Thelma: convincente thriller psicologico-paranormale sulle pulsioni umane

Davvero accattivante e originale, Thelma è un convincente thriller psicologico-paranormale, diretto con personalità dal regista norvegese Joachim Trier. La trama racconta di una ragazza, Thelma, che dalla campagna si trasferisce ad Oslo per studiare biologia all’università. Abbastanza solitaria e timida, condizionata da un’ educazione fortemente religiosa da parte dei suoi genitori, che le impone molti divieti (come quello di non bere alcolici) Thelma ha difficoltà ad integrarsi. Un giorno, mentre è in biblioteca, dopo essersi seduta accanto ad un’altra ragazza di nome Anja (Kaya Wilkins), viene presa da un improvviso e violento attacco, simile ad una crisi epilettica.

Cominciano gli accertamenti medici per comprendere di che natura sia questo male, di cui la ragazza non aveva mai sofferto prima. Nel frattempo Thelma fa gradualmente amicizia con Anja, un’amicizia che cela un sentimento più forte. Le circostanze sembrano sempre assecondare l’incontro fortuito tra le due ragazze, che Thelma vuole, ma teme allo stesso tempo, perché ogni volta ne rimane profondamente turbata nella mente e nel corpo. Strane cose accadono intorno a Thelma. Lo spazio stesso che la circonda sembra a volte deformarsi e la ragazza è confusa: non riesce a capire se si tratta di verità o finzione… Ha inoltre paura di raccontare tutto a suo padre, col quale ha sempre avuto un rapporto di piena sincerità. Come se non bastasse i suoi disagi psichici e fisici continuano ad aumentare.

Una regia esteticamente attenta e dosata quella di Joachim Trier, che dimostra di saper dare grande peso ai silenzi, agli sguardi, alle esitazioni, alle espressioni, dal fardello del senso di colpa, alla repressione delle proprie emozioni. Le inquadrature fisse, oltre ad essere composte con grande attenzione ai dettagli sfidano gli attori a tirare fuori le loro emozioni. Intensa la prova della protagonista Thelma, interpretata da Eli Harboe, è infatti attraverso il suo sguardo che si svolge l’intero film.

Una freddezza elegante quella del regista, che fa scorrere le immagini con fluidità ma anche con la giusta pazienza, preparando gradualmente la strada per l’emergere dell’inquietudine: un disagio fisico e psichico che si risveglia sulla scena assieme alle crisi della protagonista, e che, anche quando queste sono assenti, è sempre presente, come una tensione sotterranea, come un “serpente tentatore” che si desidera accogliere, ma di cui si ha anche paura. Attraverso potenti metafore visive vengono rappresentati i molteplici aspetti della pulsione: sessuale, vitale,ma anche mortifera, che agisce in quanto tale anche a livello inconscio. Thelma è costretta a confrontarsi con tale pulsione, che ben presto si rivelerà essere qualcos’altro, di ben più potente e pericoloso…

Il colpo di scena del film è acuto e incredibilmente originale. Il passaggio dal thriller psicologico al paranormale è gestito con un equilibrio raro, come se tra le due cose non vi fosse differenza. La fusione tra pensiero-azione- è rappresentata con disinvoltura, mantenendo lo stesso stile, senza spettacolarizzazioni, a testimonianza che la pulsione e il “dono” di Thelma sono legate da un unico filo. Il pregio della regia è di inquadrare tutto sotto la psiche della protagonista. Di partire dalla sua soggettività tormentata. Come lei lo spettatore scoprirà il perché di molti aspetti della vita della protagonista, che di fatto, dopo che il segreto che la riguarda viene svelato, vengono rivisti sotto una luce molto diversa da prima.

Così la fede della ragazza, che da limite negativo e opprimente assume anche il significato di limite positivo, rifugio e protezione. Allo stesso modo la figura del padre di Thelma, quasi un confessore spirituale, viene vista nel suo duplice aspetto: quello della severità, della chiusura, ma anche quello dell’apertura, dell’apprensione di chi cerca di essere per l’altro una guida, dell’amore paterno, seppure sofferto e conflittuale.

Come si evince dalla complessità delle emozioni e dei pensieri che viene descritta attraverso le immagini, siamo dinnanzi ad un film con una forte sceneggiatura ed una regia che persegue fini ben precisi fin dall’inizio della pellicola. Anche il finale è consono, non “apocalittico” (caratteristiche che in mano a qualcun altro il film poteva anche assumere), al contrario, incredibilmente asciutto e lineare, sebbene di forte impatto.

Le scelte di Thelma sono in fondo semplici, dettate dal bisogno di trovare un proprio equilibrio, un proprio angolo di felicità nel mondo (come evidenzia l’ultima inquadratura ripresa da lontano) e non, come sarebbe potuto accadere, dalla volontà di alimentare spropositate ambizioni o desideri rabbiosi di vendetta.

Il personaggio di Thelma è così simbolo di libertà e speranza, più che di onnipotenza o arroganza (del resto uno degli insegnamenti-moniti del padre alla figlia era proprio quello di non essere arrogante) : la volontà è potere, se vogliamo qualcosa ardentemente possiamo ottenerla, ed essere liberi di essere noi stessi, nonostante spesso ci vergogniamo di quello che siamo, ma dobbiamo essere anche consapevoli che il nostro agire è destinato a provocare conseguenze intorno a noi, come fanno in maniera estremizzata le scelte compiute da Thelma. Certo il film si apre a molteplici interpretazioni, proprio per i numerosi temi trattati: le potenzialità dei nostri pensieri, il desiderio, la pulsione e la sua repressione, il senso di colpa , l’inconscio. La pellicola innova, muovendosi con originalità su un terreno non semplice come quello del thriller psicologico. Non a caso è stata accolta molto favorevolmente dalla critica, vincendo anche il premio come miglior film al Norwegian International Film Festival. 

 

Francesco Bellia