In Texas un uomo è stato processato per aver inviato una gif

Può una gif essere considerata un’arma mortale? Questo è quanto si sono ritrovati a dover decidere i giudici del tribunale di Dallas in Texas quando, lo scorso dicembre, il giornalista della redazione di Newsweek, Kurt Eichenwald, si è accasciato al suolo dopo aver visualizzato un tweet a lui indirizzato contenente un’immagine animata, di quelle ormai diffusissime in rete, che imitava il lampo prodotto da una luce stroboscopica, un tipo di illuminazione capace di attivare una crisi soprattutto per chi soffre di epilessia fotosensibile.

Il giornalista, noto per la sua accanita battaglia contro il presidente Trump, è stato più volte al centro di numerosi attacchi sia televisivi che social, fino a quello che difficilmente riuscirà a dimenticare e fortunatamente non gli ha arrecato conseguenze fisiche gravi, grazie soprattutto all’intervento tempestivo della moglie. Secondo gli investigatori dell’FBI, l’immagine sarebbe stata inviata da uno stalker seriale, il 29enne John Rivello, proveniente dagli ambienti dell’estrema destra americana, identificato ed arrestato la scorsa settimana, poi rilasciato sotto cauzione.

Ma non è finita qui. Ebbene perché ad incastrare Rivello ed a rendere più critica la sua posizione, pare sia stato un messaggio da lui inviato via Twitter sotto falso nome in allegato alla gif il quale afferma molto esplicitamente: “Ti meriti di avere un attacco di epilessia per i tuoi post”. Inoltre sul pc dell’accusato è stata trovata una copia della biografia del giornalista, scaricata dal portale Wikipedia, con tanto di modifica del fatidico momento della presunta morte, coincidente guarda caso con il giorno dell’attacco alla vittima.

La giuria, chiamata a stabilire se le prove raccolte sono sufficienti per avviare il processo penale, ha successivamente accusato Rivello precisando che l’uomo, al fine di compiere l’aggressione, avrebbe usato “un tweet, una gif, un dispositivo elettronico e le mani”. La notizia, che non ha precedenti nella storia della giurisprudenza americana, si è diffusa alla velocità della luce e potrebbe aprire una nuova strada sul dibattito delle aggressioni online.

Erminia Lorito