed esaltati per la loro unione improvvisa (si sono sposati solo dopo pochi mesi di conoscenza) e contestati dai genitori della ragazza, giocano e scherzano tra loro, ma il gioco comincia presto a diventare pesante e fa emergere la personalità aggressiva e ossessivamente gelosa di Tomas, mettendo in luce un lato malato della relazione, che da secondario quale sembrava, da lì in poi diventerà preponderante.

Il cineasta di Nizza è anche sceneggiatore del film e si vede dalla cura dei dialoghi, acuti, non banali, realistici, intessuti anche d’ironia quando serve. E’ in funzione di essi che vengono costruite le scene e le immagini. Le storie si sfiorano attraverso collegamenti marginali, per lo più casuali. Raccontano tutte lo scontro-incontro tra genitori e figli; lo sfaldamento delle relazioni degli adulti, che quasi come una maledizione sembra riversarsi anche sulle nuove generazioni; le provocazioni che i figli “lanciano” ai genitori nelle loro scelte sentimentali: Josepine sta con un uomo violento, quasi per rimproverare al padre di essere debole e inconsistente, uno “zerbino” come lei lo definisce; mentre una delle altre protagoniste sta con un uomo molto più grande di lei, come per richiamare su di sè lo sguardo del padre distratto e assente.

Tutte le storie iniziano con scene notevoli, sia visivamente che per quanto riguarda la sceneggiatura e l’interpretazione. Nello svolgimento alcune reggono maggiormente rispetto ad altre. La storia dei due ragazzi, che è quella portante, è senza dubbio quella meglio riuscita. La meno convincente è quella del ragazzo che rimane solo con la madre, ricoverata in clinica, dopo essere stata lasciata dal marito. Poco approfondito l’aspetto psicologico dei due personaggi, che appaiono più stilizzati degli altri. A parte la storia principale, il regista non chiude completamente il cerchio delle altre, lasciandole un po’ aperte. Una scelta che, sebbene possa essere realistica da un certo punto di vista (nella realtà i contorni delle vicende sono spesso sfumati, tanto da non poter distinguere un inizio e una fine), dall’altro fa perdere un po’ di coesione al progetto corale di partenza, lasciando un po’ insoddisfatta la curiosità dello spettatore che magari avrebbe voluto sapere di più su alcuni personaggi e le loro situazioni, che al livello narrativo potevano avere qualche sviluppo ulteriore.

Nonostante questo elemento, il film di Bourdos è ben realizzato, coerente e pensato. Ottimi gli interpreti (oltre ai due giovani spiccano Eric Elmosnino e Susanne Clement (attrice canadese che ha offerto una straordinaria interpretazione in “Mommy” di Dolan). La pellicola è scorrevole e il suo messaggio fa riflettere su come la comprensione e il “dialogo vero” tra genitori e figli possano essere maturati solo attraverso atti estremi e forzati, tramite percorsi tortuosi, che li rendono per questo difficilmente attuabili: quasi in via d’estinzione. La regia è originale e non banale, nonostante si tratti di temi ampliamente raccontanti sul grande schermo. Tutte queste caratteristiche fanno di “Espéces Menacèes” un film consono al Festival, da seguire nell’ottica della sezione Orizzonti che ospita film e sguardi d’autore provenienti da tutto il mondo.

Francesco Bellia