Vaccino si o vaccino no, quanto dura però la sua protezione? “Non lo sappiamo, ma è un problema secondario”

Tutti per uno vaccini per tutti, sembra che ci siamo proprio, l’era del vaccino per combattere il Covid è alle porte del pianeta. Ce ne sono di ogni tipo e modello, “finalmente una luce in fondo al tunnel”, lo definisce così Roberto Burioni, il noto virologo, ma sarà vero, e quale sarà quello giusto tra i tanti. Ognuno è migliore del precedente, ma la logica dovrebbe insegnare che il vaccino con la percentuale maggiore di copertura è quello migliore. Rimane sempre il dubbio, ma i tempi stringati della sperimentazione sono in grado di esprimere pareri esatti, oppure la voglia di poter stringere qualcosa che ci protegga, se protezione si possa definire, ci rende ciechi e sordi davanti l’evidenza. Utilizzare un vaccino non è cosa da poco, soprattutto se si considera come vengono realizzati i vaccini, ma in questo caso ci si può fidare dopo tutte le cose che abbiamo sentito e vissuto ogni giorno nel caos della pandemia.

Dal vaccino anti-Covid che Pfizer e BioNTech hanno sviluppato e di cui già esiste una bozza per la distribuzione in Italia, definendolo oltre ogni aspettativa efficace al 90%, si passa a Moderna, che neanche a farlo apposta è arrivata subito dopo con la notizia che questo sarebbe efficace ma al 94.5%.  Nulla esclude che domani ne sorga un altro con percentuali ancora più alte, ed il vaccino di AstraZeneca che in collaborazione con l’Università di Oxford, aveva attirato grandi attenzioni da parte dei media nei mesi scorsi e che ora sembra essere un poco sparita nella cosiddetta “corsa al vaccino”, che fine ha fatto, qualche effetto secondario nei volontari lo ha messo all’angolo al momento.  In passato per produrre un vaccino ci sono voluti 12 anni, adesso  siamo davanti a qualcosa di “stupefacente”. “La più grande impresa che la scienza e l’uomo abbiano fatto nella storia, solo in pochi mesi. Per capire la sua efficacia ci si è basati su un semplice esperimento. Sono state prese 40mila persone, divise a caso in due gruppi che sono stati trattati in maniera diversa. Un gruppo è stato vaccinato, all’altro è stato somministrato un placebo. Nessuno sapeva di aver ricevuto il vaccino o meno: ognuno ha continuato a fare la propria vita, 94 persone si sono infettate.

“Era importante capire se queste persone erano state vaccinate o no. È successa una cosa clamorosa: quasi tutte le persone infettate non erano state vaccinate e la Pfizer ha potuto dire che l’efficacia è attorno al 90%” spiega Burioni. Quanto dura però la sua protezione? “Non lo sappiamo, ma è un problema secondario” rassicura Burioni, perché “al massimo si farà un richiamo”.La buona notizia infatti è che i vaccini Rna sono più facili da replicare, ma vanno conservati a temperature molto basse. “Questa però non è una cosa impossibile da gestire, non è come andare su Marte. Si può fare, basta l’organizzazione”.

In Germania lo hanno già fatto. I vantaggi di questo vaccino sono essenzialmente due: la velocità di produzione e la possibilità di cambiarlo facilmente nel caso dovessero insorgere mutazioni virali. Gli svantaggi? La somministrazione di RNA messaggero “non è gradita dal nostro organismo e in molti pazienti si sono verificati effetti collaterali simili a una brutta influenza (febbre, mal di testa, dolori muscolari), ma finora (incrociamo le dita) niente di grave” spiega ancora il professore. Altro aspetto non negativo, ma degno di considerazione, questo vaccino deve essere conservato a temperature molto basse (-70 centigradi). Ma niente paura per il vaccino Moderna, non occorrono temperatura così basse, e poi domani è un altro giorno e vedremo cosa verrà fuori in tutti i sensi.

Alessandra Filippello