Scrivere per non dimenticare: i libri sulle pandemie che non avete ancora letto

Pandemia. Quante volte in questo periodo abbiamo ascoltato questa parola? Ne conosciamo davvero il significato? Deriva dal greco “pan-Demons” e significa “tutta la popolazione”. È un concetto secondo cui un infezione si espande rapidamente diffondendosi in più aree geografiche del mondo.

Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, le condizioni per poterla dichiarare sono tre: la comparsa di un nuovo agente patogeno, la capacità di tale agente di colpire gli umani e la capacità di diffondersi rapidamente per contagio.

Costrutto etimologico a parte, chi vive questo momento non vede l’ora di tornare alla vita di sempre fatta di casa e lavoro, svago e divertimento. Chi invece verrà al mondo probabilmente leggerà di ciò in un libro.

Tante sono state le pandemie che hanno devastato il mondo nel tempo e tanti sono stati gli scrittori che, sfruttando il proprio talento, ce li hanno raccontate.

Certo si, viverle è una cosa, leggerne un’altra. Eppure ci sono libri in grado di trasmettere quella paura e quella tristezza provata.

Abbiamo ricercato alcuni libri di questo genere, ve li elenchiamo qui:

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1.DIARIO DELL’ANNO DELLA PESTE di Daniele Defoe

È un vivido resoconto della peste che colpì Londra tra il 1664 e il 1666, redatto dallo scrittore che aveva assistito alla tragedia ancora bambino. In particolare si concentra sull’anno 1665 quando l’infezione infuriò mietendo migliaia di vittime.

All’epoca l’autore aveva solo cinque anni e affida la narrazione ad un personaggio di cui sappiamo poco, se non la posizione sociale e il coraggio di rimanere in città. Scelta rischiosa per quel tipo di malattia.

È un vero e proprio documento storico che permette di scorporare tanti aspetti di quell’epidemia.

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2.FEBBRE di Ling Ma

Chandace Chen, dopo la morte dei genitori, immigrati cinesi, più che vivere sopravvive in una rigorosa routine casa-lavoro. Per questo a malapena si accorge dell’epidemia che si sta diffondendo in tutto il mondo. Fino a quando, arruolata dal capo per un compito ben pagato, si trova a dover testimoniare la strana atmosfera di una metropoli abbandonata.

Uno stato d’animo che ci siamo trovati a vivere anche noi, improvvisamente, mentre ognuno di noi conduceva la vita di tutti i giorni.

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3.BIANCO CAVALLO BIANCO CAVALIERE di Katherine Anne Porter.

La protagonista si chiama Miranda e vive in una piccola e isolata fattoria. Quando il suo fidanzato, Adam, viene chiamato per combattere al fronte della prima guerra mondiale, si ammala di influenza spagnola. Nel delirio sogna di cavalcare accanto ad uno sconosciuto pallido e magro, allegoria della morte.

Adam e Miranda si trovano così faccia a faccia con la paura, che fa a gara con un incredibile speranza.

Nonostante lo stile un po’ old-fashioned (ma che eleganza!) non è raro incontrare momento di leggerezza e ironia.

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4.STAZIONE UNDICI di Emily St.John Mandel

Kristen Raymond non dimentica la sera in cui Arthur Leander ebbe un attacco di cuore sul palco mentre faceva una rappresentazione di re Lear. Perché? Perché fu la sera in cui una devastante epidemia di influenza colpì la società. Vent’anni più tardi Kristen si sposta tra ciò che è rimasto con un piccolo gruppo di attori e musicisti. Si fanno chiamare Orchestra Sinfonica Itinerante e cercano di mantenere vivo ciò che resta dell’arte e dell’umanità. Ma quando arrivano a St. Deborah si trovano di fronte ad un profeta che minaccia la loro esistenza.

Speranza, timore, paura… sentimenti che ci sono tutti.

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5.L’ANNO DEL DILUVIO di Margaret Atwood.

La profezia si è avverata. Un diluvio senz’acqua si è abbattuto sul pianeta. In un quadro desolante, pervengono due voci: Toby e  Ren. Armate unicamente dell’amicizia che le unisce e animate dal desiderio di ritrovare i compagni di un tempo partirono per un viaggio, costellato di ostacoli in ogni angolo.

Viene fuori ciò che ci ripetiamo ogni giorno da quando anche noi viviamo questo strano periodo storico: uniti andrà tutto bene.

Senza dubbio è un genere anomalo. Chi scrive di questo lo fa principalmente chi lo ha vissuto in prima persona, perché documentare, mettere nero su bianco può servire per non dimenticare oggi, ciò che è successo ieri.

Rachele Pezzella