Schiavitù: il “Bel Paese” al terzo posto in Europa

Generalmente quando si parla di schiavi si è soliti ricordare un tempo lontano, distante centinaia di anni. In realtà non è proprio così: il XXI secolo ha segnato, infatti, il risorgere di una nuova forma di asservimento, quella che oggi viene chiamata “schiavitù moderna”. A togliere ogni dubbio in merito è Andrew Forrest, fondatore dell’organizzazione non governativa Walk Free Foundation che, in seguito all’intervista in occasione della pubblicazione dell’Indice Globale della schiavitù, ha affermato che: “La schiavitù moderna concerne situazioni di sfruttamento cui la vittima non può sottrarsi a causa di minacce, violenza, coercizione o abuso di potere”. Una serie di facce che fanno tutte capo ad un’unica medaglia e che nascondono un dramma comune che attanaglia, imperterrito, ben 167 Paesi nel mondo.

In base ai dati forniti dall’organizzazione, nel mondo ci sono 45,8 milioni di persone schiavizzate: il 28% in più rispetto all’ultimo report. In termini assoluti, l’India è lo Stato con il maggior numero di schiavi tanto da contare circa 18,35 milioni, seguita da Cina (3,39 milioni), Pakistan (2,13 milioni), Bangladesh (1,53 milioni) e Uzbekistan (1,23 milioni). Anche in Europa il dato complessivo è alto: oltre 1.243.000 persone, i cittadini UE rappresentano, infatti, gran parte delle vittime di traffico di esseri umani (65%) secondo gli ultimi dati di Eurostat, in particolare i cittadini provenienti dall’Europa dell’Est, quindi dalla Romania, Bulgaria, Lituania e Slovacchia. Tra i Paesi europei con la più alta proporzione di nuovi schiavi rispetto al numero di abitanti rientrano la Polonia e la Bosnia-Erzegovina (entrambe allo 0,476%), poi la Romania, Grecia, Repubblica Ceca, Bulgaria e Serbia. Sono prevalentemente, tranne qualche eccezione, i paesi nordici ad avere i livelli inferiori di schiavitù: Lussemburgo, Irlanda, Norvegia, Danimarca, Svizzera, Austria, Belgio, Spagna, Regno Unito, Francia e Germania (tutti sullo 0,018%). Nella classifica globale è invece la Corea del Nord ad avere la più alta incidenza di schiavitù moderna (4.37 % della popolazione), seguono l’Uzbekistan  e la Cambogia. Ma una brutta sorpresa arriva proprio dall’Italia che si aggiudica il terzo posto nella classifica europea per il maggior numero di schiavi (ben 129.600), dopo Turchia e Polonia.

Ma quali sono le cause della schiavitù? La schiavitù moderna sembra avere diverse forme a seconda della regione che si prende in considerazione: ad esempio, l’Europa rimane fonte e destinazione di lavoro forzato e sfruttamento sessuale, l’Asia ha un’elevata prevalenza di lavoro vincolato o forzato nell’edilizia e in fabbrica. Se a tutto ciò aggiungiamo migranti e rifugiati, che risultano particolarmente vulnerabili allo sfruttamento, il quadro è completo. Si stima infatti che almeno 10.000 bambini riconosciuti come rifugiati siano ora dispersi, di questi 5.000 in Italia e 1.000 in Svezia.

Queste forme di schiavitù del terzo millennio rappresentano una vera e propria piaga sociale, al quale non è sempre facile trovare una giusta soluzione. Alcuni governi sulla scia dell’esempio britannico, che nel 2015 ha varato il Modern Slavery Act, hanno messo a punto una vera e propria strategia volta a debellare la piaga della schiavitù. Lo stesso presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha colmato una lacuna nella legge vietando l’importazione di prodotti realizzati con lavoro forzato o minorile. Lo sfruttamento si rivela essere un fenomeno che può essere abbattuto con interventi concreti e non a caso Andrew Forrest ha lanciato un appello ai governi delle principali economie del mondo: “Sradicare la schiavitù è giusto moralmente, politicamente, da un punto di vista logico ed economico. Attraverso un uso responsabile del potere, della forza di convinzione, della volontà collettiva, possiamo portare il mondo verso la fine della schiavitù”.

Erminia Lorito